Voglio dire una cosa, anzi due: Secondigliano è un quartiere di Napoli.
E io, che non guardo Sanremo perché non mi piace – ma per dirlo ho dovuto vederlo qualche volta – tifavo per BigMama. E certamente non per quel campanilismo di facciata che vuole irpina BigMama, ma che si dichiara Salernitana pure se vive a Milano, dove non mi pare sconti né esilio, né confino e vuole Avellino eterna nemica di Napoli.
Ho scoperto chi fosse Geolier quest’estate a seguito di un concerto proprio nel capoluogo della verde Irpinia (alla faccia della rivalità!), il rap non è il mio genere, dunque, non so nemmeno dire se meritasse la vittoria o meno del festival della canzone italiana. Proprio lui che ha cantato in napoletano che non è un dialetto, ma una lingua! E poi c’é da dire che arrivare primo sul palco dell’Ariston non significa proprio niente: Vasco Rossi, ad esempio, a Sanremo è arrivato ultimo e, da allora, non ha mai sbagliato un album nella sua ormai mezzo-secolare carriera.
Non capisco, però, perché di Emanuele, così oggi scrivono quelli che vantano e cantano un'”amicizia” con il repper napoletano, si continua a dire che “viene da Secondigliano”. Come se questo dovesse necessariamente significare qualcosa. Chissà cosa. Forse quel tanto anelato riscatto – da cosa non si sa – che paventano tutti quelli che non hanno ancora capito che Napoli è capofila in tanti campi, dall’arte, allo spettacolo, dalla cultura alla gastronomia e tanto altro?
Della vincitrice ricordiamo forse ad ogni voltata di lingua che è lucana? Che Amoroso è salentina? Che Mannoia è romana? Che Bertè non so bene nemmeno da dove venga. Forse dalla Calabria se non erro e comunque “terrona” anche lei! E non ricordo bene neanche cosa canti perché mi sono fermato alla sempiterna coscia che vale più di tutte le donne impellicciate di cui ci parla quel siculo di Fiorello quando ricorda a noi poveri Cristi che non possiamo affacciarci nemmeno ai balconi per vedere quella kermesse ligure, il cui costo di una serata non lo copri con uno stipendio mensile di quei poveracci che pagano il cachet anche a lui affetto da demenza senile (e speriamo solo quella!). Altrimenti ricorderebbe quando andava in giro come uno zingaro per lo stivale a far cantare i poveri nelle piazze e “animare” i turisti nei villaggi vacanza. D’altronde lui è riuscito a dire persino che “la Salis non ha fatto niente”, nonostante girino in rete le foto del capolavoro della maestrina di Monza.
Contraddizione per contraddizione ritorniamo ai big: dei big non ricordiamo di certo la provenienza geografica, ma del cantante napoletano la provenienza geografica è diventata quasi un secondo nome al suo nome d’arte. Quanti avrebbero saputo portarlo con tanto orgoglio? Avrebbero voluto vedere ‘o “malamente” con le catene d’oro giallo al collo dello spessore di un braccio e il ferro con matricola abrasa nei pantaloni, che parla di vele e di spaccio (Fiorello il siciliano stavolta non c’entra!), che canta di rispetto reciproco e, invece, almeno da ciò che ho visto, é un ragazzo umile. Nonostante sia un big, non da oggi e non certo per il miracolo operato da Sanremo. E con lui, è caduto lo stereotipo napoletano del “furbo” che voleva rifilare il famigerato “pacco” col televoto e, invece, non ha capito manco un ca..volfiore. che era una (tr)fuffa “bella e buona”!
Miracolo non riuscito quello di avere una rassegna patriarcale e femminista la cui guest star è nientemeno che la sorella di Giulia Cecchetin – la perifrasi ha la stessa valenza del “Secondigliano” per Geolier – e che non ha nome. Nonostante le critiche all’uomo bianco, ricco, occidentale di un’altra figlia del Sud e simile a Fiorello per provenienza geografica e professionale: l’ormai palermitana-lombarda Teresa Mannino.
