domenica, Gennaio 12, 2025
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Campo Sud intervista Guido Trombetti – II parte

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Quale eredità pensa che De Magistris lascerà alla città dopo 10 anni di governo?

Il dibattito intorno alla successione a De Magistris è ormai entrato nel pieno della discussione. E francamente più che guardare alle spalle mi sembra utile guardare avanti. Penso da un lato che siano utili momenti di elaborazione teorica. Occorre studiare azioni strutturate che puntino alla modifica dei comportamenti. E ciò non  si può ridurre alla applicazione di prassi quotidiane senza una visione  coerente. Mi piacerebbe molto però, come ho già scritto ,  che si pervenisse anche ad un manifesto  “delle cose”. In ordine: quali sono le cose da fare, chi le fa, come le fa. Quindi non enunciati astratti , ma elenco di “cose” che riguardino l’impegno di tutti: i politici, gli amministratori, gli imprenditori, i dirigenti di enti pubblici, i presidi di istituti scolastici, i vigili urbani, i rettori, i maestri elementari…Costruire insomma una sorta di catalogo di “cose”  sulle quali si impegnino innanzitutto i promotori. Addirittura si potrebbe chiedere ad ognuno di indicare un’azione, piccola o grande che sia non ha importanza, sulla cui realizzazione si impegna. Classificare tali impegni. Creare una sorta di cronoprogramma. A distanza di un opportuno lasso di tempo, per esempio un anno, operare una specie di valutazione. Verificare, cioè, cosa è stato fatto, cosa è in itinere, quali sono le difficoltà, quali gli impedimenti. In embrione è il metodo che si usa nelle aziende per migliorare i processi di qualità. Ed è anche istruttivo impegnarsi a fare, avendo delle scadenze non burocratiche ma, in un certo senso, etiche. Sapendo che si sarà soggetti ad una valutazione. Tutto ciò potrebbe avere una valenza non solo pratica ma anche educativa. Spingere ad assumere un “atteggiamento straordinario” per affrontare tempi straordinari. Perché la pandemia non scomparirà dall’oggi al domani. E la sua eredità lascerà strascichi molto seri .

Una comunità vive innanzitutto di processi educativi. E poi di regole, autorità, sanzioni. Credo  che prima di provvedimenti straordinari occorra un atteggiamento straordinario. Un atteggiamento straordinario da parte di politici e comuni cittadini, scuole, università ed associazioni di volontariato, intellettuali, professionisti, imprenditori. Che ponga il problema del progresso della città  al di sopra della tristezza della polemica politica spicciola, a favore di un lavoro comune e di lungo termine. Nessuno si illuda di scaricare tutte le responsabilità sulla politica. In passato al fianco della politica (e delle sezioni dei partiti) lavoravano la scuola, le parrocchie, le associazioni sportive, i cineforum, la famiglia. Oggi…. Il primo obiettivo di un atteggiamento straordinario è che si faccia (meglio) l’ordinario. I vigili elevino le multe. I professori insegnino. Gli spazzini spazzino. Gli amministratori amministrino…….

Che idea ha dello sviluppo?

Su questo versante la prendo da lontano per poi fare un esempio locale. Ciò poiché il tema dello sviluppo non può essere ridotto ad una dimensione locale.

Ma deve avere innanzitutto una collocazione dentro una visione.

Sfogliando gli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini ho ultimamente riletto il saggio Sviluppo e Progresso. E mi è sembrato nei suoi elementi fondanti di straordinaria attualità.

“Ci sono due parole che ritornano frequentemente nei nostri discorsi: anzi, sono le parole chiave dei nostri discorsi. Queste due parole sono «sviluppo» e «progresso». Sono due sinonimi? …Bisogna assolutamente chiarire il senso di queste due parole e il loro rapporto, se vogliamo capirci in una discussione che riguarda molto da vicino la nostra vita anche quotidiana e fisica.

Che cosa si intende per sviluppo? Si intende fondamentalmente crescita economica. Attraverso la produzione di beni anche superflui.

“I consumatori di beni superflui, sono da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente daccordo nel volere lo «sviluppo» (questo «sviluppo»). Per essi significa promozione sociale e liberazione, con conseguente abiura dei valori culturali che avevano loro fornito i modelli di «poveri», di «lavoratori», di «risparmiatori», di «soldati», di «credenti». La «massa» è dunque per lo «sviluppo»: … è portatrice dei nuovi valori del consumo. Ciò non toglie che la sua scelta sia decisiva, trionfalistica e accanita.”

Il progresso si realizza invece quando vi è una crescita della qualità della vita sociale e interiore delle persone. Il progresso ha l’obiettivo di far crescere la qualità di vita degli uomini. Il loro tasso di felicità. Che é poi il fine nobile della politica. Chi vuole il progresso?

“Lo vogliono coloro che non hanno interessi immediati da soddisfare, appunto, attraverso il «progresso»… Il «progresso» è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo «sviluppo» è un fatto pragmatico ed economico. Ora è questa dissociazione che richiede una «sincronia» tra «sviluppo» e «progresso», visto che non è concepibile, a quanto pare, un vero progresso se non si creano le premesse economiche necessarie ad attuarlo.”

Il problema di sincronia è la principale sfida per la politica. Non considerare i cittadini semplici e puri consumatori affamati di sviluppo. Ma persone protese alla ricerca di un più alto tasso di qualità di vita. Non dico che la cosa sia facile. Tutt’altro. Ma non é nemmeno impossibile. E deve essere la direzione in cui operare. Senza abbozzare soluzioni utopistiche.

Per operare nell’ottica del progresso è sufficiente avere una semplice stella polare: l’equità. Nei tempi di crisi, quando lo sviluppo non c’è, equità significa garantire a tutti l’accesso alle risorse esistenti. Nei tempi di sviluppo equità significa investire il surplus nella promozione umana, come ad esempio nella formazione, nella cultura, nella ricerca, nella sicurezza, nella socialità.

Proviamo a fare un piccolo esempio. Oggi la risorsa che fa la differenza tra persone fortunate e sfortunate è l’accesso alla rete internet. Chi ha a disposizione una rete veloce ha più possibilità di sviluppare le proprie capacità. Ricordate la nazionalizzazione dell’energia elettrica? Il fenomeno è analogo. Navigare in rete consente di arrivare a conoscenze altrimenti irraggiungibili. Di intrecciare forme moderne di relazioni sociali altrimenti precluse. Insomma di vivere una socialità ricca e cosmopolita, che arricchisce la propria vita culturale e professionale.

