venerdì, Gennaio 10, 2025
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NAPOLI SEMPRE PIU’ CALAMITA PER TURISTI.

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L’economista Gianni Lepre, “ cresce anche il turismo di fascia alta”

Napoli si scopre sempre di più calamita turistica globale, dato che favorisce anche gli investimenti.

I dati parlano chiaro: è stato giá annunciato l’investimento nei prossimi anni del gruppo internazionale di Rocco Forte, che trasformerà Palazzo Sirignano, alla Riviera di Chiaia, in un grande hotel cinque stelle, come anche il progetto del Crazy Pizza di Flavio Briatore sul lungomare che dovrebbe essere inaugurato a giugno. Proseguono spediti anche i lavori alla Galleria Umberto per l’apertura di Starbucks, altra catena internazionale che va ad aggiungersi alla giá variegata offerta della cittá all’ombra del Vesuvio.

“Cresce il turismo di fascia alta – commenta l’economista Gianni Lepre, consigliere del ministro della Cultura – e questa é una notizia importante per la cittá e per l’intera regione. Il turismo di massa va bene, ma c’é sempre la questione del mordi e fuggi che limita le velleità di incremento economico”. Il noto economista che tra l’altro è presidente della Commissione Reti e Distretti Produttivi di ODCEC Napoli, ha poi continuato: “ la grande tradizione enogastronomica, universalmente riconosciuta, i percorsi di arte, cultura e artigianato d’eccellenza, le esperienze immersive di una cittá, del suo mare, garantiscono uno sviluppo lineare dell’economia territoriale, sempre che politica e istituzioni capiscano l’importanza di rendere questo progetto spendibile e svincolato da logiche elettorali”.

Il prof. Lepre ha poi evidenziato: “A Napoli, che che se ne dica, il turismo è ormai una realtà. La fase di crescita non si è ancora esaurita. La tendenza è a qualificare le strutture, a creare un’offerta per fasce medio alte, anche per vip, come nel caso di Briatore e del grande hotel di Rocco Forte. Ovviamente, senza nulla togliere al turismo di massa che ha rappresentato il primo step di questa rinascita, l’auspicio è che questo boom non si limiti al turismo ma, su scala metropolitana e regionale, riguardi anche il potenziamento dell’offerta turistica regionale, in modo tale da rendere fruibili anche le altre province campane con le loro tipicità, sapori e colori inimitabili. Non solo mare, quindi, ma anche monti, valli, fiumi e le grandi tradizioni popolari dei tanti e spettacolari borghi medievali disseminati nelle 5 province della Campania”.

LA CAMPANIA DIVINA, De Luca “DI VINO” E…….BASTA !!