Nonostante tutto, ha vinto una donna. Lucana. Del Sud. “Normale”, nel senso che. se le piace questo o quello, se la pensa in un modo o nell’altro, ha avuto il buon gusto di tenerselo per sè. Non ostenta alcunché, non fa proclami, non sceglie sul palcoscenico né destra né sinistra, ma, soprattutto, pensa a cantare e ad aver successo. Insomma, normale e direi anche, molto di buon senso!
Nonostante BigMama si aggrappi al “bodysceming”, al bullismo subito e subìto, all’ l’utilizzo del regionalismo è per meglio far comprendere anche a lei, Avellino-salernitana-lombarda inclusiva che più inclusiva non si può (non è bodysceming), si aggrappa…ah no, a quello lei no!
Compaesano della Big (lo ha detto lei, eh!) Mama (che fa molto Via col vento, via che nemmeno la Bora di Trieste quando soffia a 140 km/h!) era tale Biagio Agnes, giornalista e direttore Rai ai tempi della prima Repubblica. Quando l’irpino De Mita era Presidente del Consiglio, i politici irpini facevano il bello e il brutto tempo in Italia, terremoti compreso, e la Democrazia cristiana era la cupola più santa da Palermo a Bolzano. Perifrasi collettiva per significare ‘o posto a tanti dei loro. A tutti quanti loro. Compreso alla Rai, il cui disagio è stato solo quello di fare spostare gli avellinesi a Torino. Salvo poi avere l’avvicinamento. Con tutto questo popò di Sud ieri, oggi e domani in Rai è veramente il caso di polemizzare sul fantomatico razzismo interno allo stivale?
Risparmiamo Garibaldi e Mazzini, allora, ché persino la Rai, proprio lì ci ha fatto casa. E peccato non abbia trionfato BigMama: oggi avremmo potuto parlare dei tanti temi della sinistra arcobaleno che, nonostante l’usata, abusata, gratuita e fuori contesto “Bella ciao” e conseguente imprescindibile certificazione di antifascisti puro sangue, non può piangersi addosso nemmeno ed è costretta a inventarsi nuovamente il razzismo tricolore. Sciorinato da chi ha favorito, a guerra mondiale finita, una fratricida guerra civile il cui apice viene ricordato proprio nel giorno in cui quest’anno l’Ariston cala finalmente il sipario.
E io, che non guardo Sanremo perché non mi piace – ma per dirlo ho dovuto vederlo qualche volta – tifavo per BigMama. E certamente non per quel campanilismo di facciata che vuole irpina BigMama, ma che si dichiara Salernitana pure se vive a Milano, dove non mi pare sconti né esilio, né confino e vuole Avellino eterna nemica di Napoli.
Ho scoperto chi fosse Geolier quest’estate a seguito di un concerto proprio nel capoluogo della verde Irpinia (alla faccia della rivalità!), il rap non è il mio genere, dunque, non so nemmeno dire se meritasse la vittoria o meno del festival della canzone italiana. Proprio lui che ha cantato in napoletano che non è un dialetto, ma una lingua! E poi c’é da dire che arrivare primo sul palco dell’Ariston non significa proprio niente: Vasco Rossi, ad esempio, a Sanremo è arrivato ultimo e, da allora, non ha mai sbagliato un album nella sua ormai mezzo-secolare carriera.
Non capisco, però, perché di Emanuele, così oggi scrivono quelli che vantano e cantano un'”amicizia” con il repper napoletano, si continua a dire che “viene da Secondigliano”. Come se questo dovesse necessariamente significare qualcosa. Chissà cosa. Forse quel tanto anelato riscatto – da cosa non si sa – che paventano tutti quelli che non hanno ancora capito che Napoli è capofila in tanti campi, dall’arte, allo spettacolo, dalla cultura alla gastronomia e tanto altro?
Della vincitrice ricordiamo forse ad ogni voltata di lingua che è lucana? Che Amoroso è salentina? Che Mannoia è romana? Che Bertè non so bene nemmeno da dove venga. Forse dalla Calabria se non erro e comunque “terrona” anche lei! E non ricordo bene neanche cosa canti perché mi sono fermato alla sempiterna coscia che vale più di tutte le donne impellicciate di cui ci parla quel siculo di Fiorello quando ricorda a noi poveri Cristi che non possiamo affacciarci nemmeno ai balconi per vedere quella kermesse ligure, il cui costo di una serata non lo copri con uno stipendio mensile di quei poveracci che pagano il cachet anche a lui affetto da demenza senile (e speriamo solo quella!). Altrimenti ricorderebbe quando andava in giro come uno zingaro per lo stivale a far cantare i poveri nelle piazze e “animare” i turisti nei villaggi vacanza. D’altronde lui è riuscito a dire persino che “la Salis non ha fatto niente”, nonostante girino in rete le foto del capolavoro della maestrina di Monza.
