Abbiamo volutamente evitato, sin ora, di parlare del dramma di Scampia di fine Luglio. Vuoi per una sorta di dolente pudore, ma soprattutto per rispetto delle incolpevoli vittime.
L’ennesimo e raccapricciante epilogo di una vergognosa storia di strafottenza delle istituzioni locali e dei suoi rappresentanti (politici e tecnici) che provvedevano a predisporre gli atti tecnico-amministrativi conseguenziali (lo sgombero degli alloggi pericolanti) ad una perizia tecnica che imponeva, nella migliore delle ipotesi, lavori di manutenzione urgenti, per poi “dimenticare” di eseguire quei lavori di massima urgenza per oltre 8 anni. Ma, peggio ancora, omettevano di provvedere ad horas allo sgombero immediato degli occupanti di quegli appartamenti che si affacciavano su una loggia pericolante con tanto di scale in ferro fortemente arrugginite. Strutture che in 8 anni, spesi inutilmente, hanno avuto tutto il tempo di incancrenirsi e venir giù inesorabilmente.
Questi purtroppo sono i fatti, su cui la Procura della Repubblica di Napoli sta cercando di far piena luce, non senza difficoltà, perché é davvero complicato ricostruire la scala delle responsabilità e degli “insabbiamenti” anche delle ultime ore degli addetti ai lavori, dopo otto anni di assoluto silenzio su questa criminale omissione.
Una storia maledetta di degrado urbano, di occupazione selvaggia e tollerata (sempre dalle amministrazioni locali) di povertà e malessere sociale delle nostre periferie colpevolmente dimenticate.
E torniamo all’attualità: adesso da Scampia si chiama in causa la Premier Meloni per porre un freno al degrado. Per tornare a vivere decorosamente, sperando in condizioni più umane di abitabilità, servizi pubblici adeguati, tolleranza zero verso i fenomeni criminali con i quali la popolazione del quartiere a nord di Napoli ha convissuto, suo malgrado, per troppo tempo. Come accaduto a Caivano. E noi siamo certi che Meloni risponderà. Trasferendo quelle competenze necessarie di uomini, mezzi, operatori delle forze dell’Ordine ed Assistenti sociali, oltre che le necessarie risorse finanziarie, per ristabilire legalità e dignità ad un territorio sofferente. Ma soprattutto per cancellare per sempre quelle condizioni di degrado abitativo e sociale nel quale crescono e si diffondono facilmente i fenomeni criminosi.
E allora se c’é da decidere si decida! Abbattiamo definitivamente queste vele maledette ancora in piedi, senza infingimenti o ulteriori perdite di tempo. Esistono, infatti, deliberazioni dell’Amministrazione comunale attuale e delle precedenti amministrazioni civiche che sanciscono e poi ribadiscono questa necessità ormai non più differibile. E poi il nulla!
Sono anche state individuate risorse ad hoc nell’ambito dei finanziamenti del PNRR per abbattere le vele e costruire nuovi alloggi per la popolazione di Scampia. I tempi sono maturi e non si può rischiare di perdere questa ennesima ed importante opportunità per i residenti e per l’intera città. Si progettino case adeguate e non alveari, dotate di aree a verde e servizi sociali indispensabili. In primis scuole, nidi ed asili. Si crei una struttura sanitaria territoriale con consultori e servizi per l’infanzia, la terza età, i disabili. Se non bastano le risorse si provveda al recupero e la riconversione dei fabbricati di proprietà comunale in disuso. Si tratta, per la maggior parte, di edifici scolastici o centri sociali mai utilizzati o comunque dismessi, a suo tempo realizzati con i fondi statali della Legge 219 per la ricostruzione nel dopoterremoto del 1980. In questi edifici pubblici potrebbero trovare spazio quei servizi sociali indispensabili per la popolazione del territorio, eliminando il degrado e l’abbandono in cui versano attualmente questi complessi edilizi dimenticati.
Occorre buon senso e tanta buona volontà degli attuali amministratori comunali. Il resto lo farà certamente il Governo nazionale che ha già dimostrato come si fa e in che tempi e modalità intervenire. Tanto per evitare ritardi della pubblica amministrazione, conflitti di competenze, sovrapposizioni e lentezze burocratiche. In una parola, la solita manfrina paralizzante. E, purtroppo, in città casi del genere si moltiplicano ogni giorno. Anche di recente. Basti pensare al caso del dissesto della volta di Port’Alba con pericoli di crollo continui e calcinacci che cadono oltre le reti protettive installate dai Vigili del Fuoco più di vent’anni or sono. E da vent’anni nessun Sindaco della città é riuscito a dipanare il contenzioso tra proprietari privati e l’Amministrazione Comunale, che pure avrebbe tutto il diritto e soprattutto il dovere di intervenire tempestivamente “in danno” anticipando i necessari lavori di ripristino, per tutelare l’incolumità pubblica. Oltre a garantire l’indispensabile decoro della città, trovandoci in zona turistica molto frequentata del Centro Storico. E della stessa natura é pure la situazione dei cancelli da installare agli accessi della Galleria Umberto I°, tra via Toledo e il Teatro San Carlo, oltre a necessari lavori di consolidamento dei cornicioni del fabbricato storico. Ebbene, anche in questo caso si discute da anni. Ci si rinfaccia le responsabilità tra privati (condomini) e Pubblica Amministrazione ma nessuno interviene. E la notte, sotto quella galleria storica accade di tutto. Compreso partite di calcio di ragazzi che non si preoccupano certo dei danni che arrecano alla struttura artistica. E vogliamo concludere con un altro esempio “luminoso” della efficacia e tempestività del Comune di Napoli. La Galleria Principe di Napoli, al Museo. Nelle prime ore del mattino dello scorso 26 Luglio, é pericolosamente caduta al suolo una vasta parte della volta della Galleria, portandosi dietro calcinacci, vetri e intonaci ottocenteschi decorati. Il tutto in un fragore assordante che ha messo letteralmente in fuga i tanti turisti che già affollavano la galleria.
La cosa inquietante é che la Galleria Principe di Napoli era oggetto di un intervento di restauro a cura del Comune di Napoli e di un gruppo di imprenditori privati che aveva visto già i primi interventi edilizi di restauro con l’installazione dei relativi ponteggi lungo le pareti e la volta. Ma, come spesso accade a Napoli, i lavori sono stati sospesi e le impalcature rimosse già da moltissimo tempo, allorquando si é registrato l’ennesimo crollo del 26 Luglio. E nel frattempo? La Galleria é chiusa al pubblico. Dei lavori di somma urgenza per l’eliminazione dei pericoli, dopo il crollo del luglio scorso, neanche l’ombra. Le notizie sulla eventuale ripresa dei lavori iniziali di restauro complessivo (quelli sospesi non si sa perché) latitano. Come i responsabili di questo intervento edilizio.
E’ sempre la solita storia sul versante comunale. Ecco perché abbiamo qualche preoccupazione e nutriamo riserve sulla risoluzione in tempi rapidi della tragedia delle vele di Scampia. Ma ci solleva e non poco la possibilità di un intervento diretto del Governo. Auspicando, nell’immediato, l’applicazione del “Modello Caivano” per questi concittadini che hanno tanto bisogno di sentire la vicinanza di uno Stato autenticamente amico.