“Occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andare d’accordo con tutti. Le cose grandi ai grandi, gli abissi ai profondi, le finezze ai sottili e le rarità ai rari”. Chissà se cent’anni dopo, Nietzsche avrebbe scritto, al di là del bene e del male, ancora queste parole. Eppure, cent’anni dopo, queste parole sono più che mai valide. Proprio oggi che viviamo una crisi sanitaria mondiale, ma le “cure” sono rappresentate da provvedimenti economici; oggi che in piena pandemia è stato riconfermato al Ministero della Sanità un signore che nemmeno è medico; oggi che in pasto al volgare popolino, trattato sempre più da popolo bue, si danno le opinioni e i consigli di una veterinaria; oggi che chi non ha mai lavorato diventa ministro del lavoro e dello sviluppo economico e poi, come se non fosse già abbastanza, siede alla Farnesina conoscendo poco e male persino la propria lingua madre. Madre che questa lingua la insegnava. Agli altri.
Ma finché c’è speranza… si potrà sempre attingere dal mondo della giustizia.
Che è, forse, stando ai processi ed i “precessi”, il modo migliore per giustiziare Napoli.
Non è bastata la decennale disastrosa gestione della giunta pluri-rimpastata de Magistris, non è bastato guadagnarsi la fama di peggiore giunta che abbia mai governato Napoli, che ecco che ci riprovano: si attinge ancora dal calderone della Giustizia per estrapolare il nome del candidato ad essere il nuovo Sindaco di Napoli. Che poi tanto nuovo non è. Catello Maresca, infatti, risulta essere un nome già “riciclato” pur non essendo mai stato di fatto candidato. Nel lungo, breve e medio periodo. La “carriera” politica del magistrato iniziò anni fa candidandosi alle comunali dell’hinterland napoletano, espressione sinistra di una coalizione di liste civiche, fino ad arrivare ad essere l’anti-De Luca all’ultima tornata elettorale. Progetto poi abbandonato. L’occasione si ripresenta alla tornata elettorale immediatamente successiva e con le dovute differenze: questa volta, però, si corre per Palazzo San Giacomo, il Magistrato non sarà più il nome da opporre a De Luca col quale si è già intrapresa la “massima collaborazione istituzionale” (parole dello stesso Maresca).
Dichiarazione che ha fatto storcere il naso di quelli che De Luca non l’hanno votato e che adesso, per convergere sul PM anticamorra, sarebbero costretti persino all’abiura dei propri simboli!
Dunque, si potrebbe avere un candidato di una certa sinistra che si candida con e per il centrodestra il quale, però, dovrà rinunciare ai propri simboli in nome di una coalizione civica! Eccetto Fratelli d’Italia che lo sosteneva alla Regione ma che lo ha scaricato al Comune a vantaggio di Sergio Rastrelli, figlio dell’inarrivabile Antonio e conosciuto, almeno in politica, soprattutto perché “figlio d’arte”.
Queste sono le premesse, molto chiare e ben poco identitarie, da barattare per ottenere il nome del magistrato napoletano. E il programma? Cosa intende fare Maresca per rifondare Napoli dopo questo decennio penoso su ogni fronte?
Maresca, che ha subito e bene appreso il politichese spicciolo, non conferma né smentisce l’ipotesi candidatura, ma intanto tesse i rapporti con l’inquilino di Palazzo Santa Lucia e incontra le associazioni di categoria. Ma il nome è forse più importante del programma? È davvero strategico siffatto nome al punto da rinunciare a metterci la faccia, pur di metterci (solo) la matita?
Perché, dopo questo decennio che – finalmente! – andiamo a chiudere, si ripropone ancora una volta un magistrato?
È vero che ognuno di noi è unico e irripetibile – almeno nella validità filosofica della locuzione – ma Catello Maresca viene presentato come il pm anticamorra, come il giudice Maresca quindi con accezione alla categoria. Ancora un magistrato in politica, dunque? È ancora una garanzia un magistrato impegnato in politica? Proprio a Napoli? Dopo de Magistris? Dopo dieci anni di de Magistris? Dopo Di Pietro e Ingroia? Dopo Nitto Palma e Pietro Grasso? Dopo Felice Casson e Marta Cartabia? Dopo Palamara e nel momento del massimo sputtanamento per certa magistratura? Ma basta con i magistrati in politica! Che già fanno politica e abbastanza pure che arrivano persino a legiferare in nome e per conto del Parlamento, sempre più esautorato dall’esercizio dalle proprie funzioni. L’appartenenza alla magistratura può rappresentare, dunque, un valore aggiunto? Eppure, Maresca nel suo campo il valore lo ha dimostrato arrivando a dirigere le operazioni per la cattura del boss di camorra Michele Zagaria, ha rappresentato l’accusa nel processo contro Giuseppe Setola, è passato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sino a diventare sostituto procuratore del capoluogo partenopeo. Ha all’attivo anche un processo verso quella Destra sociale napoletana che, forse, conviene non ricordare. Basta conoscere una piaga della città per poterla governare? Napoli non è solo camorra e non è solo la camorra il problema di Napoli! Napoli è la terza città più importante d’Italia e la prima dell’intero Meridione. Questa, ma non solo, è la via!
Un percorso – quello catelliano – che sembra ricordare quello di un altro togato, tale Raffale Cantone, amico di tanti e benvoluto da tutti, colui che pare “passasse” le veline grazie alle quali è stato costruito il personaggio di Roberto Saviano con tutto il conseguente “sputtanapoli”. Colui che sputa nel piatto dove mangia, che scappa dal luogo che (non) ama e che lo sfama, ma che non concorre ad aiutarlo, a curarlo, a cambiarlo. Troppo facile così. Troppo comodo. Troppo inutile.
Un’altra Gomorra no, per carità!
Allora che ognuno faccia ciò che gli riesce meglio, non tutti possono fare tutto: questione di attitudini, di competenze, di capacità, di formazione, di percorsi. O non ci resterà che presentarci al seggio elettorale sciorinando libri, stavolta quello di Palamara!