Abolire il digital divide è una questione di equità. Purtroppo i grandi operatori privati non sono interessati a rimuovere questo ostacolo. Perciò la soluzione del problema tocca alla politica. Perciò l’azzeramento, dico azzeramento, del digital divide a Napoli come in Campania è un’operazione che va catalogata come progresso e non come semplice sviluppo. Così come portare la fibra per la banda ultralarga a 100 mega in 119 comuni,  circa il 70% del territorio, non solo anticipa le tendenze nazionali ed europee, una volta tanto, ma è soprattutto una operazione di grande equità. E alla lunga, quando sarà popolata di servizi, sarà il volano di progresso e, ovviamente, di sviluppo.

La “Casa di Vetro” dello Sceriffo De Luca trasformata in servizio igienico.

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Ancora un duro attacco del Presidente dell’Associazione “Campo Sud”, On. Marcello Taglialatela, all’indirizzo del Presidente della Giunta Regionale della Campania per la curiosa e imbarazzante situazione determinatasi sul sito ufficiale della Regione Campania ove, per motivi di “trasparenza” degli atti pubblici prodotti dall’Esecutivo Regionale, non ultime le nomine e gli incarichi conferiti a vario titolo da Assessori e dal Presidente della Giunta Regionale, compare il nome fortemente discutibile di un beneficiato ………. e poi……….scompare!

Ma chi é questo personaggio che entra ed esce dalla cosiddetta “Casa di Vetro” voluta da De Luca per garantire e, soprattutto, ufficializzare l’adozione di atti “legittimi e trasparenti” della sua Amministrazione? Si tratta del Dottor Carmelo Mastursi, Salernitano, vecchia conoscenza della politica regionale,  ex  Responsabile politico dell’Organizzazione del PD Campano, nonché ex Capo della Segreteria Politica del Presidente De Luca a Palazzo Santa Lucia. Il Mastursi, all’indomani dell’elezione di De Luca in regione (in occasione del suo primo mandato nel 2015), rassegnava improvvisamente le sue dimissioni dal ruolo di Coordinatore della Segreteria del Governatore, affermando di non poter reggere il peso di due incarichi politici così impegnativi e complessi. Dimissioni immediatamente accettate e ratificate da De Luca nelle 24 ore successive. In realtà, dopo poche settimane, si veniva a conoscenza di una indagine a carico del Mastursi per tentata corruzione nei confronti di un Magistrato del Tribunale di Napoli, con successiva condanna in primo grado del politico PD salernitano.

Passato qualche anno da quegli accadimenti e “narcotizzate” le coscienze politiche degli attori di quelle imbarazzanti vicissitudini giudiziarie, ecco che si ritorna alla carica per un recupero postumo del Mastursi per ruoli politici probabilmente diversi e forse meno “impegnativi” dei precedenti. Da qui l’entrata e l’uscita repentina dalla “Casa di Vetro” della  contestata e nuova nomina attribuita al Mastursi. Non senza evidenti esitazioni o ripensamenti della Giunta.

Ma torniamo all’autore della polemica. Colui che ha scoperto l’ennesimo, imbarazzante autogol della Giunta De Luca:

D: Onorevole Taglialatela, come é riuscito a “cogliere” il momento della pubblicazione della nomina di Mastursi sul sito della Regione e la repentina sparizione della notizia dalla “Casa di Vetro”?

R: E’ una mia antica abitudine quella di essere sempre attento agli atti della Pubblica Amministrazione. Leggere gli atti, tenermi informato. Una deformazione professionale, diciamo.

D: Cosa ne pensa di questa storia. E’ uno scivolone della Giunta Regionale?

R: No! E’ un atto grave che conferma il totale disinteresse di De Luca per il rispetto delle Leggi e della decenza. La “Casa di Vetro”, grazie al suo Presidente, si trasforma in un servizio igienico che viene usato per occultare le miserie di chi non mostra rispetto dei ruoli istituzionali. De Luca ha il dovere di chiarire se la nomina di Mastursi é stata revocata o semplicemente occultata! La “Casa di Vetro” -incalza Taglialatela-  dovrebbe assicurare la trasparenza degli atti amministrativi ma, al contrario, assistiamo alla comparsa e alla successiva scomparsa di una nomina discutibile di un soggetto già Coordinatore della Segreteria del Governatore della Regione Campania, poi condannato per tentata corruzione nei confronti di un Giudice. Una iniziativa politico-amministrativa  davvero incresciosa, inconcepibile.

 

“Campo Sud Quotidiano” intervista Il Professor Guido Trombetti – (I parte)

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Con questa intervista esclusiva al Professore Guido Trombetti, Rettore Emerito dell’Università “Federico II”, Accademico, Saggista e autore di numerosi testi scientifici, con una notevole  esperienza politico-amministrativa nel ruolo di Vice Presidente della Giunta Regionale della Campania, nonchè Assessore alla Ricerca Scientifica e all’Università dal 2010 al 2015, il Quotidiano Campo Sud da vita al suo “Forum per il nuovo futuro della città” aperto ai nostri lettori e al contributo di idee e progetti di quanti hanno a cuore  il rilancio o, piuttosto, il riscatto non più differibile della cosiddetta Capitale del Mezzogiorno.

Un sentito ringraziamento al Professor Trombetti per aver aderito all’invito di Campo Sud.

 

Attualmente Napoli, dopo molti anni di assenza, può nuovamente contare su numerosi suoi cittadini che ricoprono incarichi ministeriali ed istituzionali. Cosa ne pensa?

Certamente la contingenza di avere numerosi napoletani in posizione di alta responsabilità politica è una grande opportunità. Una opportunità che si riaccendano i riflettori su una città per certi versi trascurata. Per fare un solo esempio si pensi alla fuga da Napoli dei giovani. Essa è legata ovviamente alla scarsità di prospettive di lavoro che offre il territorio. Ed alla mancanza assoluta di centri decisionali con sede a Napoli. Neppure più una autority ha la sua sede in città. Nessuna grande impresa ha qui da noi il suo centro direzionale. I giovani più brillanti sono così costretti ad emigrare verso altri lidi per soddisfare le proprie legittime aspirazioni. Ecco più che risolvere i problemi, che è cosa sempre complessa ed articolata, io mi auguro che le prestigiose figure in posizione di alta responsabilità facciano inserire nell’agenda di governo il “problema Napoli” e poi vigilino e spingano perché si attivino azioni efficaci. Nel caso della Whirpool questo purtroppo non si è verificato con le conseguenze drammatiche che tutti conosciamo.

