sabato, Gennaio 11, 2025
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Antonio Parlato: il ricordo sempre vivo di un Maestro di vita e di politica, a 10 anni dalla scomparsa.

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Era l’estate del 1975, era appena nata la corrente di “Democrazia Nazionale” che sollecitava una radicale trasformazione del Partito con il taglio delle proprie radici e lo spostamento verso il centro democratico. Eravamo giovani ed entusiasti ed accogliemmo la nascita di Democrazia Nazionale come un vero e proprio tradimento! Una sorta di rinnovato 25 Luglio e reagimmo subito, con la costituzione ad opera di Pino Rauti della componente che si chiamò “Linea Futura”: un grande crogiuolo di tradizione, ma anche di forte attenzione ai temi emergenti della tutela dell’ambiente, della crisi demografica, della immigrazione, della cultura (Campi Hobbit), di attenzione alla geopolitica e a tutti i fenomeni sociali più rilevanti cui  “Linea Futura” volle guardare, forse per la prima volta, con profondità di analisi ed elaborando tesi e proposte innovative e lungimiranti. Non avevamo strutture e mezzi qui a Napoli e ci guardammo intorno. Avevamo conosciuto da poco un neo Consigliere Comunale del MSI, Antonio Parlato figlio di Vincenzo che era stato Consigliere Provinciale della Fiamma sul finire degli anni 50. Con Silvio Geria e Valerio De Martino ci recammo al suo studio legale (Antonio era un valente Avvocato Marittimista) gli parlammo di Linea Futura e cercammo di convincerlo a capeggiare , a Napoli, la corrente di Pino Rauti. Antonio, dopo qualche approfondita riflessione ed acquisite ma, soprattutto, condivise con entusiasmo le tesi del documento fondativo della corrente Rautiana, aderì al progetto e da quel momento, ininterrottamente per vent’anni, fu il nostro punto di riferimento locale ma anche nazionale, entrando a pieno titolo a far parte del vertice della componente di “Linea Futura”, alla quale conferì una metodologia di lavoro e di analisi molto profonda e innovativa, oltre ad un attivismo operativo di gran lunga superiore a quello cui eravamo abituati e quello che, ciascuno di noi,  era in grado di esprimere. Antonio era una vera e propria forza della natura. Aveva una capacità di lavoro assolutamente eccezionale. Non c’era argomento, disciplina, attività culturale che egli non volesse o sapesse approfondire. Prova ne siano i numerosi libri scritti da Parlato, che ci ha lasciato su temi tanto diversi tra loro: da Federico II  a Flavio Gioia e la sua bussola, dalle ceramiche della Real Casa, a sua Maestà il Baccalà e tanti altri. La sua attività frenetica e poliedrica iniziava molto presto al mattino e si chiudeva a tarda notte. Ogni cosa era frutto di approfondite riflessioni, di studi, di incontri e confronti che duravano ore. Antonio ascoltava tutti i Camerati chiamati al suo studio legale, (ormai trascurato per lasciare spazio alle sempre crescenti attività politiche)  con ritualità e notevole frequenza. Poi si arrivava alla fase finale della sintesi con l’elaborazione della proposta, della tesi, del documento in discussione. Un percorso coinvolgente, collaborativo che arricchiva tutti e rendeva tutti partecipi di ogni scelta. Per questo motivo, quei giovani studenti o professionisti o semplici iscritti del MSI che collaborarono in quella stagione con Antonio, frequentando il suo studio del Rione Sirignano, e tra questi Mimmo, Luciano, Marcello, Roberto, Amilcare, Arturo, Franco, Sergio, Carlo, Andrea, Lidio, Giovanni e tantissimi altri, credo che abbiano trascorso e speso, con grande passione politica, i migliori anni della propria vita. Oggi resta il ricordo di una stagione esaltante ed irripetibile.

Vincemmo il Congresso Provinciale del MSI ed Antonio Parlato divenne il Segretario Provinciale del Partito a Napoli. Il documento programmatico scritto da Antonio si chiamò F 77 che conserva tutt’ora la sua validità di un partito, pesante e presente, nella realtà della vita dell’essere Comunità. F 77  fu il principale motore politico di opposizione e di progetto alternativo all’interno della Città e della sua area metropolitana. Il meglio delle esperienze, delle personalità, delle risorse del nostro mondo umano e politico, chiamato a raccolta per mettere in campo un’altra visione di Città, che come ripeteva Antonio, doveva saper leggere il territorio e le sue vocazioni naturali, per elaborare una progetto e delineare una strategia per la comunità locale. Il punto massimo fu “Napoli Capitale” (Progetto a 5 dimensioni) alla cui stesura collaborarono Antonio Rastrelli e Sergio Vizioli.