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Se c’è un attore che da un po’ di anni a questa parte mette tutti d’accordo nel detestarlo, che ha finito per essere il vicino delatore, il sostenitore delle idiozie più strambe in epoca Covid, questi è Alessandro Gassman e lui, manco a dirlo, diventa il “prescelto” dal presidente Vincenzo De Luca. E non poteva essere diversamente, visto che in quanto a idiozie pandemiche, il Presidente della Regione Campania non ha conosciuto vergogna. Se, poi, l’attore è romano e pure mezzo francese, allora Vincenzo De Luca lo sceglie addirittura per “dare voce alla Campania”. Lo sceglie nel senso che lo paga – con i soldi dei contribuenti, ovviamente – per interpretare – leggi pure “fingere” – uno spot sulla regione Campania, “Campania divina”, che tale non è.
Siamo ben consapevoli che in un paio di minuti non si può regalare la celebrità a tanti posti e a tanti monumenti che la notorietà ce l’hanno già da sé (appunto!), ma a ben vedere la pubblicità, altro che Campania divina: sembra più una valorizzazione di Napoli e Salerno, di Salerno & Napoli. La costiera amalfitana, il mare, il sole, ‘o Vesuvio… tutte cose che ha giustamente inventato Vincenzo De Luca. Quel De Luca che non incanta e che non stupisce, ma è sempre quello del famigerato “Patto di Marano”, ovvero l’accordo con il fu De Mita che ha dato il colpo di grazia ai già martoriati territori interni. Nel nanosecondo dedicato nello spot, non si riesce nemmeno a capire (bene) se lo scorcio paesaggistico che ritrae le topiche case colorate, addossate una sull’altra, si riferiscono a Positano, a Procida o addirittura a Calitri. Non una boccata di ossigeno della verde Irpinia con i suoi boschi, le sue montagne, la flora e la fauna, i prodotti DOC e IGP rinomati nel mondo. Come se l’Irpinia fosse solo Montevergine. Altro che Campania divina: nemmeno di vino se si ignora Taurasi e Tufo ad esempio, ma non ci si dimentica dei pomodori e il mare!
E cosa dovrebbero dire Benevento e l’intero Sannio (già quasi, a giusta ragione, Molisannio!) cui non è stato dedicato un frazione di secondo? Eppure Benevento pullula di storia e di edifici (l’Arco di epoca traianea e la Chiesa di Santa Sofia, patrimonio dell’UNESCO su tutti), vanta il secondo museo egizio più grande d’Italia, dopo quello di Torino.
Il Vesuvio, la costiera (ma non quella cilentana!), il pesce (c’è il mare, guarda un po’!) sono attrattive arcinote al turista e non hanno certo bisogno di essere pubblicizzate! Così come Pompei, Ercolano e Paestum. Eppure, a quattro passi da Paestum, si trova il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e Alburni: chi sa, nel caso specifico, che quest’area riservata è stata iscritta nella rete dei Geoparchi UNESCO dal 2010 e già dal 1997 fa parte della Biosfera NAB dell’Unesco? Non è forse da pubblicizzare? O i borghi e i paesini dell’entroterra dove si mangia… “da Dio”, per dirla con De Luca.
Però un merito a Vicienzo ‘o sceriffo va riconosciuto, ovvero quello di aver avuto l’onestà di pubblicizzare solo le bellezze naturali campane e non ciò che egli ha realizzato nel “decennato” a Palazzo Santa Lucia: il disastro della Sanità che nemmeno la pandemia ha fermato, anzi: con gli ospedali COVID è stata imbastita una vera e propria truffa, il trasporto pubblico locale azzerato, il “Sistema Salerno” e, per brevità di articolo, non citiamo le innumerevoli sciagure di cui egli è l’unico artefice, il principale responsabile, il vero colpevole.
Acqua e solo acqua la Campania di De Luca. O, forse, una Campania che fa acqua da tutte le parti. Eppure i tratturi, la via Appia, l’acquedotto Carolingio, quello irpino, Aeclanum, la valle telesina sono solo pochissimi tesori che andrebbero fatti conoscere, le ricchezze che sono state “maranamente” dimenticate e che andrebbero valorizzate: queste andrebbero pubblicizzate! D’altro canto, Cristo si fermò ad Eboli, il “divino” De Luca, a quanto pare, molto, ma molto prima.

LA SANITA’ PUBBLICA CAMPANA E’ QUASI TUTTA SOTTO PROCESSO !

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Dopo Coscioni, Verdoliva e lo stesso De Luca, tocca anche ad Agostino Di Bello della soc. SO.RE.SA, la stessa sorte. La sanità pubblica regionale sembra dover necessariamente essere governata da persone sottoposte a procedimenti giudiziari per reati che evidenziano la spregiudicatezza con la quale il governatore sceriffo decide i vertici direzionali della sanità in Campania, confondendo il ruolo di “guardie e ladri”.

Lo afferma in una nota diffusa alla stampa dall‘On Marcello Taglialatela, Vice Segretario Nazionale di INDIPENDENZA, il Movimento politico fondato pochi mesi or sono, da Gianni Alemanno. L’On Taglialatela  aggiunge – probabilmente De Luca ha fortemente reclamato la fine del regime di Commissariamento della Sanità in Campania per mantenere per se stesso la Delega sulla delicata materia e, soprattutto, per avere le mani libere e poter decidere in splendida solitudine tutte le follie e scelte sbagliate in campo sanitario, compresa la scelta dei collaboratori e dei manager delle ASL che si distinguono brillantemente per  il gran numero di indagini delle Procure Campane a loro carico.

