Il pandemonio come diretta conseguenza di una pandemia. Al di là dell’assonanza fonetica, non vi è praticamente nulla che accomuni lo scompiglio (de)generato da un virus – che in Germania si è scoperto essere addirittura un batterio – e il virus stesso, elevato esponenzialmente a pandemia per il solo fatto che dalla Cina ha invaso (e forse inviso) il mondo intero.
Accade che un “vairus”, (non) letale quanto un’interrogazione di latino quando la mamma è insegnante, invade e colpisca in egual modo l’intero globo, non tenendo minimamente conto del posizionamento geografico delle varie Nazioni rispetto all’equatore, quindi il ciclo delle stagioni meteorologiche antipodicamente opposte; non curandosi nemmeno di una legge elementare come quella della relatività secondo cui si continuano ad accostare le vittime degli USA o del Brasile con quelle dell’Italia, solo in base ad una nomenclatura politica e non in rapporto alla densità abitativa. Che è come accostare i contagi dell’area metropolitana di Napoli (3 milioni e mezzo di abitanti) a quelli registrati a Petruro Irpino (341 anime). Contagi che, per essere tali, si è dovuto abbassare ad una sola unità la soglia di positività dei geni rispetto all’ondata prima quando ne occorrevano tre e che, nonostante il parere clinico di luminari della medicina ci porta a confermare che la stragrande maggioranza dei colpiti è asintomatica, si fatica ancora a parlare della cosiddetta immunità di gregge.
Accade che se ragioni sei complottista e passi addirittura per negazionista se tenti di capirci qualcosa argomentando in base a studi statalmente riconosciuti, ma sconosciuti a quelli che “la pandemia è uguale in tutto il mondo”, ma guai ad azzardare il pensiero di una comune strategia, di una comune regia e che poi, però, paventano l’ipotesi di una cabina di regia allargata con chi per mesi si è ignorato: mal comune, mezzo gaudio.
Accade che nel momento in cui serve l’unione e l’amore per la propria terra e per i propri connazionali si fomenta l’odio e la divisione, col sinistro disegno di comandare, di continuare a comandare per affamare, per annientare, per consegnare persino le chiavi di casa propria.
Accade che persino l’ordine pubblico venga sconvolto da chi dovrebbe tutelarlo, da chi provoca chi non ha interesse ad aggiungere guai a guai, da tutori ligi al solo ordine di creare disordini.
È accaduto a Firenze e si è ripetuto a Roma, dopo le prove generali fatte a Napoli, a Milano, a Palermo.
Accade in quest’Italia dove in piazza ci sono donne e ragazzini, partite IVA e imprenditori, cassaintegrati, o meglio in attesa di esserlo, e studenti che rispondono cantando Il Canto degli Italiani alle cariche gratuite della Polizia al comando di un Viminale la cui inquilina è la stessa che negò a tanti di loro presenti in piazza persino la commemorazione di una giovanissima vittima dell’odio politico avverso.
Accade che chi giura sul tricolore lo straccia addirittura.
Accade nell’Italia modello, quella che deve scegliere tra il 5G cinese o quello americano, quella che è colonia americana da 80 anni ormai e che decide di mettersi in affari con la Cina sulla Via della Seta. Quella che chiama eroi chi ha mandato in prima fila ad obbedire a protocolli sbagliati, che tenta di curare i sani con protocolli governativi in sostituzione di protocolli medici, raccomandando ai sintomatici di restare a casa, ché tutto andrà bene. Le raccomandazioni, dopo quanto scoperto a marzo in Lombardia, possono essere utili solo a riempire l’ennesimo DPCM, inutile e illegittimo come tutta l’ultra decina precedente, emanato con accorato pathos al punto da confondere l’indennizzo con il ristoro.
Accade che l’attuale Italia che s’è destata dal torpore del confinamento domiciliare ed è scesa in piazza, nelle strade, ha dato senso di unità stringendosi in una lunga e vibrante protesta non per negare l’esistenza del Covid,come la stampa di regime spesso tende a far passare, ma per difendere addirittura diritti fondamentali che mai avremmo pensato di mettere in discussione: il diritto al lavoro, il diritto al libero pensiero, il diritto all’istruzione, il diritto di essere curato per malattie che sono un cancro del nostro tempo e non solo se hai la “fortuna” di essere positivo al Covid, il diritto a ricevere un’assistenza domiciliare dal proprio medico che ormai visita via telefono, il diritto di manifestare, il diritto dell’uguaglianza difronte alla Legge e dell’equità della Legge stessa, il diritto di disobbedire ad un ordine illegittimo o troppo “personale” anche se hai deciso di vivere una vita dedita all’obbedienza, il diritto di professare liberamente e senza rischi il proprio credo religioso, il diritto di difendere la propria Patria riconosciuta tale entro i confini marcati col sangue dei nostri avi, dove Patria indica anche Cultura e Tradizione come quella di leggere La Divina Commedia in classe e comprare il “cartoccio di paste” la domenica, il diritto di respirare liberamente, il diritto di vivere la propria vita che è tale fin dal suo concepimento e condividere l’esistenza con chi è venuta ad arricchirla, a riempirla.
Accade che per colpire il virus si ricorra a misure stringenti e si chiuda tutto alle ore 18:00 perché tutto è partito da un pipistrello. Che se l’unione fa la forza allora è meglio tenere tutti a distanza perché le idee contagiano, che se il Covid fa uscire allo scoperto la Sanità allora meglio riunirsi in Difesa.
Accade che è già accaduto e che è accadrà ancora. Di nuovo. Di peggio. Che forse è meglio. DPCM promettendo!