Quindi, come combatterebbe quest’emergenza sociale, soprattutto nelle periferie?

Napoli è una città in grande difficoltà, certamente, e ancor più sono in difficoltà le periferie. Dove è netta la percezione che lo Stato, se c’è, si vede poco. La presenza dello Stato si manifesta attraverso simboli oltre che azioni concrete. I simboli dello Stato sono riconoscibili. Hanno divise o distintivi. La loro semplice presenza dà coraggio. Restituisce fiducia. Le azioni concrete da intraprendere si deducono da una semplice ricetta. Obbligare tutti al rispetto delle regole. Di tutte le regole. Partendo dalle più elementari.

E’ chiaro che ci sono varie tipologie di nemici da affrontare. La grande criminalità. Quella che costituisce e controlla holding immobiliari, economiche, finanziarie. Non ci facciamo illusioni. Senza investire risorse adeguate è dura contrastarla. Se le procure non hanno uomini e spazi a sufficienza, mezzi informatici adeguati, se le ditte si rifiutano di far la manutenzione perché pagate con mesi e mesi di ritardo che speranza c’è di produrre azioni efficaci?

Vi è poi un secondo livello di problema; quello che rende in alcuni istanti asfissiante vivere a Napoli ed è la dimensione pulviscolare che ha assunto il comportamento illecito. Qui da noi non è chiaro a nessuno più dove finisce l’accettabile e comincia l’inaccettabile. L’atomizzazione dei comportamenti illeciti rischia di provocare la disgregazione del tessuto identitario della città. Dalle nostre parti si guarda spesso quasi con compiacente simpatia alla miriade di piccole violazioni della legalità, specie se da parte di minori. Quasi fossero estrosa espressione di napoletanità. Contribuendo a nutrire così il brodo di cultura della cultura dell’illegalità, scusate il bisticcio di parole!

Su questo versante occorre combattere una guerra speciale. Per combattere la quale bisognerebbe inviare non tanto eserciti di soldati a Napoli. Ma eserciti di maestri ed eserciti di imprenditori. Perché la scuola ed il lavoro sono le medicine di cui le periferie di Napoli hanno bisogno per guarire. E che segnano la presenza alta dello Stato. Le medicine che possono eliminare la trasmissione del virus della violenza dalle vecchie generazioni alle nuove. Che sviluppano la cultura della legalità.

Le forze dell’ordine sono indispensabili per isolare i focolai d’infezione. Ma non sono medicine. Di questo la politica deve prendere atto. Se tutto si riduce ad inviare a Napoli più truppe, che pure occorrono, è la resa della politica. E’ la politica che rinuncia alla sua capacità di intervenire in una dimensione strategica. Di respiro alto. Non prometta quindi solo soldati. Dopo un pò i soldati andranno via, e tutto sarà come prima. Napoli non è uno “scarto” dell’Italia. Napoli è lo specchio deformante dell’Italia. Dove i vizi e le virtù vi appaiono amplificati mille volte. Il luogo dove si intersecano piste malavitose che attraversano tutta l’Italia. Da dove vengono i rifiuti tossici che la camorra fa sparire nelle discariche illegali? Su quali mercati vanno le griffe di contrabbando che vengono prodotte nelle fabbriche clandestine dell’hinterland napoletano? Quale sistema finanziario lava, ricicla ed investe i soldi della camorra? Certo non le banche napoletane, visto che non ve ne sono. Dove comincia la filiera delle forniture in nero che alimenta gli affari della camorra e le tasche degli evasori?

Non voglio fare una noiosa difesa d’ufficio dei pregi di Napoli. Non posso, però, non ricordare che a Napoli sono presenti straordinarie energie vitali. In tantissimi lavorano sodo ,in silenzio, giorno per giorno producendo, in alcuni casi, eccellenze assolute. Certamente i tanti studiosi stranieri che ogni giorno frequentano biblioteche e laboratori delle nostre cinque Università e dei numerosi centri di ricerca non considerano Napoli uno “scarto del Paese”.

Sul tema dell’istruzione mi trattengo ancora un poco: Secondo il rapporto sul benessere equo e sostenibile 2018 (Bes), curato dall’Istat, in Campania il 19% degli iscritti a scuola lascia prematuramente gli studi. Si va dal 22% di Napoli, al 18% di Caserta, al 15% di Salerno, fino a realtà come Avellino dove i giovani con solo la licenza media sono meno dell’8% del totale. Solo il 52% arriva al diploma contro una media nazionale del 60%. Il 36% dei giovani campani non lavora e non studia.  

Il tema della dispersione scolastica, che vede l’Italia nel suo complesso non brillare in confronto ai dati europei, nel mezzogiorno ed, in particolare in Campania, assume contorni allarmanti.

Il problema purtroppo è antico. E qui da noi appare di complicatissima soluzione. Perché le cause del fenomeno sono di natura estremamente varia. Eppure, in Giappone in Corea in Norvegia si sono ottenuti risultati notevoli. Riducendo la dispersione notevolmente. E addirittura cancellandola per i quindicenni. Per carità, società più ricche e con storia e tradizioni diverse. Ma questi esempi servono a dimostrare che con una visione strategica di medio periodo, adattata alle caratteristiche socio-culturali ed economiche del territorio, si può intervenire sul fenomeno.

È interessante osservare che la dispersione è più alta in determinate aree del nostro territorio.

A Napoli, ad esempio, le Municipalità con la maggiore percentuale di abbandoni sia per la scuola primaria che per la secondaria sono S. Lorenzo-Vicaria-Poggioreale-Zona Industriale e Chaiano-Piscinola-Scampia.

Le cause individuate dagli assistenti sociali le più disparate: “malattia, difficoltà d’apprendimento, malattia psicologica, disagio sociale a scuola, I’alunno ritiene inutile la scuola”. E ancora in relazione alle famiglie “genitori disagiati, trasferito/emigrato, i genitori ritengono inutile la scuola, malattia genitori.”

Insomma come è ovvio, ma è bene comunque ricordarlo, la dispersione colpisce i più deboli da ogni punto di vista.