 

 

PASQUA A NAPOLI : ATTESI OLTRE 200.000 MILA TURISTI TRA ITALIANI E STRANIERI.

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 G.Lepre (economista) “il 2024 sarà l’anno della riscossa, e della rinascita”

La Pasqua 2024 per Napoli e la Campania rappresenta un momento importante di verifica per la stagione estiva che ormai é dietro l’angolo.

Nella capitale del Sud Italia sono attesi nel weekend pasquale oltre 200mila turisti, che sommati a quelli che saranno presenti in tutta la regione, portano il dato a quasi 300mila presenze.

Che Napoli sia una delle mete più ambite dal turismo di massa é un dato ampiamente confermato nel 2023, ma il 2024 ci riserva sorprese ancora migliori. Ne é convinto l’economista Gianni Lepre, che tra le altre cose ha sottolineato come il 2024 sia l’anno della rinascita per Napoli, dopo gli anni bui dell’emergenza rifiuti prima e del Covid dopo.

“Sará un anno di riscossa – continua il noto economista, che tra l’altro é consigliere del ministro Sangiuliano – un anno nel quale la nostra città si ritaglierà una dimensione nuova, fatta di servizi, eccellenze e tipicità che sono alla base del dna partenopeo”.

“Bisogna, come già più volte evidenziato, risolvere delle criticità legate a infrastrutture e trasporti, ma Napoli é, e resta la capitale del Mediterraneo perché é l’unica realtà ad essere sintesi di gusti, linguaggi e culture”.

Il prof. Lepre ha poi concluso: “Secondo gli ultimi dati Napoli é la quinta destinazione al mondo più richiesta in assoluto e al primo posto resta Parigi. La capitale francese, però ha un disvalore universale: non é Napoli”.

NON E’ TUTTO PUTIN QUELLO CHE LUCCICA………!!