Antonio fu eletto Deputato nel 1979, in una competizione elettorale che cancellò di colpo l’intero gruppo di “Democrazia Nazionale”che aveva a Napoli quattro Deputati e tre senatori. Gli elettori del Movimento Sociale Italiano a Napoli, cancellarono ogni traccia di questi ex parlamentari, superando brillantemente la scissione subita e rielessero quattro Deputati e tre Senatori, in una battaglia elettorale che Almirante venne personalmente a  condurre, scegliendo la nostra città come sua personale residenza per diversi anni. Parlato ne fu il suo braccio destro e noi tutti fummo, con tutto il partito, gli entusiasti artefici della riscossa contro il tradimento.

Decine di migliaia di interrogazioni parlamentari, interpellanze, mozioni, documenti, ordini del giorno, Proposte di Legge, confronti parlamentari, congressi, furono il frutto di una attività fervente e inesauribile, appassionata e dirompente che incise profondamente in un partito che, fino a quel momento, coltivava le sue memorie storiche ma era presente nella realtà del tempo, nelle esigenze e istanze che, dal corpo sociale, venivano fuori a getto continuo. In quegli anni furono molte centinaia gli Ordini del Giorno su tutti i temi approvati dal Consiglio Comunale di Napoli. Analogamente alla Camera dei Deputati, le interrogazioni parlamentari presentate da Antonio furono strumenti decisivi di battaglia politica anche per tantissimi rappresentanti del partito negli Enti Locali che, nelle loro battaglie politiche sul territorio, individuavano i punti di attacco che Parlato trasformava in azione di Sindacato Ispettivo e che promossero decine di inchieste della Magistratura Contabile e di quella Penale. Noi tutti imparammo a far politica nel corpo vivo della comunità nazionale e locale. Il “metodo Parlato” divenne ben presto una scuola che fece crescere il Movimento in tutta Italia.

Cessato dopo cinque Legislature il suo impegno Parlamentare, Antonio Parlato ebbe incarichi di alto profilo, su nomina del Governo, all’INAIL prima e poi all’IPSEMA, ove portò idee e visioni, frutto della sua cultura nazionalpopolare in stretta correlazione alle radici del suo impegno culturale, bilancio etico e bilancio sociale,valorizzazione dei rapporti con le componenti sociali e sindacali.

Mi chiamò un giorno con una scusa. In realtà sapeva di avere ancora pochi giorni. Con i suoi consueti modi garbati da gran Gentiluomo Napoletano, mi parlò sorridendo del suo ultimo impegno editoriale. In realtà, ebbi la sensazione che volesse salutarmi per l’ultima volta. Ci penso ancora a quell’incontro e sempre con la stessa struggente emozione.  Ciao Antonio, grazie per tutto quello che hai fatto per noi e per l’Idea che vive e getta sempre nuovi germogli anche grazie a te!

Ora basta. La misura é colma !!

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Profughi a bordo della Fregata Euro impegnata nell'operazione Mare Nostrum (sullo sfonfo la fregata Virgilio Fasan), Mar Mediterraneo Meridionale, 30 Agosto 2014. ANSA/GIUSEPPE LAMI

Ci siamo chiusi in casa tre mesi, abbiamo accettato l’elemosina da 600 Euro, abbiamo penato per il diritto alla Cassa Integrazione e c’é ancora chi aspetta. Abbiamo abbassato le saracinesche dei nostri negozi, chiuso imprese, abbiamo subito la presa per i fondelli della “potenza di fuoco” e l’umiliazione di sanare un mancato fatturato con i prestiti delle banche come fossimo imprenditori falliti. Abbiamo subito la scarcerazione dei boss, il puzzo della cloaca giudiziaria, le umiliazioni della Unione Europea per aiuti mai arrivati e guinzagli come il MES pronti a scattare. Abbiamo subito il bavaglio per le manifestazioni non gradite, le multe ai commercianti che protestavano per le loro condizioni di oggettiva difficoltà, a chi portava a spasso il cane, a chi passeggiava in solitudine o chi correva da solo  in spiaggia, li avete inseguiti addirittura con gli elicotteri. Abbiamo subito di tutto. Ora minacciate di prolungare questo scenario apocalittico fino a Dicembre perché c’é ancora pericolo. Ma quale pericolo? Quello di perdere la poltrona? Il Covid 19?  Arriva dall’immigrazione incontrollata di cui siete complici. Dagli sbarchi sulle nostre coste, quasi 100 soggetti infetti  in pochi giorni. Più di mille dal solo Bangladesch arrivati con gli aerei senza alcun controllo sanitario, accompagnati da tantissimi positivi al Covid. Altri arrivano a fiumi dalle frontiere dell’Est Europa.

Abbiamo accettato tutto per il bene dell’Italia. Ma non accetteremo altro, perché tutto questo non é il bene dell’Italia. Gli Italiani il loro dovere lo hanno già fatto. E non possono continuare a pagare per i clandestini che voi fate entrare liberamente. Anche  quelli ammalati, che non sappiamo dove ospitare e come assistere.

L’unico “lockdown” che ci sentiamo di condividere, dovrebbero farlo gli Italiani ai vostri Palazzi dorati e impenetrabili !!

