giovedì, Novembre 21, 2024
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VENERE VS FENICE : Scontro tra un figlio e un figliastro.

Se la Venere degli stracci in Piazza Municipio è durata un paio di settimane in tutto, le critiche e i propositi d’occasione seguite al rogo dell’opera del Pistoletto da Torino, sono durate ancora meno. Alla fine, la statua ha avuto più pubblicità per la sua distruzione che per la sua ammirazione. Eccetto quel “costume” – è una metafora, non offenderemmo mai gli stracci parte dell’opera – che stava per prendere piede “ad opera” di passanti e visitatori che facevano sì le foto, ma non con l’opera, bensì con una parte di essa. Con la Venere? No, con un’altra parte di essa. Con i glutei marmorei, sotto i glutei scolpiti, per la precisione. Dalla parte di Palazzo San Giacomo, lato stanza del Sindaco, per intenderci.
La Venere, però, si è sciolta manco fossero le ali di Icaro, gli stracci ignifughi si sono incendiati, la polemica è divampata, i soldi – dei cittadini (ignari) – sono andati in fumo e ora si dice di voler ricostruire ciò che è stato cancellato. Come? Con un “crowdfunding”. Una sottoscrizione, per intenderci. Cioè chiedendo nuovamente ai cittadini soldi per il valore pari a X per ricostruire la statua che dovrebbe avere, però, (anche) un valore e non solo un prezzo. La strategia è già ben rodata e oleata: la sottoscrizione era già partita con l’allora giunta de Magistris, il sindaco con la pezza arancione in fronte (e altre pezze altrove), che, per mezzo dell’assessore Eleonora de Majo, tentò una questua tra i cittadini per regalare alla città una statua di Maradona che avrebbero scelto, però, loro del Comune. Poi l’idea fallì, non senza inchiesta giudiziaria. E prima che si pensasse alla ricostruzione della Venere, i gendarmi avevano già individuato il colpevole pur non avendo questo un nome, trattandosi di un senzatetto, mentre Pistoletto dai social e da Torino urlava al femminicidio – davvero! – e parlava di una baby gang che sui social anticipava l’atto vandalico. E la vigilanza che, stando alle rassicurazioni del Comune, avrebbe dovuto vigilare h24? Vabbè, non soffia sul fuoco nemmeno l’artista piemontese che si appella alla vigilanza cittadina – che è più delirante del femminicidio della (rifatta) Venere di plastica – avrà fatto la fine dell’opera .
Solo che mentre gli occhi erano puntati su Napoli, sempre in Campania si consumava un altro rogo. Forse pure più importante, sicuramente molto più grave. Nell’agro nocerino, a Sant’Antonio Abate, forse a causa di fuochi pirotecnici accesi per festeggiare un matrimonio, un incendio di vaste proporzioni ha interessato la storica industria conserviera La Torrente. Stando a quanto ricostruito dai Vigili del Fuoco, dei fuochi d’artificio sarebbero caduti su alcune pile di pedane in legno poste ai lati della fabbrica che ha fatto da innesco per delle plastiche che hanno distrutto irrimediabilmente un capannone e danneggiato seriamente parte dell’opificio. Al punto che la lavorazione si è dovuta fermare – nel periodo di massima produzione – con tutte le perdite del caso, rappresentate dal mancato incasso e dalla distribuzione del prodotto. Un incendio serio e pericoloso anche per chi abita nelle vicinanze della fabbrica costretto all’evacuazione.
Per i lavoratori de La Torrente, vera eccellenza del posto, tipica e tipica, che “punta a valorizzare le eccellenze locali”, per dirla con le parole usate dalla rassegna “Napoli contemporanea”, nessun politico ha espresso solidarietà, nessun rappresentante dei cittadini – che probabilmente sono stati pure votati, che, anzi, sicuramente sono stati pure votati – si è messo in moto per aiutare, nessun benefattore ha aperto un crowdfunding almeno per far ripartire al più presto la produzione, per scongiurare eventuali licenziamenti, per limitare i danni già ingenti o gettare semplice acqua sul fuoco.
Che nessuno sia profeta in Patria è una triste verità, soprattutto in un mondo dove non si riconosce la Patria e la si cancella annullando i confini, ma allora anche i confini di Sant’Antonio Abate non sono altro da quelli di Napoli, della Campania, di Torino e di Biella, Patria di Pistoletto, sicuramente più lontana del borgo facente parte della città metropolitana di Napoli, dal cui palazzo di governo, dal balcone della stanza del Sindaco, proprio dietro la Venere che non c’è più, ormai è possibile intravedere le ceneri de La Torrente. Sperando sia una fenice!
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