Contraddizione per contraddizione ritorniamo ai big: dei big non ricordiamo di certo la provenienza geografica, ma del cantante napoletano la provenienza geografica è diventata quasi un secondo nome al suo nome d’arte. Quanti avrebbero saputo portarlo con tanto orgoglio? Avrebbero voluto vedere ‘o “malamente” con le catene d’oro giallo al collo dello spessore di un braccio e il ferro con matricola abrasa nei pantaloni, che parla di vele e di spaccio (Fiorello il siciliano stavolta non c’entra!), che canta di rispetto reciproco e, invece, almeno da ciò che ho visto, é un ragazzo umile. Nonostante sia un big, non da oggi e non certo per il miracolo operato da Sanremo. E con lui, è caduto lo stereotipo napoletano del “furbo” che voleva rifilare il famigerato “pacco” col televoto e, invece, non ha capito manco un ca..volfiore. che era una (tr)fuffa “bella e buona”!
Miracolo non riuscito quello di avere una rassegna patriarcale e femminista la cui guest star è nientemeno che la sorella di Giulia Cecchetin – la perifrasi ha la stessa valenza del “Secondigliano” per Geolier – e che non ha nome. Nonostante le critiche all’uomo bianco, ricco, occidentale di un’altra figlia del Sud e simile a Fiorello per provenienza geografica e professionale: l’ormai palermitana-lombarda Teresa Mannino.
Nonostante tutto, ha vinto una donna. Lucana. Del Sud. “Normale”, nel senso che. se le piace questo o quello, se la pensa in un modo o nell’altro, ha avuto il buon gusto di tenerselo per sè. Non ostenta alcunché, non fa proclami, non sceglie sul palcoscenico né destra né sinistra, ma, soprattutto, pensa a cantare e ad aver successo. Insomma, normale e direi anche, molto di buon senso!
Nonostante BigMama si aggrappi al “bodysceming”, al bullismo subito e subìto, all’ l’utilizzo del regionalismo è per meglio far comprendere anche a lei, Avellino-salernitana-lombarda inclusiva che più inclusiva non si può (non è bodysceming), si aggrappa…ah no, a quello lei no!
Compaesano della Big (lo ha detto lei, eh!) Mama (che fa molto Via col vento, via che nemmeno la Bora di Trieste quando soffia a 140 km/h!) era tale Biagio Agnes, giornalista e direttore Rai ai tempi della prima Repubblica. Quando l’irpino De Mita era Presidente del Consiglio, i politici irpini facevano il bello e il brutto tempo in Italia, terremoti compreso, e la Democrazia cristiana era la cupola più santa da Palermo a Bolzano. Perifrasi collettiva per significare ‘o posto a tanti dei loro. A tutti quanti loro. Compreso alla Rai, il cui disagio è stato solo quello di fare spostare gli avellinesi a Torino. Salvo poi avere l’avvicinamento. Con tutto questo popò di Sud ieri, oggi e domani in Rai è veramente il caso di polemizzare sul fantomatico razzismo interno allo stivale?
Risparmiamo Garibaldi e Mazzini, allora, ché persino la Rai, proprio lì ci ha fatto casa. E peccato non abbia trionfato BigMama: oggi avremmo potuto parlare dei tanti temi della sinistra arcobaleno che, nonostante l’usata, abusata, gratuita e fuori contesto “Bella ciao” e conseguente imprescindibile certificazione di antifascisti puro sangue, non può piangersi addosso nemmeno ed è costretta a inventarsi nuovamente il razzismo tricolore. Sciorinato da chi ha favorito, a guerra mondiale finita, una fratricida guerra civile il cui apice viene ricordato proprio nel giorno in cui quest’anno l’Ariston cala finalmente il sipario.