Ci hanno provato. Ancora. Ininterrottamente dal 1861. Dando ulteriormente prova di grande fantasia e abilità sfiorando il goffo e a tratti il ridicolo.
L’ultimo ri(s)catto meridionale, sorta di accanimento terapeutico per il Meridione da parte dei fratelli nordici, passa niente meno che attraverso il cervellone nazional-meridionale, ricorrendo al neurone post-borbonico, millantando addirittura una scoperta globale in grado di salvare la specie umana, ma in realtà si scopre essere una bufala, non certo quelle autentiche e genuine dell’agro-aversano, ma delle medesime dimensioni.
Sono state riempite le pagine di ogni quotidiano del Belpaese e le cronache nazionali per dire che un team di ricercatrici universitarie tutte meridionali, manco fosse questo il vero contagio, aveva isolato il Coronavirus, la sola cosa cinese (?) che funziona e… resiste.
E giù di lì a “beatificare” l’origine meridionale delle ricercatrici che faceva davvero pensare che fosse la loro provenienza il vero virus da cui guardarsi e non la malattia cinese che ha seminato morte e contagio in tutto il globo terrestre.
Addirittura in una sinistra atmosfera buonista che fa tanto politically correct alla ricercatrice moliSANA che ha prestato i propri neuroni nonostante la firma del co.co.co quindi precaria, è stato offerto una regolarizzazione della propria posizione lavorativa (nessuno ha mai detto che si tratta di un contratto a tempo indeterminato) pur lavorando a Roma, in quella centralissima capitale d’Italia dove ancora vige quella regola secondo cui la meritocrazia non è la consuetudine né il metro di valutazione di questa bella Italia, ma il premio da dare non solo al merito appunto, ma soprattutto (anche) alla fortuna. Ma precaria fa molto più sinistra che fa molto più buonista che va molto più di moda che dà molte più garanzie.
Poiché detta bufala è durata il tempo di una puntura pur sperando nella propria diffusione (auspicando noi) solo nell’italica nazione e non ottenendo il risultato desiderato nemmeno attraverso il silenzio complice del Provenzano ministro del Sud (non è già questa una dis-crimi-nazione?), ci hanno spedito le “sardine”, presto rivelatesi sarPDine. Che se si è ben capito chi siano, non è altrettanto chiaro cosa vogliono e cosa facciano davvero, ma tuttavia sono ricevute al Senato, nelle istituzioni al pari di come Grillo, ideatore politico del (fu) Movimento 5 Stelle, è ricevuto in Commissione Giustizia, in Commissione Bilancio e nelle Ambasciate (cinese, ma solo in tempi non sospetti).
E se le sarpdine non erano a bordo del famigerato Britannia per mere questioni anagra-fiche, acclaratamente vi era qualche loro “padre-creat(t)ore”.
Sembra già vederle le SarPdine reclutate per la conquista del Meridione e di Napoli sua capitale al grido euro-italiota di “lavorare di meno e guadagnare di più”.
Quindi, coloro che nulla rappresentano se non il loro essere nulla, tra un “flop” a Scampia ed una magistrale moria in Piazza Dante, riescono a fare persino peggio del p.c. (primo cittadino) e dell’autoctono di provincia e bis-ministro e vice Di Maio dove, davanti agli stabilimenti (ormai in chiusura) della Whirlpool, il Ministro aveva promesso la risoluzione della crisi quindi lo scampato pericolo della chiusura dello stabilimento (poi avvenuta) e l’altro, seppur povero di idee, aveva ripiegato sull’immarcescibile “bella ciao”. Tanto per non fare niente.
Matteo Santori, sarpdina capo, fresco di convocazione di palazzo, in ossequio ai suoi predecessori inetti e sulla scia della coerenza (del non fare nulla) si è limitato a indossare la maglietta della Whirlpool, in barba ai tanto criticati simili atteggiamenti, non quella dei lavoratori, ma solo una t-shirt bianca con la scritta “Napoli non molla” facendo sapere che “non spetta a loro trovare le soluzioni della crisi”. Poi, tronfio come un kapo, scopre l’acqua calda affermando che “la mancanza di prospettiva e la disoccupazione sono i problemi principali. Non sta a noi risolverli, ma conoscere, approfondire e provare a dialogare con quella parte di società che si allontana dalla politica” sono i loro obiettivi. La via? Un flash-mob contro la presenza di Salvini in città. Che non è stato Ministro del Lavoro né è più al governo.