I soldati del sole: riflessioni senza tempo di un combattente delle Due Sicilie

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da Edoardo Vitale, direttore della rivista storica “l’Alfiere”, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

 

Il sole splendeva su una terra che, come diceva il grande Giacinto De’ Sivo, era il sorriso del Signore. Le durezze della vita le accettavamo confidando nella Provvidenza. E nelle premure di un Re il cui primo pensiero era la felicità dei suoi popoli.

Da molti anni, però, facevamo un brutto sogno. Stormi di rapaci attaccavano i nostri campi. Gente spietata ci rubava la terra. Persone maligne dicevano male del nostro Re, anche quelle che da lui erano state perdonate e che gli avevano giurato fedeltà.  Disprezzavano la nostra fede, la chiamavano superstizione.

Al risveglio, tornava ad avvolgerci lo splendore della nostra terra e le ombre della notte svanivano. Non completamente, però, perché sapevamo che veramente c’era chi non voleva bene a noi del popolo. Specialmente nei Comuni, trovavano spesso il modo di arricchirsi defraudando i diritti della gente onesta. E poche volte gli incaricati del Re riuscivano a fare giustizia.

Ma non avremmo mai immaginato che tutto quel mondo sarebbe presto scomparso. Quando vedevamo un mare di popolo entusiasta e di soldati in splendida uniforme salutare il re in Largo di Palazzo , quando la bianca bandiera gigliata sventolava fiera su un nuovo vascello varato a Castellammare ringraziavamo Dio per la sorte di averci fatto vivere in un paese così bello e rispettato.

Eravamo convinti che questa meravigliosa sintonia fra Re e popolo ci avrebbe accompagnato per molte generazioni.

Invece, in un mattino di maggio di 160 anni fa, l’incubo vero lo vivemmo appena aprimmo gli occhi.

La nostra terra calpestata da gente straniera che parlava un’altra lingua e che ci disprezzava. Il nostro Re e Padre scacciato dal Regno. I nostri nemici di sempre in trionfo insieme con gli invasori. Calunnie, inganni e menzogne usate come arma di sopraffazione.

Abbiamo allora reagito. E anche quando dalle autorità ci giungevano segnali deboli e ambigui, il nostro dovere lo abbiamo fatto. Con la divisa o senza, abbiamo preso le armi per difendere la nostra Fede, il nostro Re, la nostra Patria, la nostra Terra, il nostro Futuro, la nostra Dignità. A Gaeta, a Messina, a Civitella, a Melfi, a Tagliacozzo,  a Palermo e in mille altri luoghi il valore dei Napolitani e dei Siciliani si è visto.

Chi non era in grado di combattere, aiutava come poteva. Abbiamo resistito almeno dieci anni, contro un’armata di almeno 120 uomini, più 80.000 rinnegati della Guardia Nazionale, e un numero imprecisato di mercenari esteri. Non sono mancati nemmeno i cacciatori di taglie.

Fu la nostra Catasfrofe, quella che stiamo pagando ancora oggi.

Come fu possibile che non ci si rendesse conto della cascata vertiginosa che ci aspettava dietro la curva del fiume della storia, apparentemente placido e lento? Nessuno seppe vedere, o interpretare, certi ruggiti sinistri delle acque, nessuno ebbe un udito così acuto da immaginare la voragine che stava per inghiottire  nostri popoli? Forse qualcuno capì, ma quando ormai era tutto perduto, fuorché l’onore.

Aveva fatto eccezione il Principe di Canosa, qualche decennio prima, ma erano state le stesse potenze conservatrici, a loro volta votate al suicidio, a imporne la cacciata.

Al terribile disastro del 1860, seguirono i mostruosi flagelli del massacro collettivo legalizzato, della pulizia etnica, della desertificazione produttiva, dell’emigrazione forzata, della piemontesizzazione amministrativa sfrenata e cieca, dell’osceno furto delle risorse del Regno. Si potrebbe continuare a lungo, finendo, però, con il peggiore dei mali, la distruzione del nostro senso di appartenenza a una comunità.

Accade così, che quanti di noi, senza essere soldati di professione, combatterono contro gli invasori di allora, vengano calunniati, sottovalutati, rinnegati, ancora oggi, proprio da coloro, per la cui dignità si batterono.

Il brigantaggio è tema cruciale perché fu la reazione di un popolo, non la condotta di chi aveva l’obbligo professionale di battersi. Mentre l’ammirazione per una antica dinastia ha scarse ripercussioni politiche, presentandosi fatalmente come inattuale (a maggior ragione quando i loro attuali esponenti declinano ogni rappresentatività di popolo), le insorgenze popolari, se ben raccontate, possono suscitare sentimenti di identificazione nei loro protagonisti: quindi spingere un popolo a riacquistare coscienza di sé, a riprendere in mano il proprio destino.