Francamente non sapremmo indicare la soluzione. Perché forse non esiste una soluzione semplice e immediata. La dispersione scolastica, direbbero gli scienziati, è un problema sistemico. È il risultato di un intreccio di cause lontane e prossime. Ma c’è un punto che  provoca un’autentica amarezza. La convinzione dei genitori che la scuola sia inutile. Convinzione che trasmettono ai figli. E ripensiamo al valore sociale della scuola negli anni ’50 e ‘60. Anche allora c’era disagio, migrazione, povertà diffusa, più di ora. Ma c’era una certezza: la scuola come occasione preziosa da dare ai figli per una vita migliore. Era un assioma indiscusso. Per cui valeva la pena fare ogni sacrificio. Tutto, diciamo tutto, passava in secondo piano in famiglia. Primo dovere del ragazzo era studiare. Poi tutto il resto, se c’erano soldi e tempo.

Siamo certi che occorrono una pluralità di interventi. Occorre che il governo e la politica nel suo complesso consideri il problema della scuola, in particolare nel mezzogiorno, come una vera e propria emergenza. Sul quale concordare un piano di interventi pluriennali e senza cadere nella tentazione di usare l’emergenza scuola come terreno di diatribe con finalità di acquisizione del consenso. Ma il primo passo consiste nel convincere le famiglie che la scuola è una opportunità per i figli, certamente la più importante che questa società è in grado di offrire a chi vive nel disagio economico e sociale. Non sarà un compito facile. Occorre che le famiglie tocchino con mano che la scuola è un ponte verso un lavoro dignitoso e qualificato, verso un cittadino consapevole e responsabile.

Quello che sarebbe un errore è pensare che la scuola, come istituzione possa farcela da sola.

Occorrerà  la partecipazione degli insegnanti, delle famiglie, degli enti pubblici, delle imprese, delle organizzazioni di volontariato….

Se frana la fiducia nella scuola franerà l’intero paese. Con danni incalcolabili per chi governa oggi. Ma anche per chi governerà domani.

 Alla luce delle sue riflessioni, come pensa di poter rilanciare e coordinare il ruolo della Città Metropolitana?

Ad oggi se provi a chiedere a un cittadino qualunque che cosa è la città metropolitana, di che cosa si occupa vedrai il suo volto atteggiato alla meraviglia. Perché in realtà la città metropolitana ad oggi non è riuscita ad incidere su nessuno dei problemi sul tappeto. In particolare non è intervenuta sul piano di disegnare una strategia di sviluppo urbano ed infrastrutturale. Eppure non ci vuol molto  a capire che il comune di Napoli da solo senza una collegamento organico a tutta la cinta metropolitana rischia di morire di asfissia. Il porto, l’aeroporto, le stazioni ferroviarie, gli assi stradali , i grandi asset commerciali non possono restare prigionieri delle mura della città. Insomma la città metropolitana più che rilanciata va creata innanzitutto nella cultura dei cittadini che devono coglierla, così come è,  per una grande opportunità. O cresce il ruolo e l’azione della città metropolitana o anche per Napoli-comune non ci sarà alcuna possibilità di sviluppo.

(L’intervista al Professor Trombetti continua sul Quotidiano di domani)

3 DICEMBRE 1979: a 41 anni dalla scomparsa, Napoli sembra aver dimenticato il Vomerese Alighiero Noschese, attore e caratterista di grande levatura!

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Quarant’anni e oltre sono un tempo largamente sufficiente per concepire di onorare il ricordo di una persona che tanto ha dato, ma sono altrettanto sufficientemente disonorevoli se trascorsi nel silenzio e nell’indifferenza.
È quanto accade a Napoli, che nonostante i proclami di quella politica comunale e regionale che esprimono sempre più ed esclusivamente demagogia (vedasi l’attenzione massima riservata a Maradona) si conferma tristemente ingrata verso i suoi concittadini illustri, quelli che su ogni sorriso e risata hanno impresso un marchio di fabbrica universale: NAPOLI.
È il triste caso di Alighiero Noschese, comico, caratterista, attore, showman e non  soltanto fine imitatore, dimenticato in primis della sua città natale, nel cui quartiere, il Vomero nacque 87 anni fa e che a distanza di più di 40 anni dalla sua morte se non l’ha dimenticato, sicuramente non l’ha mai onorato.
Un vero genio dell’imitazione che riusciva a carpire l’anima, prima ancora che la voce dei propri personaggi. Un pioniere, come nessuno prima di lui, che riuscì a sdoganare la satira politica imitando magistralmente i big dei partiti nazionali, al punto che era lo stesso Noschese a “consacrare” i politici nostrani che, senza la sua parodia, rimanevano sconosciuti al grande pubblico.
Un talento purissimo, quando era ancora un semplice studente, tanto da sostenere ben due interi esami universitari imitando la voce di Giovanni Leone, su richiesta del diretto interessato, suo professore alla facoltà di Giurisprudenza e poi futuro Presidente del Consiglio prima e della Repubblica poi, al cui studio era stato avviato dal padre.
Una carriera che affonda le sue radici nella riproduzione delle voci dei gatti del quartiere fino a guadagnare l’appellativo di “uomo dai mille volti” con il suo centinaio di personaggi nel suo bagaglio di imitazione (96 per l’esattezza come amava inorgoglirsi egli stesso). “Mister Carta Carbone” come solevano definirlo gli addetti ai lavori tanto le sue parodie ricalcavano il vero, “l’amico rassicurante e gioioso degli Italiani” è stato quasi completamente dimenticato da quel pubblico allietato e divertito che, fortunatamente o sfortunatamente, potrebbe ancora essere testimone non passivo.
Nessuna iniziativa da parte del capoluogo partenopeo: non una strada o una piazza dedicata, nessuna rassegna commemorativa, nessuno spettacolo per commemorarne ed onorarne il ricordo o, azione più onorevole, nessuna intitolazione di alcun teatro in città. La stessa che per la sua rinascita punta, investe (ma a questo punto semplicisticamente spende) in cultura (quale?), arte e letteratura.
Diverso, incoraggiante, lodevole, ma non abbastanza sufficiente l’atteggiamento del Comune di San Giorgio a Cremano dove egli è cresciuto che, dopo avergli intitolato un murales (vandalizzato e restaurato) insieme all’altro illustre concittadino Massimo Troisi, nel giorno del 40° anniversario della sua morte ha dedicato un’intera giornata al compianto artista poliedrico. Giornata iniziata con una deposizione di una corona di fiori sulla tomba e seguita da laboratori teatrali finalizzati (finalmente!) alla divulgazione dell’encomiabile lavoro di cui siamo indegni eredi.
E dopo la giornata del ricordo?
Un’artista fragile e sensibile, ferito mortalmente da quel suo impedimento ad esercitare la satira politica in vista del rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e dal suo matrimonio naufragato con conseguente distacco dalla famiglia. Più ancora che da quel colpo calibro 38 della Smith & Wesson che fu ritrovata in suo possesso nella clinica romana Villa Stuart, dove era ricoverato per curare la depressione. Al di là delle ipotesi che sono circolate in merito al suicidio, ci piace pensare che il “Fregoli delle voci” abbia recuperato la pistola imitando la voce del primario che lo aveva in cura e che gli accordava un permesso per uscire. “Morendo alla sua maniera”, facendo ciò che più gli piaceva e che era la sua stessa vita, insomma. Magari raggiungendo il suo collaboratore paroliere e drammaturgo Dino Verde, altro conterraneo dimenticato, per scrivere e interpretare insieme un altro irriverente testo sulla sua città. Quella Napoli attuale ingrata e indegna di tanto amore dei suoi figli più nobili!