A questo punto viene da chiedersi cosa vogliono tutti questi “sudici” avvoltoi da questo Meridione incapace di risollevarsi, perennemente in ginocchio e piagnone, ma a cui nessuno ha tentato almeno di spiegare gli ultimi dati SMIVEZ ovvero quello secondo cui una famiglia meridionale preferisce far studiare la propria prole in una Università del Nord Italia in quanto i costi da sostenere sono addirittura minori. Perché le risorse stanziate alle Regioni meridionali sono dunque di meno rispetto al Nord quindi l’offerta formativa è minore se non scarsa e tuttavia non è singolare il caso secondo cui le giovani menti laureate che trovano impiego al Nord, anche se formatesi nel Sud dello Stivale, siano cervelli in gamba nonostante le minori possibilità. Forse solo con una maggior voglia di riscatto. E non me ne voglia Saviano che li vede tutti come fanciulli criminali.
Nessuno è venuto a spiegare al Sud che tra poco più di un mese si terrà in tutta la Nazione un referendum costituzionale per tagliare i parlamentari che non significa taglio di poltrone e nemmeno risparmio (l’equivalente di un caffè al giorno) visto che tra i propositori vi è lo staff più costoso dell’intera vita repubblicana, ma significa che si avrà sempre meno rappresentanza in sede di governo, si legga di comando, che significa che maggiore sarà la possibilità di corrompere e, soprattutto, che regioni come la Basilicata o lo stesso Molise della ricercatrice precaria e premiata non avranno più voce in capitolo.
Mi chiedo cosa ne sanno le sardine di Meridione se al Sud sono venute solo per le vacanze; se l’offerta formativa è bassa e direttamente proporzionale alle risorse stanziate, eufemisticamente per dire che fa schifo, come fanno a proporre l’Erasmus interno.
Eppure, di eccellenze meridionali che insistono e resistono il territorio ne è pieno. E non sono dentro i palazzi, ma spesso dentro le ambulanze assaltate che tuttavia salvano una vita. Dentro un pronto soccorso dove si lavora con mezzi di fortuna o con mezzi messi a disposizione dalle proprie tasche riempite solo del proprio lavoro, in una scuola di confine non sentendosi supereoi, ma testimoniando con la costanza della presenza quotidiana il proprio essere speciale, indossando una divisa ed essendo già derisi quando solo accompagni tuo figlio a scuola. Sono quelle eccellenze meridionali che non scendono in strada con pistola e coltelli ma se in mano hanno una moneta la investono in un caffè sospeso. Ciò che nel resto d’Italia nemmeno si sa cosa sia.
Il Sud è pieno di problemi, ma non molto differenti dall’evasione fiscale padana o della criminalità appaltatrice dell’Expo, la crisi idrica pugliese non è molto differente da quella vissuta dal Piemonte in questo inverno, quella parlata napoletana e siciliana che ha il riconoscimento di essere considerata lingua rispetto ai dialetti veneti. Quel Sud che aveva già fondato il Banco di Napoli quando altrove si faceva ricorso al baratto, quel Sud che pullula di palazzi e parchi reali a dispetto della palude diffusa altrove, quel Sud già fiorente repubblica commerciale quando altrove non si riusciva nemmeno a comunicare.
Se non si capisce che il Meridione è la vera ricchezza (inesauribile visto che da esso si attinge da oltre 150 anni) soprattutto attraverso l’erario, lo sfruttamento del suolo con la creazione di aziende fantasma che producono solo l’evaporarsi del “finanziamento”, ormai ridotto anche a “cimitero della monnezza”, se non provate a volere il suo bene ve lo trascinerete dietro sempre a mo’ di appendice territoriale, espressione geografica di “alè-magna” memoria, se queste sono le vostre volontà lasciate almeno risolvere a noi stessi i nostri problemi. Di sardine che abboccano, ormai, ce ne sono pure troppe.
Ri(s)catto meridionale
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