Quindi, per i nostri avversari, è indispensabile minimizzare quella insorgenza, impedire ogni forma di immedesimazione. E lo si fa obbedendo all’imposizione risorgimentale di considerare i cosiddetti Briganti, ossia i guerriglieri delle Due Sicilie, come gente scarsamente umana posseduta da credenze superate, di costumi rozzi e indole violenta, pertanto giustamente spazzata via dalla storia. La cosa comprensibile, ma inaccettabile, è che questa imposizione venga supinamente accettata proprio dai Napolitani e dai Siciliani di oggi, discendenti di quei guerriglieri che si batterono anche per la loro dignità.

Per questo bisogna ridare umanità a quei nostri fratelli, “colorare” quelle vecchie fotografie, non per alterare la realtà, ma, al contrario, per rendere più autentica e piena la nostra comprensione di quanto è realmente accaduto in quegli anni; terribili, ma migliori di questi: perché almeno si poteva morire da uomini liberi.

Sono passati 160, assurdi anni, da quando ci svegliammo nella gabbia del colonialismo. La nostra reazione alla sconfitta avrebbe dovuto essere quella di capire, capire, capire. Come può accadere che un Regno forte e amato dai suoi popoli venga annichilito in un batter d’occhio e poi (quasi) cancellato dalla coscienza di chi avrebbe dovuto continuare a viverci?

Abbiamo perso anni interminabili, decenni grigi in cui i nostri pensieri sono stati schiacciati o azzoppati; e quando osavano camminare lo facevano nei solchi angusti tracciati dai padroni delle notizie e delle accademie, gente la cui confidenza con la menzogna è proverbiale (pochi giorni prima di invadere con le sue truppe le Due Sicilie, Vittorio Emanuele II rassicurava Francesco II di essere solidale con lui).

Ci hanno convinto delle loro falsità, ci hanno resi complici di un’enorme delitto: la cancellazione della memoria di tanti coraggiosi, la negazione del loro sacrificio, la calunnia infame su chi non si poteva difendere, l’offesa continua e istituzionalizzata contro tutti gli abitanti delle Due Sicilie, assurta al razzismo di stato di un Cesare Lombroso.

Per più di un secolo quasi tutti si sono imposti di dimenticare o hanno finto di farlo. Hanno perso la guerra delle parole, anzi hanno rinunciato a combatterla, rifugiandosi spesso nel silenzio. Quando, per l’opera audace e ostinata di pochi, molte verità hanno cominciato ad affiorare, sembrava giunto il momento di prendere l’iniziativa, ma la riscossa non è partita.

Perché? Anche questa è una domanda a cui dobbiamo dare una risposta. Che poi è forse la stessa per entrambi i quesiti.

Perché abbiamo adoperato le categorie mentali e ideologiche di chi ha interesse a che il Sud resti una colonia di sfruttamento. Le loro scale di valori. Abbiamo assecondato ogni sorta di pregiudizio, senza capire che se si è uomini liberi, bisogna esserlo su qualunque argomento, e a 360 gradi. Abbiamo voluto strizzare l’occhio a ogni sorta di interlocutore, facendo citazioni scelte fra gli autori graditi al pensiero dominante. Abbiamo limitato i nostri studi e i nostri interessi al periodo borbonico e al territorio delle Due Sicilie, accreditando l’idea che uomini e donne del Sud non debbano seguire ciò che succede nel mondo e in Italia e non debbano conoscere tutta la propria – gloriosa ed entusiasmante – storia. Insomma, abbiamo chinato il capo per indossare il giogo della subordinazione. L’eterno giogo dei “meridionali”: non disturbare il manovratore.

Quasi inebriandoci dell’abiezione in cui vogliono vederci sguazzare, abbiamo preso il vezzo di adoperare per noi stessi i vergognosi termini con cui si suole designarci al nord. Si stampano libri e magliette in cui si “sdogana” l’orribile appellativo di “terrone”, che ha procurato sofferenze e accompagnato l’emarginazione di generazioni di nostri compatrioti. Alcuni arrivano ad autodefinirsi “sudici”. Una presunta autoironia che suscita solo compatimento e dileggio.

Continuiamo ad assecondare i pregiudizi altrui, specie “nordici”, rappresentandoci come sguaiati mattacchioni, incapaci di serietà e dignità. Dimenticando che per millenni abbiamo navigato nella grandezza, impossibile senza queste qualità. Dice giustamente il filosofo Aldo Masullo che, anziché rappresentarci, faremmo bene a “presentarci”. Ma abbiamo perso il ricordo di quello che siamo.

Per  rincorrere un briciolo di visibilità, concediamo credito a chi trova spazio sui mezzi di informazione. Spazio che gli viene concesso solo in quanto funzionale ai disegni del potere. E magari  paghiamo uno squallido gettone a “professionisti del meridionalismo”, laddove una comunità di gente vera dovrebbe prendere le distanze da chi difende una causa facendosi pagare.