CAMPO SUD QUOTIDIANO inaugura il “FORUM per il nuovo futuro della città” con una intervista esclusiva al Professor GUIDO TROMBETTI.

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Con il mese di Dicembre ci avviamo a dare il benservito a questo anno bisestile, mai così drammatico e doloroso per il nostro Paese e l’intera umanità.

Il Covid 19 non è stato ancora sconfitto, ma esistono concrete speranze che il 2021 possa essere ricordato come l’anno in cui si è finalmente debellata questa terribile pandemia, grazie all’ausilio dei tanto attesi vaccini e di cure mirate sempre più efficaci e risolutive.

Nel frattempo ognuno di noi, nonostante le privazioni insopportabili delle libertà individuali e di gruppo, con le residue risorse di responsabilità e di buon senso, si accinge a trascorrere un Natale molto diverso. Lontani dagli affetti familiari, dalle tradizioni più radicate, dalla serenità e dalla religiosità profonda della Natività di Cristo.

Ancora un sacrificio si chiede a ognuno,  per sconfiggere un male planetario. Con la speranza che gli effetti di così lunghe e pesanti privazioni non incidano sulla salute mentale di tutti noi più di quanto  non si sia già manifestato con l’incremento esponenziale dell’uso di farmaci antidepressivi , anche fra i giovanissimi. Così come dichiarato dai medici di base, dai neurologi e, non ultimi,  dai farmacisti.

In questa situazione di  malessere diffuso risulta oltremodo necessario che ci si attrezzi adeguatamente per riempire gli spazi giornalieri di inattività forzata.

Quale migliore occasione per impiegare il tempo efficacemente, ponendo al centro dell’interesse di tutti noi le riflessioni e il dibattito sul futuro prossimo del nostro Paese e del nostro martoriato territorio urbano?

Cosa ci aspetta nel  prossimo anno?  Riusciremo a voltar pagina definitivamente  sul capitolo dell’ emergenza sanitaria  e, più ancora, riusciremo a rimettere in piedi l’economia del Bel Paese dopo un anno di tormentati e ripetuti blocchi delle attività produttive?  Il governo sarà in grado di compiere il miracolo di invertire la tendenza  all’incremento della disoccupazione, soprattutto giovanile?  E di abbassare l’attuale soglia dei 600.000 lavoratori in cassa integrazione nel nostro Paese?

Ma, soprattutto, riusciremo noi napoletani ad “offrire” una Amministrazione comunale degna di questo nome ad una città in profonda ed evidente agonia? Sarà possibile, in questi pochi mesi che mancano all’appuntamento elettorale, formulare una proposta credibile ed individuare, magari in tempi ragionevolmente brevi, un candidato Sindaco forte e di alto profilo, dotato di un programma politico condiviso dalla gran parte della società civile napoletana e non più individuato tra quattro mura ammuffite dei soliti palazzi?  E per di più “partorito” tra paralizzanti  alchimie degli attuali responsabili dello sfascio colposo e non più tollerabile  della città?

Sarà possibile per i napoletani tornare a parlare di sviluppo della città in chiave turistica dell’area Occidentale della città, magari liberandoci degli attuali attori dei programmi di bonifica dei suoli del complesso industriale dell’ ex Italsider  e iniziare a progettare il futuro di quello splendido “Sito di rilevante Interesse Nazionale” mortificato e devastato da trent’anni di “cure intensive e lungimiranti” della sinistra locale?  E poi perpetuati dall’attuale compagine governativa con l’affidamento dell’attuazione dei progetti a  quel Domenico Arcuri, nella qualità di Amministratore Delegato della Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, Invitalia S.p.A,  che brilla per totale assenza,  inconsistenza e immobilismo.  Anche in ragione dei successivi  incarichi collezionati dal nostro, dalla rigenerazione urbana, alla riconversione degli impianti  siderurgici dell’Italsider di Taranto e, più di recente, il ruolo altrettanto impegnativo di Commissario Straordinario di Governo per il contrasto dell’emergenza epidemiologica da Covid 19. Con l’evidente risultato che è sotto gli occhi di tutta Italia: fermi i progetti dell’Area di Coroglio-Bagnoli. Fermo il progetto di riconversione, bonifica e rilancio dell’acciaieria di Taranto. Miliardi di Euro spesi  sin ora per l’emergenza sanitaria da Covid 19, con migliaia di collaboratori utilizzati e risultati assai scadenti sul fronte dell’efficace contrasto alla pandemia attraverso la predisposizione di centri di cura adeguatamente strutturati  ed attrezzati in ogni regione.

Avremo la possibilità, finalmente, di tornare a parlare di questioni  essenziali ma oltremodo dimenticate nel dibattito sui bisogni improcrastinabili di una città? Potremo affrontare le attuali criticità che affliggono la capitale del Mezzogiorno, dai trasporti all’Urbanistica; dall’edilizia popolare e scolastica alla viabilità; dalla necessità di opere pubbliche alla tutela del verde e dei parchi urbani; dalle potenzialità inespresse del porto, all’Aeroporto di Capodichino, al progetto del nuovo scalo internazionale di Grazzanise, mai abbandonato; dal turismo all’Ambiente; dalla Scuola all’Università; dall’efficienza della “macchina comunale” al recupero del patrimonio immobiliare di pregio di proprietà comunale; dal rilancio e nuove funzioni  cultuali e turistiche della Mostra d’Oltremare al rilancio delle Terme di Agnano e dell’ippodromo? E che dire del recupero non più differibile della Villa Comunale borbonica?