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Al di là di come la si pensi su Vladimir Putin, la sua plebiscitaria riconferma dovrebbe essere occasione di numerosi spunti di riflessione che sarebbe un vero peccato non cogliere. Primo su tutti la libertà di stampa dell’intero Occidente, o meglio, il grado di asservimento da cui la stampa nostrana è affetta: lo ricordiamo che l’Italia, la democraticissima Italia si attesta al 41° posto secondo Reporter senza Frontiere? Nel 2002 eravamo precipitati addirittura al 58esimo posto: Covid batte guerra in Ucraina 1-0.
Opinione pubblica da in-formare persino sulla sorpresa della (auto)vittoria nella corsa per il Cremlino con avversari imprigionati, esiliati, morti.
Anche da solo , anche con le urne trasparenti dove inserire la scheda (aperta) una volta votata – come nel caso del referendum sull’Ucraina ad “operazione speciale” iniziata – l’ex membro del KGB ha ottenuto un consenso elettorale altissimo, con pochissimi precedenti in Patria a cui, forse, solo la cancelliera tedesca Angela Merkel può avvicinarsi.
È innegabile che la Federazione russa dell’era Putin abbia registrato un miglioramento delle condizioni di vita, ma va ricordato che il Paese aveva appena vissuto il crollo dell’URSS, quindi, il fondo era stato già toccato. Questo è un dato che hanno stesso valore di quando in Italia ci si fa belli con la disoccupazione che scende o con lo stipendio che aumenta a cui, però, non corrisponde l’ effettivo potenziamento del potere d’acquisto. Il PIL russo è quello di un Paese medio, inferiore non solo a quello dell’Europa, ma addirittura a quello di singoli stati come la Germania o la Francia, ad esempio. Dunque, se è vero come è vero che la situazione non è così florida, da dove deriva quest’alta percentuale di gradimento? In un momento di guerra, per giunta! Proprio dalla guerra. È evidente che i Russi approvino la guerra all’Ucraina che Putin ha iniziato. A torto o a ragione. Vecchie reminiscenze di quell’identità espansionistica tanto cara agli zar? Che vadano a quel paese tutte le cartine che recitano l’espansione NATO ad Est, proprio la stessa Nato di cui proprio Putin avrebbe voluto fare parte e alle cui esercitazioni ha partecipato da “membro esterno”. Se la Russia di Putin non ha velleità espansionistiche, Putin ha saputo ben interpretare il volere del suo popolo. Chissà se lo stesso popolo è a conoscenza dei frequenti viaggi compiuti dall’americano Kissinger tra Washington e Mosca, anche ad operazione speciale in pieno svolgimento. Lo stesso Kissinger che ha (ri)armato la Russia dopo il crollo dell’Urss. E che, questa guerra, non sia stata l’occasione giusta, il favore ricambiato per riportare in vita un vecchio catorcio come la NATO che senza un nemico non aveva più ragione di esistere? Con buona pace dei due nemici in guerra che, a quasi tre anni dal conflitto, non si sono scambiati uno sputo direttamente. D’altronde, così come riportano il Corsera ( ) ed altri fonti, pare che la Russia attacchi postazioni ucraine dopo che gli Usa abbiano fornito l’esatta posizione degli obiettivi a seguito di sofisticati studi di droni satellitari. D’altronde nello spazio Usa e Russia ci vanno insieme perché non stare insieme pure con i piedi per terra, magari con i piedi ancora sotto lo stesso tavolo, ancora a Yalta? E se questo è un vero affare, perché mai non può esserlo la verità di uranio russo agli Usa, quando gli Usa stanno commerciando gas con l’Europa al posto di Mosca? Perché l’obiettivo, non solo commerciale, è l’Europa, dove si interrogano, soprattutto in Italia, sulla possibilità di una terza guerra mondiale, mentre una escalation nucleare paralizza le meningi. Non di Macron, per fortuna che – sarà pure odiato all’ombra della Torre Eiffel, ma in quanto a politica estera non è certo Gigino Di Maio – ha rimesso le cose al loro posto, snocciolando, dati alla mano, la vera valenza di Mosca e tranquillizzando sul pericolo della minaccia nucleare.
Se così stanno davvero le cose, allora perché la Russia è così potente tanto da essere calamita per tanti italiani? Semplice: non è la Russia ad essere forte, ma l’Europa ad essere debole. Se Usa e Russia ci stanno facendo la guerra – in Ucraina, ma la stanno facendo a noi Europa -, se ancora fatichiamo a sentire nostro questo attacco è perché l’Europa è divisa e manca di una identità propria. Questo porta persino al pericolo di sentirsi “liberi” illudendosi di scegliere il nostro nuovo padrone: non più Washington, ma sì a Mosca. Mai Roma, ma perché no la terza Roma. Cioè loro che vogliono essere noi. Finché non avremo coscienza unitaria e non saremo in grado di riconoscere che siamo LA Civiltà per antonomasia, la nostra debolezza sarà il loro punto di forza. E non rendercene conto sarà persino peggio.
“Liberi non sarem se non siamo uno” scriveva Manzoni. Il Canto degli italiani recita “Noi fummo da secoli calpesti, derisi perché non siam popolo, perché siam divisi”: è questa la “ricetta” dell’altrui forza, questa la soluzione affinché noi ritorniamo potenza.
Questa è una lettura degli eventi “interessata” per ciò che a noi interessa, deve interessare: non ci interessa capire se davvero la Russia stia combattendo con una mano dietro la schiena e cosa giovi perdere tempo per una vittoria finale, ma non si può non apprezzare chi non è rimasto sordo, persino ad una battaglia impari, al richiamo del suolo natio, a come stanno dividendosi le nostre vesti, alla sorte che stanno gettando sul nostro vestito.
Allora, fu vera gloria?

IL MISTERO DELLE ” TESTE DI MODI'”: UNA BEFFA DAL SAPORE ARTISTICO!

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Nell’estate del 1984, Livorno fu teatro di un enigma artistico che scosse il mondo
dell’;arte.
Mentre la città celebrava il centenario della nascita di Amedeo Modigliani, nel Museo
d’Arte Moderna di Villa Maria erano esposte 4 delle 26 teste scolpite dal celebre
artista. Tuttavia, la mostra non riscosse l’interesse sperato e rischiava di fallire. Per
ravvivare l’evento, la direttrice del museo, Vera Durbé, e suo fratello Dario, curatore
della mostra, decisero di riportare in vita una antica leggenda. Secondo il racconto
popolare nel 1909 Modigliani avrebbe gettato nel Fosso Reale alcune delle sue prime
sculture per sfuggire alla critica degli altri artisti. Sostenendo di avvertire la presenza delle
opere dell’artista nel Fosso,la Durbé ottenne le autorizzazioni per avviare la ricerca.

