Il prof. Giulio Tarro a Campo Sud boccia il “modello Italia”, i confini aperti e rassicura gli Italiani.
Nella palude dell’informazione, assoldata a quarto potere con incarichi di comando, protetta da task force speciali per evitare la diffusione del libero pensiero, quello non omologato e bollato quale “bufale” a vantaggio del” pensiero unico”. Quello conforme alle cosiddette “verità di stato” il cui compito peculiare è ormai la formazione, vi è Campo Sud, un quotidiano libero e indipendente che informa i lettori senza la pretesa di imporre il pensiero conformato e lungi dalla supponenza di avere verità (e soldi) in tasca.
Questo giornale ha raggiunto per i suoi lettori il prof. Giulio Tarro, virologo di fama mondiale, candidato due volte al Premio Nobel per la Medicina, allievo del prof. Sabin, inventore del vaccino contro la poliomielite, siciliano di nascita e “napoletano per scelta” – dice egli stesso – primario dell’Ospedale Cotugno di Napoli, città dove lavora e vive, assurto agli onori delle cronache per il ruolo avuto già alla fine degli anni ’70 nel combattere il Male Oscuro che colpì il capoluogo partenopeo e che ritorna oggi alla ribalta per le sue posizioni “anticonvenzionali” nella lotta al Covid 19, quasi “topiche” volte a utilizzare i poteri naturali del “sole e del mare”, per cercare di guardare con altri occhi questa nuova fase dell’epidemia.
Erano i giorni immediatamente seguenti alla conoscenza di Vo’ Euganeo e di Codogno, quelli in cui il presidente del Consiglio Conte se la prendeva con gli ospedali lombardi e il governatore Fontana era elevato ad agnello sacrificale. I giorni delle funeste previsioni dei morti per strada e dell’ecatombe di Luglio, quando il prof. Tarro tentava di tranquillizzare tutti asserendo che con la stagione calda il Covid 19 avrebbe perso la sua carica virale e ci avrebbe dato tregua, fino a poterci permettere persino le vacanze al mare. Quasi un “vaneggiamento” per i più, anche titolati, eppure così è stato.
Seguiamo con attenzione la sua intervista raccolta per noi da Tony Fabrizio :
D. Una pandemia iniziata in Cina e importata in Italia dove sembra avere trovato terreno fertile rispetto ad altre zone del mondo in cui questo virus sembra non aver fatto troppa paura: quali sono le dimensioni di questo fenomeno?
R. Il fenomeno ha sicuramente caratteristiche pandemiche perché ha interessato tutto il mondo, ma riguardo all’Italia possiamo parlare di un’epidemia passata – ci spiega il virologo “delle due Sicilie” – in quanto l’Italia ha già raggiunto il suo picco epidemiologico, cosa che nessuno vuole ammettere, per cui non vi sarà nessun’altra ondata se non a livello mediatico. I numeri snocciolati dalla radio, TV e giornali non sono attendibili e fotografano una situazione non reale: gli ospedali non sono in affanno, ci sono posti liberi in terapia intensiva, dove si va di rado ormai. E ce ne sono ancora. E ci regala una “chicca” che nessun organo di stampa ha ritenuto conveniente raccontare: “Giorni fa al Cotugno una ragazza, stanca dell’attesa (e dello stress) per sottoporsi al tampone, ha pensato bene di abbandonare l’ospedale. Appena accortosi della sua assenza, il personale ospedaliero ha tempestivamente preso contatto con la donna per comunicarle di rientrare in struttura in quanto positiva al tampone. Risposta della donna: 《A quale tampone, quello che non ho mai fatto?》”.
D. Prof. Tarro, ormai il tampone sembra essere diventato la panacea: test di massa, screening a tappeto, bastoncini nel naso infilato a iosa: quanto è efficace questo esame?
R. Il tampone fatto adesso non serve a nulla. Può essere utile, ma non è essenziale. E non lo dico io, ma l’inventore del tampone stesso ossia Kary Mulis che riteneva la sua stessa invenzione un metodo non efficace per diagnosticare malattie infettive. Il tampone andava fatto mesi fa, a Marzo e ad Aprile, non oggi. Questa ossessiva ricerca dei contagiati può essere pericolosa ed è sicuramente fuorviante visto che la maggior parte di loro non è più soggetto infettante.