Quanto tempo è passato da quando difendevamo con fierezza e abnegazione la libertà della nostra Patria! E quanto ne abbiamo perso! Oggi però su parecchie cose importanti cominciamo ad avere le idee chiare.

La nostra libertà è finita perché abbiamo lasciato prevalere le forze anticomunitarie, i ceti parassitari nemici del popolo e delle sue tradizioni, che hanno sfruttato l’assolutismo come ariete per abbattere le difese della società tradizionale. Perché in nome di un malinteso paternalismo bonario, i Borbone prima diedero spazio a settari e speculatori, poi, dopo che questi li tradirono nel peggiore dei modi, non solo li perdonarono, ma in molti casi li collocarono nei gangli più importanti dell’amministrazione civile e militare, da dove costoro ordirono con meticolosità piemontese il piano per spodestare il Sovrano e azzerare i diritti del popolo, di cui questi era  garante. Un “partito tradizionalista”, di cui Canosa avrebbe potuto essere il vertice naturale, fu stroncato sul nascere, e si cominciò già allora a “giocare di rimessa”, lasciando l’iniziativa ai molti e potenti nemici delle Due Sicilie.

Allora, per uscire dalla grotta profonda, angusta e buia in cui ci siamo cacciati, la strada è una sola. Addestrare un nuovo militante napolitano e siciliano. Serio e determinato, cauto e risoluto, paziente e coraggioso. Che sappia difendere la tradizione evitando tutte le trappole del Pensiero Unico. Che sia preciso nelle analisi e intransigente nelle conclusioni. Che sappia individuare i tragici e insidiosi errori, nostri e altrui, legati soprattutto alle ideologie nate dalla rivoluzione francese; senza superbia, ma con la semplicità e il buon senso di chi vuole tornare a un mondo a misura d’uomo. Che sappia comprendere le ragioni di tutti senza cedere alla rabbia, ma senza mai deflettere dal suo obiettivo. Che sappia ricreare quello spirito comunitario, contro cui operano tutte quelle forze che vogliono ridurre la bellezza delle diversità a un unico, grigio ammasso di schiavi, da manipolare e sfruttare. Che sappia trovare e stimolare, nel mondo, quelle solidarietà e quelle alleanze che possano sbarrare la strada ai nemici di tutti i popoli. Che sia una roccia per tutti quelli che vacillano per insicurezza o per debolezza, per coloro che soffrono e hanno l’urgenza di ridare senso alla loro vita.

Quello di cui abbiamo bisogno sono i soldati che non abbiamo mai avuto. Addestrati nel segno dell’amore, perché l’odio non appartiene al retaggio dei nostri padri. Sereni e dignitosi, rispettosi e delicati, severi con sé stessi prima che con gli altri, esempio per tutti. Lontani dal fanatismo e dal settarismo, dal conformismo e dall’opportunismo. Inclassificabili per i moderni sistemi di controllo, che devono saper eludere quando occorre.

Soldati del sole, insomma, perché dalla forza e dalla chiarezza dell’astro che rende splendenti le nostre terre traggono ispirazione per la loro condotta di vita. Soldati del sole, perché i loro cuori non aspettano altro che l’alba del giorno in cui il sole rivedrà la nostra Patria radiosa di gioia e di libertà.

Dimezzati gli stipendi ai medici del 118 : Nuovi disservizi nelle ASL della Campania.

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“Nonostante le botte che hai preso, hai sempre una buona cera” recitava un vecchio spot pubblicitario degli anni 60. E’ proprio il caso di rispolverare dalla soffitta questo famoso slogan di Carosello per inquadrare quanto sta accadendo in Campania ai medici del 118. Si, proprio quelli che prendono botte da orbi durante il loro servizio e vengono proditoriamente aggrediti dai soliti criminali in attesa di sceneggiate nei pronto soccorso dei nostri ospedali o anche, quelli che, in periodo di Covid 19, hanno lavorato duro e a rischio della propria salute (ricordate le lunghissime settimane in cui gli operatori del 118 hanno lavorato senza presidi sanitari di sicurezza individuale anti contagio perchè le ASL ne erano assolutamente privi) per trasferire pazienti infetti dalle proprie abitazioni ai luoghi di cura e quant’altro si rendesse necessario compiere per motivi di emergenza sanitaria. I medici del 118, cui da più parti si erano elevati commenti lusinghieri ed entusiastici per l’azione svolta con professionalità, umanità non comune e spirito di abnegazione. Gli stessi medici che, al pari dei loro colleghi impegnati nei reparti Covid di tutta Italia, avevano “guadagnato” l’appellativo di Eroi,  tributato loro dalle Istituzioni, sino ai comuni cittadini riconoscenti. Bene, proprio a questi professionisti del primo soccorso, l’ASL na 1 ha bloccato la indennità di Euro 5,16 oraria, erogata per contratto dal 2005. A conti fatti, circa 850 Euro mensili di taglio della retribuzione a partire dalla busta paga in pagamento a fine Luglio. E un robusto recupero da effettuare ancora sulle retribuzioni per i periodi pregressi di erogazione di questa indennità oraria, ritenuta dai burocrati dell’ASL non spettante!