Queste ed altre questioni di “sopravvivenza” sociale, politica ed economica  vorremmo si potessero affrontare anche con l’ausilio dei media. Ed è per questo motivo che il nostro quotidiano ha promosso un Forum aperto con i nostri lettori e la città intera. Un Forum che sarà alimentato ed arricchito da interviste sul nostro futuro prossimo, grazie al contributo di personalità autorevoli della nostra città nel campo culturale, artistico, economico, imprenditoriale, istituzionale, politico. Interviste che saranno pubblicate a partire da domani con le pagine di apertura di Campo Sud.

Primo ospite sarà il Professore Guido Trombetti, Rettore Emerito dell’Università “Federico II°” e Vice Presidente della Giunta Regionale della Campania dal 2010 al 2015. Studioso, saggista, autore di innumerevoli  testi scientifici, il Professore Trombetti è anche un autentico sportivo e grande tifoso della squadra del Napoli.

Appuntamento a domani, dunque,  sulle pagine del quotidiano on –line “Campo Sud” con l’intervista esclusiva al Professore  Guido Trombetti.

 

IL DIRETTORE

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci vogliono “rubare” anche il Natale………..

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“Anche questo Natale si è presentato come comanda Iddio!”. Anzi, no! “Quest’anno sarà un Natale diverso” hanno sentenziato quelli che andrà-tutto-bene e uniti-ce-la-faremo.
Niente albero e presepe addobbato, come da tradizione, il giorno dell’Immacolata Concezione perché quest’anno il periodo di Natale sarà anticipato, persino contingentato, e annunciato (altro che Arcangelo Gabriele!) il giorno – o forse la notte – del 4 dicembre dal ventesimo/ventunesimo dippiciemme di colui che è sceso dal 5 stelle.
Piccola raccomandazione istituzionale: in strada, come nelle case, nessun assembramento: sobrietà e distanziamento che è l’esatto contrario dello spirito natalizio che è sinonimo di calore, di unione, di famiglia. Che è casa, confine valicato da chi i confini non è abituato minimamente a considerarli.
Degli zampognari nemmeno l’ombra in nessuna città d’Italia, ormai uniformemente colorate di “giallo” che è il nuovo ammonimento alla socializzazione. Al loro posto, però, rumorosissimo e silenziato è il grido d’allarme di commercianti, ristoratori e lavoratori in genere a cui il nuovo diktat governativo ha chiuso le serrande e spalancato le bocche.
Questa l’aria che si respira (si fa per dire!) dalla grande metropoli al piccolo borgo e che fa di Napoli in particolare una città spettrale, irriconoscibile, derubata della propria anima.
All’interno degli storici Decumani, le vene del cuore del centro storico, sorge San Gregorio Armeno, rinomata nel mondo come la stradina dei presepi, la vetrina natalizia più famosa al mondo e che fa di Napoli l’eterna città del Natale. Qui, trecentosessantacinque giorni all’anno, si ripete una magia unica: solo qui il sacro si mescola al profano, la contemporaneità abbraccia il passato, la tradizione si fonde con l’innovazione: è così che, dall’arte delle nuove generazioni tramandata dai loro padri e a loro volta intrapresa dai loro nonni, i mastri presepari danno vita alle loro creazioni, tutte rigorosamente ed orgogliosamente MADE IN CAMPANIA: argilla di Amalfi, stoffe di San Leucio, legno delle terre partenopee, pietra del Vesuvio diventano creazioni uniche che spaziano dal sempiterno Benino – forse il vero ideatore del presepio napoletano – fino ai personaggi dell’anno particolarmente distintisi in ogni campo, del bene e del male.
Nonostante le regole dell’autentico presepe siano rigide e rigorose, dalla collocazione dei personaggi alla loro “trina” dimensione, non è difficile vedere all’interno della stessa rappresentazione i Magi accanto ad un De Crescenzo, lo​ sciò sciò​ affiancato al Papa, anonimi pastori in processione uniti a personaggi dello spettacolo e calciatori. Non così differente dalla “processione” assortita di “presepisti e alberisti” che affolla la stradina di Spaccanapoli come un rito, una tradizione, un appuntamento improcrastinabile.
Almeno fino allo scorso anno.
I divieti di assembramento a causa del Covid, infatti, hanno colpito al cuore queste botteghe, dapprima vietando il passeggio alle persone e poi costringendo alla chiusura i laboratori in quanto “attività non essenziali”. Come se il loro pane non potesse essere questo. Vieppiù, i cervellotici censori non hanno elargito un ristoro e nemmeno un correttivo per queste persone che sono artisti a tutti gli effetti, ma che non rientrano nemmeno nel codice ATECO degli artigiani.
Gli unici “visitatori” – come i Magi – vengono dall’Oriente – ma non come i Magi – e sono gli imprenditori cinesi interessati a rilevare le attività chiuse e che, molto probabilmente, non riapriranno più, ovvero coloro che commettono il sacrilegio di dare un prezzo a tutto, ma che dimostrano di conoscere il valore di niente. Come se la tradizione, il sacrificio, gli insegnamenti, la vita potessero avere un prezzo congruo e la difficoltà (creata ad arte) potesse valere ancora meno e diventare così occasione. Come se il Natale che si ripete tutti gli anni potesse per una volta essere saltato. Come se un Cristo che non è risorto per un anno fosse quel Bambinello che può anche non nascere per una volta.
Il tutto ridotto alla stregua di un ciclico e vuoto rituale e che, invece, è tradizione, è identità che è il vero obiettivo di questa guerra. Un reset che parta dal passato e dalla memoria, che lo recida per farci cittadini nuovi, senza radici e senza legami e, magari, anche senza fiori e senza frutti, senza figli.
Il Natale da trascorrere in “unità” – dicono loro – in massimo di sei – guarda caso – praticamente da soli, magari festeggiato – per stavolta – prematuramente perché anche Cristo deve adeguarsi ai decreti di Conte e al coprifuoco virale – coprifuoco o copricristo? – e che presto, anche grazie al religioso silenzio-assenso, persino in tempi di distanziamento (a)sociale potrebbe lasciare il posto alla festa dell’incontro (voce del verbo accogliere: per enciclica siamo fratelli tutti, ricordate?) eccetto consanguinei (Aborro! Trasecolo! Disdegno!) e nipoti che debbono sempre più stare lontani dai nonni, dai loro simili, dal prossimo.
Mica come Cristo predicava!
Quest’anno tocca proprio Lui a non nascere. Non deve: un po’ come quelle politiche tese all’infanticidio che ormai non fa più notizia e prorogato fino al nono mese di gravidanza. O con la scusa di un virus che rimanda indietro cure e miracoli.
Ci è stato rubato il Natale quando hanno iniziato a sospendere Cristo, vietandocelo per DPCM, quando ci viene impedito di aiutare gli altri per paura di contagiar(si), quando per paura di morire si finisce a rinunciare alla vita, quando si confida nel vaccino anche per la cura dell’anima.
Ma a Napoli, a San Gregorio Armeno è Natale sempre, è Natale nelle idee e nei pensieri, è Natale tra le pietre e tra la gente, è Natale nel caffè sospeso e nel panariello solidale, è Natale nella realtà e nella speranza. È Natale dal momento in cui è comparsa la mascherina anche sui pastori, ma non sul Bambinello che ora nasce. E che nascerà ancora!

