Nell’estate del 1984, Livorno fu teatro di un enigma artistico che scosse il mondo
dell’;arte.
Mentre la città celebrava il centenario della nascita di Amedeo Modigliani, nel Museo
d’Arte Moderna di Villa Maria erano esposte 4 delle 26 teste scolpite dal celebre
artista. Tuttavia, la mostra non riscosse l’interesse sperato e rischiava di fallire. Per
ravvivare l’evento, la direttrice del museo, Vera Durbé, e suo fratello Dario, curatore
della mostra, decisero di riportare in vita una antica leggenda. Secondo il racconto
popolare nel 1909 Modigliani avrebbe gettato nel Fosso Reale alcune delle sue prime
sculture per sfuggire alla critica degli altri artisti. Sostenendo di avvertire la presenza delle
opere dell’artista nel Fosso,la Durbé ottenne le autorizzazioni per avviare la ricerca.
Le operazioni di dragaggio iniziarono rapidamente, attirando l’attenzione dei livornesi
curiosi. Mentre la ricerca procedeva, la popolazione si accalcava lungo la spalletta
del fosso, ansiosa di assistere al ritrovamento delle misteriose opere d’arte. Tuttavia,
con il passare del tempo, l’entusiasmo svanì e la popolazione iniziò a mostrare
scetticismo.
Nel Fosso Reale vennero rinvenute delle sculture inaspettate, somiglianti allo stile di
Amedeo Modigliani, celebre pittore e scultore del XX secolo. Questo evento suscitò
grande meraviglia, portando l’attenzione degli appassionati d’arte verso la città
toscana.
Le Teste di Modì", come vennero ribattezzate, fecero nascere diverse teorie e
ipotesi sulla loro origine.
Tuttavia, la verità dietro questa enigmatica scoperta fu svelata quando il settimanale
Panorama pubblicò uno scoop: le teste non erano autentiche, ma il frutto di una
beffa. Tre studenti livornesi, Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pier Francesco
Ferrucci, confessarono di averle realizzate per una somma di denaro. Nonostante la
loro ammissione, il mistero rimase intorno alla velocità con cui le teste erano state
scolpite, suscitando dubbi sulla veridicità della confessione. Infatti, i tre realizzarono
solo una delle teste, mentre altre due furono create da Angelo Froglia, uno scultore
locale che volle giocare uno scherzo ai critici d’arte.
Nonostante le controversie e la gran confusione prodotta intorno a questo ritrovamento, il critico Giulio Carlo Argan dichiarò in televisione:
LE “teste” sono certamente autentiche!”. Tuttavia, alcuni scultori rimasero dubbiosi,
sostenendo che la mano che le aveva scolpite fosse troppo inesperta per
appartenere a Modigliani. Malgrado le polemiche e il gran polverone, Dario Durbé non si
lasciò scoraggiare e definì le” teste” un’opera “di commovente e indagante incertezza”,
esponendole comunque a Villa Maria. Con una grande presenza di visitatori, curiosi e addetti ai lavori.