Ma cosa é accaduto, vi domanderete?

Il solito pasticcio burocratico, condito di strafottenza di gestione della sanità in Regione Campania:

Il contratto di lavoro per i medici del 118 é scaduto da tempo e non si é ancora messo mano al suo rinnovo. Si applica, per analogia (ma non é proprio un criterio trasparente), il contratto dei medici di Medicina Generale del 2005, il quale riassorbì tutti i bonus precedentemente in godimento. Nel frattempo l’ASL si accorge  (solo ora) che questi bonus sono illegittimi e che, tra l’altro, vanno recuperate le cifre sin ora erogate. Nonostante questo contratto di Medicina Generale sia cosa ben distinta dal Contratto dei Medici del 118, tanto in termini economici, quanto sotto gli aspetti giuridici. E i “Soccorritori” o gli “Angeli del Soccorso”, nel frattempo divenuti Eroi nazionali, rimangono al palo. O per meglio dire, gli decurtano pure lo stipendio!!

Forse Il Presidente De Luca e i suoi fidi Direttori Generali delle ASL Campane sono troppo impegnati nella campagna elettorale per le elezioni regionali del prossimo autunno ?? O forse sono troppo indaffarati (molti di loro) a trovar pezze d’appoggio e giustificazioni plausibili per gli acquisti avventati dei reparti prefabbricati anti covid, montati in tutta fretta nei parcheggi auto degli Ospedali di Napoli, Caserta e Salerno e mai entrati in funzione perché carenti delle necessarie abilitazioni tecnico-amministrative, collaudi e forniture di presidi salvavita?? Noi non sappiamo………! Quel che invece ci consta e che ci preoccupa non poco é che il già precario funzionamento del Servizio 118 nella nostra regione ( per carenze strutturali, carenze di organico e di presidi sanitari salvavita, non ultimi le ambulanze di rianimazione) che poteva annoverare solo pochi medici, ma profondamente innamorati ed entusiasti della propria missione  di operatori di Primo Soccorso, oggi rischia concretamente di perdere anche quei pochi professionisti motivati, in fuga verso altre attività o specializzazioni sanitarie, sicuramente più tranquille e remunerative. Per non parlare, addirittura, del rischio concreto di perdere questi “Eroi” oltre i confini del nostro Paese.

Nel frattempo siamo certi che della problematica di questi medici del nostro Servizio Sanitario Nazionale e del prezioso e indispensabile lavoro svolto ogni giorno da questi professionisti, con zelo e senza risparmio di energie, la Regione Campania e i vertici delle ASL si occuperanno in occasione della prossima “Emergenza Sanitaria” !!

L’ASL na 1 sempre più sotto i riflettori: La Corte dei Conti indaga sui pagamenti ai centri convenzionati nei mesi del Covid 19

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Asl na 1 senza pace. Continua “l’interesse” della Magistratura sulle attività poste in essere dai vertici aziendali e dall’Assessorato Regionale alla Sanità, in ordine alla gestione della più grande azienda sanitaria d’Europa in epoca di pandemia da Coronavirus.

Questa volta é la Corte dei Conti che vuol vederci chiaro in materia di pagamenti e anticipazioni ai “Centri Riabilitativi Accreditati” nei mesi di blocco delle attività assistenziali causati dall’emergenza Covid 19, con attività sanitarie sostitutive erogate da remoto : la cosiddetta telemedicina e teleassistenza. Tale procedura configura una ridotta erogazione di prestazioni sanitarie agli utenti, che spesso é coincisa con un numero di addetti al lavoro ridotto rispetto alle attività assistenziali ordinarie. In buona sostanza, la Corte dei Conti vuole accertare se ci sia stato Danno Erariale in danno dell’Azienda Sanitaria, nella presunta liquidazione di fatture di pagamento per le prestazioni sanitarie dei Centri di Riabilitazione, relative ai mesi di massima emergenza Covid, senza tener conto che si trattasse di prestazioni parziali, o comunque diverse, liquidabili  pertanto in riduzione percentuale delle prestazioni effettivamente erogate.

Un accertamento piuttosto delicato e complesso che é stato affidato dalla Corte dei Conti ai Militari della Guardia di Finanza, specialisti nelle indagini economico-finanziarie. Indagine che si affianca a quella già disposta alcune settimane or sono dalla Procura della Repubblica di Napoli in ordine all’accordo della Regione Campania, sulle prestazioni effettuate dalle Case di Cura convenzionate con il S.S.Regionale, nel corso dell’emergenza Covid.

Napoli crocevia della protesta : Gli Edili dell’ATC in piazza per sbloccare le gare d’appalto e rilanciare l’edilizia.