Le operazioni di dragaggio iniziarono rapidamente, attirando l’attenzione dei livornesi
curiosi. Mentre la ricerca procedeva, la popolazione si accalcava lungo la spalletta
del fosso, ansiosa di assistere al ritrovamento delle misteriose opere d’arte. Tuttavia,
con il passare del tempo, l’entusiasmo svanì e la popolazione iniziò a mostrare
scetticismo.
Nel Fosso Reale vennero rinvenute delle sculture inaspettate, somiglianti allo stile di
Amedeo Modigliani, celebre pittore e scultore del XX secolo. Questo evento suscitò
grande meraviglia, portando l’attenzione degli appassionati d’arte verso la città
toscana.
Le Teste di Modì", come vennero ribattezzate, fecero nascere diverse teorie e
ipotesi sulla loro origine.
Tuttavia, la verità dietro questa enigmatica scoperta fu svelata quando il settimanale
Panorama pubblicò uno scoop: le teste non erano autentiche, ma il frutto di una
beffa. Tre studenti livornesi, Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pier Francesco
Ferrucci, confessarono di averle realizzate per una somma di denaro. Nonostante la
loro ammissione, il mistero rimase intorno alla velocità con cui le teste erano state
scolpite, suscitando dubbi sulla veridicità della confessione. Infatti, i tre realizzarono
solo una delle teste, mentre altre due furono create da Angelo Froglia, uno scultore
locale che volle giocare uno scherzo ai critici d’arte.
Nonostante le controversie e la gran confusione prodotta intorno a questo ritrovamento, il critico Giulio Carlo Argan dichiarò in televisione:
LE “teste” sono certamente autentiche!”. Tuttavia, alcuni scultori rimasero dubbiosi,
sostenendo che la mano che le aveva scolpite fosse troppo inesperta per
appartenere a Modigliani. Malgrado  le polemiche e il gran polverone, Dario Durbé non si
lasciò scoraggiare e definì le” teste” un’opera “di commovente e indagante incertezza”,
esponendole comunque a Villa Maria. Con una grande presenza di visitatori, curiosi e addetti ai lavori.

SCENARI DI GUERRE REGIONALI, TERRORISMO JIHADISTA, DIVISIONI DI VEDUTE DEGLI STATI DELL’U.E. ALLONTANANO LA CREAZIONE DI UN ESERCITO EUROPEO.

