Ci pensa Calenda. In un pomeriggio ben poco onorevole, emergenziale, come lo può essere una pioggia a fine novembre, e noioso per via della sospensione del panem et circenses quale può essere il campionato italiano di calcio a favore del mondiale – anche qui con poca, pochissima, inesistente Italia: dopo il Covid 19 ecco propinarci il Qatar 22 – ecco che ci pensa Calenda!
Comodamente dal sofà del suo loft etnico-oligarchico, in modalità agile – smart working, direbbero i fanatici come lui – che fa tanto delivery, con una cinguettata nel metaverso, serve comodamente la polemica sciacalla, dopo aver chiaramente indossato la mascherina del prode leguleio. Attacca, quindi, il professor (di) “diritto” ed ex occupante di Palazzo Chigi Peppino Conte da Volturara Appula- incredibile a dirsi: oltre ad aver firmato un’infinità di Dipiciemme volti alla repressione più totale di ogni elementare libertà costata lacrime e sangue, ad aver confinato la gente nei propri domicili, a (non) aver curato qualcosa di curabile con fantasiosi protocolli governativi sospendendo quelli medici, dicono sia stato anche il Presidente del Consiglio dei Ministri – reo di aver concesso un “condono pericoloso” all’isola di Ischia e cancellato l’unità di missione “Casa Italia” per la ragione che l’aveva istituita Matteo Renzi. Entrambi “gravi errori” a suo dire, ma cercare a posteriori di prendere in giro gli italiani con eloquio stile azzecarbugli è anche peggio”. E così continua il panegirico in onore (e in odore) di Matteo Renzi il salvatore, protettore del deretano sul velluto, dispensatore del miracolo dell’aver salvato da morte (politica) certa il buon Carletto, acciuffato per i capelli in zona Cesarini.
Avrebbe potuto bofonchiare ancora un po’ Calenda, quel tanto che, se capace, basta per apprezzare – magari un tweet a riguardo sarebbe risultato più fruttuoso, quantomeno per l’animo degl’ischitani – la dignità di un popolo messo in ginocchio e che continua a ritenersi fortunato perché figli e nipoti sono tutti salvi (almeno qualcuno!).
Un popolo che parla già di rialzarsi, nonostante nessuno abbia attivato un numero verde ed un conto corrente (Renzi meglio di no, Carle’!) ad hoc; perché nonostante non vi siano i retorici sermoni mediatici d’occasione, continua disperatamente a spalare fango perché ancora speranzoso di trovare un proprio caro o essere d’aiuto ai propri compaesani che piangono i propri morti, i dispersi e il non avere più nulla.
Quel silenzio che avrebbe potuto fargli comprendere (siamo volutamente buonisti questa volta) che a Ischia non c’è colpa, perché l’abusivismo non c’entra nulla: lo dicono i tecnici, gli esperti, ma non quelli della task force delle “quattro stagioni”, riciclabili indistintamente dall’ambito sanitario a quello militare, sconfinando nel geopolitico – ma tutto è scaturito dal Monte Epomeo.
Ischia è un’isola vulcanica formata sostanzialmente da due tipi di roccia: quella solida, ben ancorata al terreno e uno strato di roccia più sottile (ma dai pochi centimetri può raggiungere e superare anche il metro di spessore), friabile e che è il risultato di eruzioni vulcaniche passate. Piogge di lapilli di precedenti eruzioni.
Quando un fenomeno atmosferico particolarmente importante, come una pioggia copiosa, si abbatte in un territorio più o meno sensibile, può verificarsi che lo strato più sottile di suolo e meno radicato a terra, inizi a staccarsi (punto di innesco) e a scivolare verso valle. Mano a mano che si genera la “valanga” di cenere e lapilli, questa prende forza (trascinando con sé altro materiale “friabile” non ancorato a terra) e velocità, spazzando e travolgendo via tutto quanto non riesce a vincere la sua forza cinetica (ecco perché su un lato del monte Epomeo sembra esserci uno squarcio, senza più l’ombra di un albero), per poi fermarsi a valle dove tutto viene ammassato.
Semplificando, questo è quanto successo a Casamicciola, ma è ciò che potrebbe succedere, se non è già successo, in ogni parte restante d’Italia, essendo questa una terra telluricamente giovane e geomorfologicamente mobile. Con una spiccata sensibilità topica nei punti laddove ci sono dei rilievi montuosi. Praticamente ovunque, se pensiamo che oltre alle Alpi e agli Appennini – che sono rispettivamente la corona e la spina dorsale d’Italia – abbiamo anche rilievi montuosi di carattere vulcanico.
Sono fenomeni che si possono prevedere, allora? Certo. Lo sappiamo già. È tutto già scritto, basta dare un’occhiata alle mappe elaborate dai geologi e si vedrà che l’Italia – fatto salva per qualche parte della pianura padana, principalmente in Romagna – è tutta una zona rossa. Basti pensare che l’Italia è terra franosa per eccellenza e che il 70% e oltre del territorio europeo soggetto a frana è concentrato proprio in Italia. Praticamente la quasi totalità. Che tradotto in termini “calendoscopici”- ovvero gli scopi di Calenda – significherebbe che in Italia non si potrebbe costruire da nessuna parte. Mica solo a Ischia! O a Sarno, a Genova, o a Firenze.
Eppure il dottor Peduto, da Presidente del Consiglio nazionale dei geologi, si batteva per rimettere al centro dell’agenda politica proprio la geologia, con il suo binomio intrinseco di prevenzione e monitoraggio. Peduto era riuscito ad arrivare addirittura (sì, proprio addirittura!) a presentare il suo progetto salvifico e salvavita nientepopodimeno che all’allora Ministro dell’Ambiente e a chi siedeva al Viminale. La proposta piacque, ma al governo di allora successe una colata, proprio come a Casamicciola, che lo coinvolse e lo distrusse irrimediabilmente. Bisognava rimboccarsi le maniche e cominciare a ricostruire tutto da zero. Ma la politica politicante di questo non è stata più capace. Mica come a Ischia, a Sarno, a Firenze, in Umbria, dove c’è gente comune e diversamente onorevole.
Perché la politica faccia tanta difficoltà a parlare di prevenzione, a capire che si deve agire con un approccio preventivo è un interrogativo al quale Calenda in primis, da politico, potrebbe tentare di rispondere. Magari fare prima a se stesso. E attivarsi. Evitando polemiche sterili e strumentali. Gli strumenti servono agli ischitani. Come pale e stivali. E braccia. Magari onorevoli, sottratte proprio alla politica. Azione! Non parole.