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Sbloccare le gare d’appalto delle opere pubbliche ferme da anni nonostante i cospicui finanziamenti già destinati ma non erogati;  fornire informative certe su bonus e super bonus per i lavori di efficientamento energetico previsti dal Governo, ma ancora sostanzialmente inefficaci per l’eccessiva burocrazia e le valutazioni contrastanti e contraddittorie delle forze politiche di maggioranza, in ordine alla applicabilità della normativa e gli effettivi destinatari dei benefici di legge; pagamento di tutte le fatture insolute per interventi edilizi effettuati dalle imprese e ancora non liquidate dagli Enti Pubblici beneficiari delle opere; attivazione di misure urgenti di sostegno al comparto dell’Edilizia, già gravemente in crisi da diversi anni e ormai raso al suolo dall’epidemia di Covid 19.

Settore produttivo, al contrario di enorme valore e , da sempre, volano dell’economia nazionale. Ma tristemente sottovalutato e abbandonato, tra il disinteresse più completo delle forze politiche governative.

Queste, in estrema sintesi, le proteste e le richieste di tecnici, imprenditori e maestranze del settore edilizio in crisi profonda e con scarse possibilità di ripresa in mancanza di interventi drastici ed immediati di natura strutturali.

Oltre 300 lavoratori che hanno pacificamente “invaso” Piazza del Plebiscito in Napoli, ieri mattina, in attesa di essere ricevuti dal Prefetto, per esporre le gravi difficoltà in cui versano imprese e lavoratori del comparto dell’edilizia.

“Abbiamo registrato un calo del fatturato delle aziende edili di oltre il 40 per cento rispetto all’anno precedente” – dichiara il Presidente di ATC (Associazione Tecnici e Costruttori) Rosario Ricciardi – che aggiunge ” le aziende sono allo stremo e gli addetti, senza lavoro da mesi, sono destinati a provvedimenti di licenziamento. Così come le imprese edili sono destinate al fallimento”. Gli fa eco l’Architetto Luca Perla che con tantissimi manifestanti presenti in Piazza del Plebiscito ha organizzato il sit-in di protesta con i caschetti bianchi degli edili allineati sul selciato della piazza pedonalizzata, in segno di “resa incondizionata” di un settore strategico e trainante della nostra economia. – “Ci hanno bloccati letteralmente. Non possiamo più ripartire ne lavorare. Anche nell’edilizia privata é tutto fermo. Con l’annuncio governativo degli ecobonus é diventato tutto ancor più difficile. E’ Tutto bloccato. Mancano le informazioni sulla applicabilità dei benefici. Non si conoscono i beneficiari del provvedimento ne le opere ammesse allo sgravio fiscale. Ma neppure l’entità degli sgravi. Chi parla del 50 % chi del 100% e, soprattutto, chi effettua i lavori e a carico di chi devono essere caricati finanziariamente questi interventi di adeguamento strutturale per il risparmio energetico dei fabbricati”

–  conclude con aria rassegnata l’Architetto Perla –

Per trarne una rapida ma aderente conclusione, potremmo dire: Ecobonus, un’altra chimera del governo giallo rosso !!!

Non si lascia scappare chi ama questa città e la sua squadra!

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E’ Domenica pomeriggio. Gli azzurri si preparano alla partita clou della giornata calcistica. Quel Napoli-Milan che in altri tempi significava scudetti e campioni, stadi stracolmi, incassi miliardari. Ma anche quest’anno, malgrado lo sconvolgimento del Covid e il rischio concreto che il Campionato non potesse concludersi regolarmente, questa partita il suo fascino e la sua importanza la ha eccome. Chi vince si assicura il momentaneo 5 posto in campionato. E alla luce di quanto é accaduto sin ora, é pur sempre qualcosa! Ma mentre i calciatori  si concentrano sulla gara, c’é qualcuno che lancia messaggi Urbi et Orbi per far comprendere a chi deve, che qui a Napoli sta troppo bene. Gioca in una squadra in cui crede e con la quale gradirebbe aggiudicarsi altri e ancor più prestigiosi trofei. Purché si riconosca, come il mondo intero del calcio da tempo riconosce, che Kalidou Koulibali é il centrale difensivo più forte del mondo. E come tale va anche adeguato il suo ingaggio in maniera più consistente. Almeno pari al valore che in campo il Senegalese dimostra di avere. Ma lasciamo a parte ingaggi e contratti, clausole e premi partita e soffermiamoci sul desiderio del centrale africano di rimanere nella nostra città. E pensiamo per un attimo a quanti calciatori in passato hanno rifiutato la piazza  prestigiosa di Napoli e del Napoli. E allora, per una volta, pensiamo che quel messaggio affidato alla stampa sia un vero e proprio messaggio d’amore per questa squadra e per Napoli intera. Non si lascia scappare chi ama questa città e la sua squadra di calcio !!

Di Maio studia da premier e prende lezioni da Draghi.

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Da quando l’Agenzia di Stampa Adn Kronos ha battuto la notizia dell’incontro segreto tra Di Maio e Draghi lo scorso 24 Giugno, le fibrillazioni nei palazzi romani della politica (e non soltanto romani) sono sempre più forti e “palpitanti”.