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DAL NOSTRO AMICO E AFFEZIONATO LETTORE, GENERALE AJMONE GENZARDI, UFFICIALE DI CAVALLERIA ED EX COMANDANTE DELLA SCUOLA MILITARE “NUNZIATELLA” DI NAPOLI,  RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO UNA ACUTA RIFLESSIONE SULLA CRISI INTERNAZIONALE DETERMINATASI CON I CONFLITTI IN UCRAINA E PALESTINA, IL RIGURGITO DI AZIONI TERRORISTICHE IN EUROPA, LA CRISI NEL MAR ROSSO CON LA NECESSITA’, ANCHE PER LA NOSTRA MARINA MILITARE, DI SCORTARE LE NAVI COMMERCIALI IN TRANSITO.
LEGGIAMO INSIEME QUESTA ANALISI DI UN AUTOREVOLE ADDETTO AI LAVORI:
LA REDAZIONE DI CAMPO SUD.
I Paesi europei dalla fine della seconda guerra mondiale, al riparo dell’ombrello di sicurezza
statunitense, hanno vissuto 80 anni di pace a basso costo che ha permesso loro di devolvere alla crescita economica e sociale dei propri popoli i fondi non impiegati per la difesa e la sicurezza.
Ma oggi, terminata l’epoca del bipolarismo USA-URSS basato sulla deterrenza nucleare, nazioni con governi totalitari e organizzazioni terroristiche, constatata l’inefficacia dell’ONU, si muovono senza alcun rispetto per il diritto internazionale adottando la politica del “fatto compiuto”.
Infatti, dopo un così lungo periodo di pace, focolai di guerra ardono ai confini dell’Europa: si combatte in Ucraina e in Palestina.
L’UE, a difesa del diritto internazionale, ha imposto sanzioni alla Russia e aiuta Kiev inviando armi e munizioni.
La recente incauta proposta Francese di mandare truppe in aiuto all’agonizzante Ucraina ha diviso i paesi europei.
Se da un lato è necessario aiutare gli Ucraini, con armi e risorse finanziarie, per non farli giungere al tavolo dei negoziati in una condizione di estrema debolezza, dall’altro occorre evitare l’avvio di una guerra Est-Ovest, ma  lanciando piuttosto a Mosca messaggi di compattezza europea.
In Palestina il mai risolto problema dei due stati è tragicamente esploso a seguito della strage compiuta da Hamas ed ha reso sempre più precarie le relazioni tra i popoli islamici e l’occidente democratico che appoggia Israele.
Da poco si è aperto un terzo fronte nel mar rosso dove gli Houthi, gruppo islamico sciita, attaccano il traffico navale commerciale con l’obiettivo di sostenere Hamas e la causa Palestinese danneggiando l’economia di Israele e dell’Occidente che lo appoggia.
L’Egitto ha perso gran parte degli introiti per i ridotti passaggi da Suez, ma anche Israele ed i paesi europei, con in testa l’Italia, stanno subendo gravi danni economici poiché fortemente dipendenti dal commercio marittimo per l’importazione di materie prime e l’esportazione dei prodotti lavorati.
L’utilizzo di rotte alternative con più lunghe percorrenze causa il sensibile aumento dei costi di trasporto, che si riflette sul prezzo delle merci al dettaglio, e sposta il traffico marittimo dai porti mediterranei a quelli sull’atlantico, con ulteriori perdite per l’Italia in conseguenza della mancata movimentazione, nei suoi porti, delle merci in arrivo ed in partenza.
In sintesi, nel mar rosso si difende con le armi la stabilità della economia europea, ed in particolare di quella Italiana che è la più danneggiata.
A questi conflitti si aggiungono altri potenziali focolai di destabilizzazione come le rivendicazioni russe su alcuni territori europei dell’ex URSS, i problemi africani del post colonialismo, l’espansionismo economico cinese e la contesa geopolitica dell’isola di Taiwan tra USA e Cina.
Taiwan, Paese a guida democratica del mar della cina, autoproclamatosi indipendente dallo Stato Cinese nel 1949, è in perenne tensione con Pechino che ne rivendica la sovranità e che nell’ultimo periodo ha incrementato le esercitazioni militari attorno all’isola.
Tali irrisolte situazioni, che in un sistema internazionale interconnesso e sempre più competitivo ed aggressivo coinvolgono direttamente l’Unione Europea, non possono essere affrontate dalle singole nazioni “in ordine sparso”, ne l’UE può ancora dipendere dalla NATO per la sua difesa e sicurezza.