D10S é sceso in terra per riprendersi la sua mano: muore il campione più grande, nasce un mito eterno!

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D10S è sceso in terra per riprendersi la sua mano.
Un freddo pomeriggio di novembre ci riporta alla memoria l’assolato 5 luglio 1984, quando Diego Armando Maradona, davanti a sessantamila persone, venne presentato allo stadio San Paolo. E luglio e novembre è stato Maradona. Nuvole e sole, luce e ombra, gigante e bambino, imperituro genio ed eterno discolo.
Napoli è stata unita e una,come non mai, solo intorno a “Dieghito”, il Pibe de oro, il ricciolone nero arrivato dai sobborghi di Buenos Aires sino a “prendersi” il trono della città. Ma il suo vero trono era la strada, quella da cui proveniva e quello a cui tendeva per diventare il Re dei poveri, perché nei quartieri umili e modesti di Napoli rivedeva la sua Buenos Aires, il suo passato, le sue radici e, nonostante tutto, il suo presente.
Un uomo generoso, estremamente generoso e prima vittima della sua stessa magnanimità, umano troppo umano fino a farsi succhiare il sangue da chi, troppo vicino, lo ha usato e sfruttato, da chi ha finito per distruggerlo. Maradona poteva essere Maradona solo a Napoli e dire Maradona a Napoli è dire perfezione, è il calcio per antomasia ed è inutile e banale voler descrivere a parole cosa sia stato per il pallone, cosa rappresenta per Napoli. Quella Napoli devota a lui come a un Dio, tanto da “adorare” un suo capello a Spaccanapoli o da adornare i palazzi con la sua immagine, dai Quartieri Spagnoli a San Giovanni.
Quella Napoli in cui è giunto dopo una lite in difesa di un suo compagno di squadra e che oggi è ancora una volta capofila del dolore per una perdita globale, che ancora una volta raccoglie tutti sotto il proprio cielo azzurro nella speranza di assistere all’ennesima magia, eterna dell’Aquilone Cosmico.
Una vita fatta di ostacoli dribblati e superati per una gloriosa cavalcata, come quella della partita contro l’Inghilterra al Mondiale del 1986 a cui tutto appicicarono l’etichetta di “gol del secolo”: 60 metri in 10 secondi e 6 avversari messi a sedere.
6 volte 10 quando ha deciso di andarsene per sempre, 6 volte 10 che nella Smorfia napoletana rappresenta ‘o lamiento, il dolore, proprio per una perdita.
Perciò in piedi, signori, Diego smette di essere genio e diviene leggenda. Per sempre. Proprio come un Dio.

Un nuovo esposto alla Procura della Repubblica: Taglialatela all’attacco di De Magistris !

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Un nuovo circostanziato esposto al Procuratore Generale della Repubblica di Napoli sarà presentato nella giornata di domani dal Presidente dell’Associazione Campo Sud, On. Marcello Taglialatela, per evidenziare le procedure illegittime adottate dalla Giunta Comunale e dal Sindaco di Napoli nella predisposizione del Bilancio di Previsione 2020/2022. In particolare, l’autore dell’esposto fa riferimento esplicito alla Relazione di Accompagnamento al Bilancio di Previsione redatta dal Collegio dei Revisori dei Conti, nella quale si legge, tra l’atro, che “nonostante gli interventi a sostegno attuati dalla normativa emergenziale, l’Ente (Comune di Napoli) rimane esposto a forti squilibri di bilancio che richiedono interventi correttivi tempestivi ed adeguati”.

Il Collegio dei Revisori fa dunque riferimento esplicito alle inadempienze croniche dell’Amministrazione comunale relativamente alle numerose e argomentate prescrizioni imposte all’Ente nella formulazione del Bilancio di Previsione. Raccomandazioni disattese in più occasioni e in maniera scellerata soprattutto per quanto attiene alla mancata o insufficiente vendita del patrimonio immobiliare ERP e del patrimonio immobiliare cosiddetto “disponibile” del Comune di Napoli. La qual cosa non é sistematicamente avvenuta o quanto meno realizzata in misura fortemente insufficiente a sanare gli squilibri di bilancio evidenziati e le sofferenze finanziarie certificate dell’Ente Locale.

Criticità ormai palesi e riconosciute anche negli atti di bilancio di numerosi esercizi finanziari degli anni precedenti. Ma che, tuttavia, non hanno “consigliato” adeguatamente e prontamente manovre correttive e azioni politico-amministrative proporzionate al disequilibrio prodotto negli anni di gestione di questa Amministrazione De Magistris.

Una situazione davvero inquietante e senza via d’uscita per L’Ente locale Partenopeo se é vero come é vero che la Legge vigente (art. 166 del Testo Unico degli Enti Locali) prescrive accorgimenti e manovre correttive entro la fine di ciascun anno solare. E, ad oggi, non ci sono ne i tempi ne gli spazi per immaginare la introduzione di quei correttivi, pur se numerose volte sollecitate alla Giunta Comunale e, in primis, al suo primo cittadino.  Quest’ultimo mostratosi oltremodo inconcludente e irresponsabile agli occhi della città e degli Organi dello Stato preposti per Legge al controllo dei bilanci degli Enti Locali.