C’é chi grida al complotto; chi già avverte aria di crisi di governo; chi dichiara seccato che Draghi sarà prontamente “respinto” con tutto il suo bagaglio di interessi oscuri; chi, ancora, vede in  Di Maio un lucido e cinico “guastatore” dell’attuale maggioranza o parte di essa, allo scopo di rimescolare le carte e di proporsi quale erede designato, con tanto di padrino autorevole, per la formazione di un nuovo governo, magari in autunno.

Cosa non fantascientifica con una guida spirituale e politica come Mario Draghi, considerato dal Quirinale l’uomo della Provvidenza.

Ancora un tecnico che arriva di soppiatto dai Palazzi della Finanza Internazionale, pronto a riesumare le stantie e inaffidabili politiche delle “Lacrime e Sangue” tristemente note agli italiani ma fin troppo gradite alla sinistra nostrana.

Come e quando conosceremo gli sviluppi di questo incontro così segreto da far chiacchierare e terrorizzare gran parte del mondo politico nazionale?

Basterà andarsene al mare in Agosto, votare per le elezioni regionali in Settembre (se non ci saranno altri problemi nel frattempo) e, in piena vendemmia in ottobre, conosceremo il verdetto sulla permanenza di Conte a Palazzo Chigi.

Sempre che qualcuno non gridi all’attentato alla Costituzione poiché Conte, nel frattempo, si é blindato e  dunque messo al  riparo con la proroga al 31 Dicembre dello Stato di Emergenza Nazionale. Ma questo elemento é forse sfuggito al duo Di Maio-Draghi, nei panni del gatto e la volpe??

Successi su successi del governo Conte: L’Italia precipita all’ultimo posto tra i paesi più industrializzati del mondo!

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Con i dati diffusi lo scorso 7 Luglio dalla Commissione Europea, si apprende che il “Bel Paese” é precipitato, in poco più di due settimane, al 42esimo posto (su 42 totali) tra i paesi più industrializzati del mondo in termini di “Performance” del PIL (il prodotto interno Lordo).

Con un 11,2 per cento registrato nel corso di questi primi 7 mesi dell’anno, l’Italia é dunque il fanalino di coda nel mondo in termini di crescita economica; benessere della collettività nazionale e ricchezza delle famiglie; livello di sviluppo dell’economia di un dato paese e valore dei prodotti e servizi sviluppati e posti in essere entro i confini nazionali. Questo, in estrema sintesi,  il significato del termine economico PIL. E questo é lo stato dell’arte delle “condizioni di salute” economico-sociali del nostro Paese, in un momento particolarmente tragico della nostra storia recente.

Un bel successo, non c’é che dire! Un risultato che possiamo senza timori di smentite attribuire senz’altro al nostro immarcescibile Presidente del Consiglio e alla sua armata Brancaleone governativa, che é più attento a tenersi stretti i poteri speciali che gli derivano dalla dichiarazione di Stato di Emergenza del Paese, prossimi alla proroga sino a Dicembre 2020, (salvo parere contrario del Parlamento……) piuttosto che adoperarsi concretamente (ove ne fosse davvero capace) per attivare politiche di sostegno e rilancio effettivo della economia nazionale, mai così depressa e annichilita dall’ultimo dopoguerra.

Minacce pubbliche a Giorgia Meloni : Un episodio gravissimo di incitazione alla violenza!!

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L’incitazione alla violenza compiuta a mezzo stampa da quel manipolo di “derelitti” o aspiranti terroristi che scrivono sul quotidiano a diffusione nazionale più vicino alle posizioni del Presidente del Consiglio (pro-tempore) é assolutamente palese e scellerata. Per non dire addirittura criminale nella forma, quanto nella sostanza delle dichiarazioni espresse e dei drammatici e macabri riferimenti storici utilizzati.

Tutti ormai conoscono il contenuto di quell’articolo e non é proprio il caso di parlarne ancora o, peggio , di commentare le follie farneticanti espresse, per non dare ulteriore visibilità al pericoloso decerebrato che le ha scritte.

Quello che, al contrario, ci interessa e che fortemente auspichiamo é piuttosto una ferma e inequivocabile presa di posizione da parte dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti per sanzionare l’autore del pezzo e la testata giornalistica che lo ha pubblicato.

E ci interessa altrettanto fortemente di poter leggere o ascoltare dichiarazioni pubbliche di condanna dell’accaduto da parte delle più alte cariche dello Stato.

Verificheremo giornalisticamente e puntualmente le eventuali azioni giudiziarie per le ipotesi di reato di Istigazione alla violenza che, l’Obbligatorietà dell’Azione Penale dovrebbe “suggerire” a qualche solerte magistrato di intraprendere.

A Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia e a tutti i liberi iscritti di questo giovane Partito, esprimiamo la solidarietà più autentica e partecipata a nome della Redazione  del quotidiano Campo Sud.