Si fa un gran parlare, in questi giorni, del MES e delle resistenze alla firma da parte
del governo italiano. Pochi sanno però di cosa si tratti e quali obblighi ed oneri il
MES riservi ai paesi firmatari.
Incominciamo con l’acronimo.
MES indica il Meccanismo Europeo di stabilità. Si tratta di un fondo creato
dall’Unione Europea per fornire agli stati membri assistenza economica.
Ma accanto ai benefici immediati si avrebbero notevoli oneri nel lungo periodo.
Basterà ricordare cosa accadde alla Grecia nel 2015 quando si ritenne necessario far ricorso al MES per risolvere la crisi finanziaria dello Stato Ellenico, laddove fu necessario adottare politiche di rigore che finirono per affossare ancor più la già traballante economia dello stato membro dell’UE:
Attualmente le trattative per la ratifica del MES in Italia, si sono arenate anche per la nuova presa di posizione
della Germania che ha rimesso in discussione la proposta a suo tempo avanzata.
In questo quadro si è inserito il governo italiano che dichiara, per bocca della
presidente Giorgia Meloni, di non avere l’intenzione di sottoscrivere patti che
condizionino l’economia italiana e che potrebbero essere pregiudizievoli nel breve
ma soprattutto nel lungo periodo.
Interessante, a questo punto considerare le posizioni delle varie formazioni politiche
che sono all’opposizione.
Si legge sugli organi di informazioni dei pressanti inviti di PD , Cinquestelle e partitini
vari per approvare senza indugi il MES.
Ma questi stessi partiti non tengono in alcun conto degli effetti negativi dei tagli di
spesa, del calo del PIL. E se la solita Germania, pensando ai propri interessi, chiede
obiettivi precisi in merito alla riduzione del deficit, le sinistre usano l’argomento solo
come motivo di opposizione al governo senza pensare agli interessi nazionali e senza
suggerire soluzioni alternative.
Il tutto nasce dalla storica e quasi trentennale acquiescenza dei partiti di sinistra e
dei loro satelliti ed alleati riguardo alla politica monetaria europea, a cominciare da
quella moneta unica per la cui quotazione furono decisivi, in negativo, gli interventi
di Ciampi e di Prodi, che accettarono una sottovalutazione della lira in riferimento
ad un marco per il quale il rapporto con l’euro fu di parità contrariamente a quello
che fu stabilito per la moneta italiana.
Non sappiamo come andrà a finire il braccio di ferro con l’Unione Europea.
Sappiamo però che in caso di ratifica obbligata si aprirebbe uno scenario nella
nostra economia di ulteriore subalternità alle decisioni economiche dell’Unione,
senza autonomia e senza possibilità di intervento.