Una iniziativa forte quella assunta dal titolare dell’Esposto, che chiede all’Autorità giudiziaria di valutare l’ipotesi di reato di falso ideologico e falso materiale per gli estensori del bilancio (Sindaco e Giunta Comunale). Una posizione politico-giudiziaria che mira a restituire credibilità alle forze di opposizione apparse disorientate tra la eventuale cessazione anticipata dell’esperienza (intraducibile e dannosa) dell’Amministrazione De Magistris e il presunto risultato politico che potrebbe trarne da questa vicenda il Presidente della Regione De Luca, storico avversario del Sindaco di Napoli.

Una necessità improcrastinabile, al contrario, quella di chiudere al più presto la troppo lunga, estenuante ed evanescente esperienza politico-amministrativa di De Magistris a Napoli. Una città mai così agonizzante, ingovernabile e insicura dai tempi del dopoguerra.

Una metropoli che ha assoluto bisogno di liberarsi al più presto del peso insopportabile dell’immobilismo, della retorica sterile e dei falsi proclami del suo primo cittadino. Anche se al suo posto sarà chiamato, per il tempo necessario, un Commissario Prefettizio che sappia mettere a nudo le alchimie di bilancio di questi anni e avviare un risanamento dei conti profondo,  accertando manchevolezze e “voragini” finanziarie inesauribili, responsabilità e connivenze scellerate. Solo così Napoli potrà sperare di rivedere la luce e di tornare a votare, forse in primavera, per consentire a chi amministrerà in futuro la città, di operare  senza il fardello insopportabile dei debiti accumulati dalle passate amministrazioni fortemente caratterizzate dalla sinistra più ortodossa e fallimentare: da Bassolino alla Iervolino, all’ex Sindaco Arancione, ormai abbandonato anche dai suoi sostenitori più accesi.

Anche le coste della Campania diventano meta degli sbarchi di immigrati clandestini!

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Profughi a bordo della Fregata Euro impegnata nell'operazione Mare Nostrum (sullo sfonfo la fregata Virgilio Fasan), Mar Mediterraneo Meridionale, 30 Agosto 2014. ANSA/GIUSEPPE LAMI

Era già notte, martedi sera, quando un gruppo di persone é stato avvistato, malgrado l’oscurità, sulla spiaggia di Nerano mentre cercava di dileguarsi in tutta fretta. Fermati dai militari dell’Arma, si riscontrava che il gruppetto formato da 14 uomini e 2 donne tutti in giovane età e provenienti da Iran e Iraq, era appena sbarcato in spiaggia da una imbarcazione immediatamente allontanatasi in mare aperto. Sufficientemente equipaggiati con abiti invernali, zainetto e mascherina anti-contagio, i 16 giovani sono stati temporaneamente condotti presso il campetto sportivo della Parrocchia di Nerano per la identificazione e per essere sottoposti con urgenza al tampone molecolare.

Nel frattempo la Capitaneria di Porto ha attivato subito le ricerche nello specchio d’acqua tra Nerano e Castellammare di Stabia per individuare le imbarcazioni e gli eventuali scafisti che hanno fatto sbarcare in Costiera Sorrentina i 16 immigrati.

Piuttosto complicato il compito dei Carabinieri, che sono chiamati ad acquisire informazioni utili dai giovani migranti per comprendere i motivi di questo insolito sbarco in una località turistica della Regione Campania, troppo lontana dalle coste siciliane, Calabresi e Pugliesi ove più facilmente avrebbero potuto approdare i clandestini. Le difficoltà si acuiscono per ragioni di lingua. Infatti i giovani Siriani ed Irakeni non parlano la nostra lingua e neppure l’inglese. Entro la giornata di mercoledì sarà possibile raccogliere maggiori dettagli su quello che può essere considerato il primo “sbarco” di migranti in Provincia di Napoli.

Sperando che “l’avventura” dei giovanissimi irakeni e Iraniani, già di per se insolita e per certi versi inquietante, non risulti, nel prosieguo delle indagini, riconducibile a finalità diverse dalla mera assistenza in qualità di profughi o di richiedenti asilo.

Aggressione a un Maresciallo dei Carabinieri in un vagone della Cumana: aveva intimato ad un giovane viaggiatore di indossare la mascherina!

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Una vicenda che ha dell’assurdo ha vissuto ieri un giovane Maresciallo dell’Arma che, in borghese, era a bordo di un convoglio affollato della Ferrovia Cumana proveniente dalla zona Flegrea e diretto verso Montesanto per recarsi al lavoro. Nel corso del tragitto diversi viaggiatori avevano ripetutamente invitato un passeggero ventenne ad indossare la mascherina di protezione individuale proprio per l’eccessivo affollamento del vagone. Il giovane tuttavia si mostrava indifferente ai richiami e tutt’altro che disposto ad osservare la prescrizione di sicurezza per la protezione individuale. A questo punto il Carabiniere, dopo essersi qualificato, intimava al giovane di indossare la mascherina, per altro, obbligatoria nei luoghi pubblici. Improvvisamente e proditoriamente il ventenne sferrava con violenza un pugno in pieno volto al militare che, benché sanguinante per la rottura del setto nasale, riusciva ad ingaggiare una colluttazione e infine ad immobilizzare l’aggressore. Quest’ultimo, subito dopo, veniva fatto scendere dal treno alla stazione di Edenlandia ed accompagnato dal malcapitato Maresciallo nella Stazione dei Carabinieri di Bagnoli per l’identificazione. Il giovane veniva arrestato e sottoposto a giudizio per direttissima per i reati di lesioni e aggressione a pubblico ufficiale. Il Maresciallo veniva ricoverato all’Ospedale Cardarelli ove, oltre  alle prime cure per la frattura del setto nasale (dovrà essere operato per la riduzione della frattura) gli venivano anche applicati punti di sutura ad una mano per i morsi inferti dall’aggressore nel corso della colluttazione in treno.

A porre la ciliegina sulla torta della spiacevole disavventura del Maresciallo dell’Arma, ci hanno pensato i magistrati del Tribunale di Napoli che questa mattina hanno scarcerato il ventenne aggressore della Cumana a seguito della sentenza di condanna ad 8 mesi di reclusione con pena sospesa. Pertanto, Carabiniere in Ospedale in attesa di intervento chirurgico e…….teppista energumeno a casa!