Tramp, candidato alla casa bianca, ha maldestramente dichiarato che in caso di vittoria alle presidenziali abbandonerà al loro destino tutte quelle nazioni che non contribuiscono adeguatamente alla vita della NATO.
Tale dichiarazione fa riferimento al mancato rispetto di molti paesi aderenti al Patto Atlantico degli accordi sottoscritti.
Lo statuto della NATO prevede che ciascuna nazione debba stanziare annualmente il 2% del prodotto interno lordo per le proprie forze armate, affinché tutti gli stati aderenti contribuiscano alla difesa collettiva in proporzione alla propria economia.
Gli USA danno il buon esempio investendo il 3,5 %, ma purtroppo solo 11 paesi della NATO, sul totale di 32, investono il 2%, o più, per le proprie forze armate, l’Italia devolve solo l’1,47% del PIL alla sua difesa.
L’uscita di Tramp, probabilmente spinta dai 34 trilioni di dollari del debito pubblico degli USA, è poco realistica e difficilmente potrà avere seguito poiché gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere i due terzi delle nazioni appartenenti alla NATO che non rispettano i vincoli di spesa, però è un segnale di stanchezza che lanciano ai partner europei che sono i principali utilizzatori della sicurezza fornita dal Patto Atlantico.
È pertanto giunto il momento per l’UE di assumere la responsabilità strategica della propria difesa e sicurezza.
Lo suggeriscono le tante problematiche irrisolte, l’espansionismo del blocco orientale a giuda cinese e i due conflitti alle porte che rischiano di aggravarsi ed espandersi.
Questi importanti segnali dovrebbero spingere l’Unione Europea a prendere atto della mutata situazione geopolitica globale e prepararsi al peggio, invece non riesce a porre al centro dell’agenda politica la sicurezza e la difesa comunitaria.
Centralizzare la difesa, e quindi le forze armate, implicherà un aumento dell’impegno finanziario per le spese militari, che oggi si attesta sull’1,5% del PIL comunitario, ma comporterà anche risparmi.
Risparmi in termini di riduzione di stati maggiori, di comandi, di scuole e centri di addestramento, oggi moltiplicati per ciascuno dei 27 stati dell’Unione.
Forze armate europee comporterebbero, inoltre, il vantaggio della standardizzazione dei sistemi d’arma e l’approvvigionamento degli stessi in ambito comunitario con un beneficio per le industrie europee che operano nel settore della difesa.
I tempi stringono, ma le nazioni dell’UE, pur consapevoli di tale necessità, trovano ostacoli negli egoismi nazionali, tra questi la Francia che dovrebbe mettere in comune gli ordigni nucleari in suo possesso.
Rema contro anche quella parte dell’opinione pubblica che anela ad uscire dall’UE senza considerare che in un mondo globalizzato un piccolo paese da solo diverrebbe un “bel bocconcino” per le super potenze del blocco orientale in fase di espansione economico/militare.
Gli ostacoli li frappongono anche coloro che, utopicamente, rincorrono la pace mediante l’abolizione delle armi, senza considerare che non esiste pace a costo zero poiché la pace non è un bene gratuito ed il prezzo da pagare è proprio quello per le forze armate.
Se l’Europa vuol continuare a vivere in pace, in democrazia e in libertà occorre una presa d’atto collettiva dei nuovi assetti geopolitici e delle nuove esigenze di difesa, superare nazionalismi e pregressi storici divisivi ed agire per il bene più ampio della comunità europea.
L’Europa provvista di autonomia decisionale nel settore della politica estera e con forze armate centralizzate, complementari e interoperabili con quelle della NATO, aumenterebbe credibilità e prestigio internazionale.
Il giorno in cui tutto ciò diverrà realtà, sommando la forza economica alla deterrenza militare, l’UE potrà assurgere a superpotenza ed affiancarsi alla pari gli USA nella difesa della libertà dell’occidente democratico.
Sarà un cammino lungo e complesso che dovrà necessariamente essere avviato e che permetterà di riacquistare quel credito internazionale che il vecchio continente ha avuto in alcuni periodi della sua storia.

