(ANSA) – NAPOLI, 11 MAG – “Altro che pronto soccorso, negli studi dei medici di famiglia 200 richieste di assistenza al giorno sono la normalità. Ormai da più di 2 anni viviamo il nostro Cardarelli quotidiano, ma senza fondi e in assoluta solitudine”.
All’indomani dell’ultima crisi di sovraffollamento del pronto soccorso del principale ospedale di Napoli, il Cardarelli, Luigi Sparano e Corrado Calamaro (medici di famiglia della Fimmg) lanciano un allarme sulle condizioni di una medicina del territorio ormai strangolata da tagli e carenze.
«Le immagini del Cardarelli – spiega Corrado Calamaro – sono effettivamente immagini che fanno male al cuore, ma fa ancora più male conoscere ciò che non si vede sui giornali o alla televisione. Parlo delle difficoltà che ogni giorno centinaia di medici di medicina generale devono vivere nel tentativo di dare risposta alle migliaia di chiamate, richieste di adempimenti burocratici e visite che arrivano dal territorio. Chi attacca la medicina di famiglia dovrebbe riflettere sul fatto che 200 accessi di pronto soccorso mandano in tilt un ospedale come il Cardarelli, mentre per noi medici di famiglia 200 richieste di assistenza sono la normalità quotidiana».
Dalla Fimmg di Napoli si leva dunque un allarme sulla mancanza di programmazione e di finanziamenti che dovrebbero servire a finanziare la medicina del territorio. «Si finanziano tecnologie e strutture ospedaliere – lamenta Luigi Sparano – creando un cortocircuito assistenziale che è sotto gli occhi di tutti. Per ogni 100 medici di famiglia sono finanziati sul nostro territorio appena il 15% degli infermieri, e solo il 60% dei medici di medicina generale ha modo di avvalersi di un collaboratore di studio». A gravare sull’assistenza che la medicina generale può erogare c’è poi l’assoluta mancanza di sostegno agli studi per implementare la diagnostica e affrontare costi di gestione che con la crisi energetica sono divenuti insostenibili. «Ad oggi – concludono Sparano e Calamaro – la medicina di famiglia è divenuta capro espiatorio di una gestione della sanità che è sempre più ragionieristica e sempre meno tarata sui reali bisogni assistenziali». (ANSA).
Fin qui il grido di dolore dei medici di famiglia raccolto dall’Agenzia di Stampa ANSA Campania. Ma la situazione degli studi dei medici di famiglia, in alcuni quartieri della città, assume contorni ancor più drammatici. Assediati dai pazienti in ogni ora del giorno per la cronica carenza di nuove convenzioni da attribuire ai medici di famiglia, fattore che determina un carico di assistiti per ogni medico di base, sproporzionato rispetto alle più elementari ed efficaci possibilità di erogazione delle prestazioni ambulatoriali. Per non parlare delle visite domiciliari ormai quasi del tutto sospese per queste contingenze, a partire dal periodo più cupo della pandemia. E poi l’altra follia della sospensione della erogazione delle analisi di laboratorio e, ancor più, per la diagnostica strumentale (TAC, Risonanze Magnetiche, PET, Scintigrafie etc) in tutti i Centri Convenzionati della Campania, a partire dal giorno 10 di ogni mese.
Iniziativa da cerebrolesi inventata dai burocrati della sanità campana per ridurre le spese di diagnostica convenzionata. La qual cosa determina il blocco delle convenzioni ogni mese a partire dalla seconda decade. Convenzione che poi riprende regolarmente con il primo giorno del mese successivo e sino al blocco seguente. Come se chi si ammala dopo il giorno 10 di ogni mese e ha bisogno di urgenti esami diagnostici, possa aspettare tranquillamente almeno altri 20 giorni per sottoporsi agli accertamenti diagnostici necessari. A meno di non mettere mano alla tasca e pagarsi di persona gli esami necessari. Una vera aberrazione del sistema sanitario pubblico.
Un vergognoso espediente contabile solo campano, che non poteva che partorire dalla mente contorta di De Luca e dei suoi “illuminati” consulenti sanitari. E poi che dire della incapacità della Giunta Regionale e del suo “arcigno” sceriffo con il fucile inceppato che non riesce a imporre (ormai da sette anni continuati) l’apertura del Pronto Soccorso presso il Policlinico di Napoli, lasciando il Cardarelli nelle condizioni di ospedale da campo, con i malati stipati sulle barelle (se non sono esaurite !) per intere giornate in attesa della necessaria assistenza.
Una situazione grave e insostenibile che si ripete con agghiacciante puntualità ogni giorno dell’anno. Un disservizio senza precedenti che viene prodotto, con dolo, da chi dovrebbe istituzionalmente provvedere attraverso l’aumento immediato degli organici del più grande ospedale del mezzogiorno. Ma soprattutto razionalizzando e ampliando la rete dei pronto soccorso ospedalieri sul territorio cittadino e nei grandi centri urbani della provincia di Napoli.
E intanto lo sceriffo salernitano, che é anche Commissario di Governo per la Sanità, oltre ad aver trattenuto per se anche le competenze di Assessore Regionale al ramo, parla a vanvera nelle sue apparizioni televisive auto-gestite e senza alcun contraddittorio (alla stregua di Putin o Zelensky) e proclama la “umanizzazione” dei servizi sanitari in Campania, con la riduzione dei tempi massimi d’attesa per le prestazioni sanitarie e l’eliminazione delle cosiddette liste d’attesa. Roba da ricovero psichiatrico urgente……..magari fuori regione !!!