UNA TRAGEDIA (ANNUNCIATA) FUORI DEL COMUNE !!

Sì, Scampia è la piazza di spaccio più grande d’Europa e sotto le famose – ormai famigerate – vele si va in tre sul motorino e tutti e tre senza casco. E questa, sì, si chiama illegalità. Ciò che è successo ieri, però, non ha nulla a che vedere con l’illegalità tantum decantata, con l’abusivismo – gli alloggi sono stati regolarmente assegnati “illo tempore” – con la mancanza di civiltà e con la solita “zizzinella” di “non pagare le tasse” da parte di quelli che dal divano hanno ottenuto la posizione catastale e contributiva. Gente che per lo Stato non esiste semplicemente. E non per colpa di questi ultimi.
Scampia non è altro che un quartiere ghetto scientemente e (in)coscientemente costituito e costruito e la causa dei suoi atavici e irrisolti problemi inizia proprio da qui.
Scampia non è altro che il nome partenopeo del Corviale di Roma, del Serpentone per i più, di Quarto Oggiaro meneghino, dello Zen di Palermo o di Bari Vecchia di Bari.
Il crollo, immantinentemente ribattezzato “tragedia”, non certo per le proporzioni (men che meno quella umana), ma per mettere più luce mediatica possibile sul buio creato ad hoc negli anni, non è diverso da quello accaduto pochi mesi orsono nei gagà vomerese, alla Camilluccia o al Bosco Verticale di Milano.
Il crollo ha interessato un ballatoio al terzo piano che ha coinvolto anche il secondo e poi il primo della Vela Celeste. Poco, troppo poco eppure già abbastanza e del tutto inutile la notizia. Quello che interessa è che, se è crollato un ballatoio e non un muro portante interno non autorizzato dalla SCIA del Comune, è perché probabilmente quel Comune che non ha provveduto alla manutenzione, non ha condotto nemmeno gli accertamenti necessari affinché si prevedessero simili “tragedie”. Non è solo un fatto di delega, di colpa o di puntare il dito, ma un “accidente” di verifica sull’unica Vela esistente, (re)sistente se può piacere di più, e su cui, così come disposto, insisteva un piano di recupero e rilancio poteva pure essere messa in campo! Largo.
Un vero peccato che i soccorsi siano arrivati in tempo, che più ambulanze siano convenute precipitevolissimevolmente, che la popolazione abbia mostrato grande prova di solidarietà e abbia iniziato ad attivarsi ben prima che arrivassero i Vigili del Fuoco; nessun parente, nemmeno quelli dei bambini cui va il nostro augurio di una immediata guarigione, dei tanti feriti o dei due morti ha sfasciato i Pronto Soccorso. Una tragedia anche questa non poter continuare a far parlare (per far mangiare) i professionisti dello Sputtanapoli.
Tutto l’iter è stato seguito come da protocollo: la Magistratura ha aperto un’indagine, il sindaco Gaetano Manfredi ha fatto sapere che questo è il “momento del dolore e della speranza”, in Prefettura è stato convocata una riunione urgente, il presidente De Luca è andato direttamente al Santobono perché nelle tragedie donne e bambini “tirano” di più, la Meloni ha fatto sapere che è “addolorata”, è stato disposto il servizio antisciacallaggio – a mo’ di cartolina che ha rimpiazzato il sempiterno Vesuvio -. Si noti l’uso dell’impersonale in riferimento alle dichiarazioni rilasciate dalle istituzioni locali, declinazione tipica e topica della responsabilità.
Il boato è stato così fragoroso tanto e tale da essere sentito persino a Bruxelles, da dove la neotera Metsòla – e non la leggiamo alla napoletana maniera – ha fatto sapere che sono (chi?) “con voi”. Che, a giudicare da chi già c’era, non pare essere tutta ‘sta gran bella notizia.
Chi non c’è sono i tanti medici e aspiranti tali che, magno gaudio, erano stati annunciati da tutti i pulpiti della politica. Scampia, infatti, almeno nelle intenzioni della politica – leggi negli onanismi della demagogia elettorale – avrebbe dovuto ospitare il nuovo polo di Medicina e Chirurgia. Fuffa. Buona solo per passerelle e foto di rito. Come quando in diretta tivvù si assistette all’abbattimento delle altre vele, senza nessuna vergogna da parte di nessuno nell’ammettere che lo sgretolamento di quella irrazionale cementificazione altro non era che la rappresentazione plastica del fallimento dell’opera di politica e istituzioni.
Appena ripulite le strade da ferraglia e calcinacci, sullo stesso asfalto intriso di sangue, sarà nuovamente steso il red carpet per la prossima onorevole passeggiata. Intanto, lì ci sono le tende per gli sfollati di cui al momento nessuno sembra interessarsi. Come quando a gran voce avevano segnalato, denunciato, chiesto di verificare. Nessuno sa dove andranno, ma loro sanno dove sono stati mandate almeno le loro paure. Restano le due vittime, resta la speranza che le condizioni dei 7 bambini non peggiorino. Resta l’illusione che qualcuno possa fare qualcosa. “Chi” e “cosa” fa parte del gioco. E del giogo.
Una delle due vittime era un macellaio trentacinquenne, padre di una bimba di due anni ormai orfana, non un pregiudicato, non uno spacciatore, non un marijuolo; assenza di notizie “interessanti” anche per l’altra vittima, dunque una persona perbene. Anche questa è la gente che anima le Vele, questo il degrado di Napoli. Loro, i morti, saranno le vittime e i sicuramente colpevoli per aver avuto troppo caldo in quella casa della Vela Celeste. Che è solo un modo in napoletano per dire azzurro. Comm’ ‘o cielo, comm’ ‘o mare, come Napoli. Armocromia perfettamente sbiadita di questa Napoli delle istituzioni, della politica, della cultura.