D. Dunque l’Italia e la Campania con la loro strategia di chiusura e di tamponamento generale non sono sulla retta via?
R. Diciamo che sono in ritardo. Oggi si è scatenata una vera e propria caccia al contagiato senza capire che l’aumento dei contagi altro non è che la diretta conseguenza dell’immunità di gregge. Inevitabile effetto. Chi è già entrato in contatto con il virus ha sviluppato gli anticorpi, chi non lo ha incontrato potrebbe risultare positivo. Il problema di oggi è rappresentato dalle frontiere, dove andrebbero fatti più controlli visto che il virus viene da fuori. L’Italia ha già raggiunto il picco epidemiologico a differenza degli altri Paesi, motivo per il quale è errato paragonare la situazione che stiamo vivendo con quella degli altri Paesi che sono ancora, potremmo dire, alla prima ondata.
D. Modello Italia bocciato, dunque?
R. Il vero modello potrebbe essere la Corea del Sud che ha fondato la sua strategia su quattro fattori fondamentali: tempestività, test (non tamponi) eseguiti a tappeto, rigorose misure di quarantena e coinvolgimento dei cittadini per ottenere la loro partecipazione.
D. Restare a casa e mascherine?
R. Restare a casa solo se si è ammalati. Chi è guarito non è più contagioso ed è impensabile “domiciliare” anche questi soggetti. Altrimenti ci ammaleremo di depressione e indeboliremmo il sistema immunitario (ride). Personalmente sono contrario all’utilizzo della mascherina al sotto dei 12 anni: fino ad allora ci sono particolari zone del cervello che si formano con il contatto visivo e diretto. Altro che distanziamento sociale, quello sì che è un vero rischio.
D. Professore, che inverno ci aspetta?
R. Un inverno assolutamente normale. Con la tipica influenza stagionale ed i malanni ad esso connesso. Anche l’influenza di stagione farà le sue vittime, come da sempre accade. Mi fa piacere che mi rivolge questa domanda perché le faccio notare che quando da noi era estate a sud dell’equatore, penso al Sud Africa, era inverno, ma si sono dimenticati di “raccontarci” dei loro picchi del contagio (ride).
D. Come possiamo difenderci? Possiamo solo riporre speranze nel vaccino? Se sì, in quale?
R. Per cultura e formazione non sono contro i vaccini, ma al momento dico che possiamo prender esempio proprio dall’Africa. Stare a contatto con gli animali, essere a contatto con lo “sporco” della terra per sviluppare gli anticorpi che sono la nostra miglior difesa. La cura che ha fatto Trump ha dimostrato che funziona, io ho spiegato già da tempo che può essere utile una terapia con il plasma dei guariti. Personalmente confido nel vaccino russo. Intorno al Covid si è alzato un gran polverone e pure qualche interesse, ma non avendo la stessa mortalità della Sars ad esempio, non è mortale per il 96% degli infetti.
D. Il Covid scomparirà con la fine della stagione fredda? Quando durerà?
R. Siamo diventati produttori di mascherine. Fin quando produrremo mascherine il Covid sarà in vita (ride).
Ciò che colpisce di questo luminare della Scienza medica italiana è l’umanità con cui si relaziona ad uno sconosciuto intervistatore, la disponibilità della persona e l’amore nella spiegazione che mai soggiacciono alla preparazione; introvabile la spocchia supponente dei frequentatori dei salotti televisivi, anzi sorride spesso, ride di gusto senza deridere mai, nemmeno nel sentire delle misure di contrasto per evitare la diffusione e il contenimento del contagio da Coronavirus, diretta conseguenza della sicurezza che ha radici nella preparazione professionale. Frutto di anni di studio e di esperienza sul campo. In trincea, per attualizzare. Dopo aver isolato il vibrione del colera a Napoli, dopo aver combattuto l’epidemia dell’Aids e sconfitto il male oscuro di Napoli, il virus respiratorio “sinciziale” che provoca un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni, ancora c’è qualcuno che non crede ai profeti in Patria.
Forse ha ragione il prof. Tarro: il Covid non è poi il peggiore dei mali.
__