MOSCA SOTTO ASSEDIO: MORTI E FERITI IN UN ATTENTATO IN UN GRANDE TEATRO CITTADINO. L’ISIS rivendica l’attacco terroristico, ma Putin accusa l’Ucraina.

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Sono da poco passate le 18 ora italiana di un Venerdi di Marzo davvero funesto. Nel grande e modernissimo teatro nella periferia di Mosca”, il “Crocus City Hall”, sta per andare in scena un concerto dei “PICNIC”, un gruppo rock molto conosciuto e apprezzato non soltanto in Russia. Un concerto che aveva richiamato migliaia di persone di ogni età, come risulta dal numero di biglietti di ingresso venduti al botteghino: oltre 6.200. Improvvisamente, e prima ancora che iniziasse la performance del complesso rock, si avvertono forti detonazioni, scambiate dai presenti per fuochi d’artificio. Immediatamente dopo si materializzano all’interno della sala e intorno al palcoscenico del teatro 4 o 5 persone armate e vestiti con tute mimetiche che iniziano a sparare sulla folla con criminale determinazione, ma alla rinfusa. Il loro obiettivo sembrerebbe quello di fare un gran numero di vittime e di procurare il maggior danno possibile alla struttura modernissima che ospita il concerto. Da qui le raffiche indiscriminate sul pubblico presente e il lancio di bombe sul tetto del teatro che in pochissimo tempo prende fuoco e crolla parzialmente. Una autentica bagarre, con un fuggi fuggi generale per cercare scampo dai proiettili di mitra e i pezzi infuocati del tetto del teatro che piovono in ogni dove. Dal palcoscenico alle  poltroncine divorate dal fuoco, é tutto uno scenario di morte e devastazione. Tutto intorno, nei corridoi verso l’uscita del teatro, il pavimento é disseminato di cadaveri. Se ne conteranno, purtroppo, più di cento e il numero ufficiale é ancora incerto. Una visione assolutamente agghiacciante che evoca un altro attentato di qualche anno addietro (2015). Uguale la scelta del luogo: una sala concerti. Uguale la metodologia dell’agguato: un gruppo di terroristi armati e mischiati tra i giovani che assistevano ad un concerto. Uguale la tecnica omicida: raffiche di mitragliatrice tra la folla inerme e inconsapevole.

In quel caso eravamo a Parigi e il luogo del massacro fu la sala dei concerti denominata Bataclan, ove si contarono 90 vittime della follia omicida di matrice islamica.

Ad un solo giorno dal tragico evento e malgrado la rivendicazione dell’Isis giunta puntualmente in nottata, non é certo ancora possibile attribuire con certezza la paternità di questo ennesimo fatto di sangue che ha bagnato la capitale europea. Tuttavia e come dicevamo, la metodologia e le analogie di questo attentato di Mosca con le tecniche adoperate dagli assalitori del Bataclan ed altri simili attentati in mezza Europa,  lascerebbero propendere gli investigatori di mezzo mondo per l’ennesimo attentato terroristico jihadista.

Con ciò smentendo ogni eventuale attribuzione dell’attentato ai servizi segreti o a gruppi di sabotatori dell’esercito ucraino. infatti, in una fase immediatamente successiva all’attentato del “Crocus City Hall” di Mosca, era rimbalzato nei palazzi di Governo Russi per bocca principalmente dell’ex presidente, il falco Medvedev, l’ammonimento al Governo ucraino sulla uccisione di tutti i componenti del governo di Kiev, laddove fosse accertata la responsabilità di costoro nell’attentato al teatro moscovita. Ma anche Putin nell’appello televisivo alla popolazione Russa insiste nell’adombrare una responsabilità dell’Ucraina nella organizzazione dell’attentato. Verosimilmente per trarne un immediato vantaggio nella sua personale e capotica “Operazone militare speciale” contro un Paese Sovrano, iniziata oltre due anni or sono e ancora in corso, con morti e feriti dalle due parti, che ormai non si contano più.

La realtà dei fatti sembra assai diversa. E poi ci si dovrebbe interrogare sulla utilità per il governo ucraino in guerra con Mosca da due anni, di programmare un simile e vigliacco attentato sulla popolazione inerme e innocente, che avrebbe tra l’altro disorientato tutti i Paesi occidentali che sostengono Kiev in questo conflitto, con l’inevitabile sospensione di ogni aiuto militare e non soltanto, a favore dell’Ucraina.

Noi riteniamo, piuttosto, che proprio all’indomani della riconferma di Putin alla guida della Russia, siano riemerse e riemergeranno ancora quei contrasti antichi e laceranti tra il governo di Mosca e le popolazioni a maggioranza musulmana delle Repubbliche di Inguscezia, Cecenia, Tatarstan, Baschiria, Daghestan. Per non parlare della Repubblica del Tagikistan. Popoli che rivendicano da sempre maggiore autonomia dalla Federazione Russa.  E che contestano fortemente, in questa fase, il ricorso a tanti giovani di queste Repubbliche satelliti, utilizzati quali serbatoi di combattenti per la guerra in ucraina. Mentre, si accusa il Governo di Mosca di salvaguardare i giovani russi delle città (Mosca e San Pietroburgo soprattutto)  scientificamente esclusi dalla leva obbligatoria. E  parrebbe un dato di fatto, piuttosto che una diceria, facilmente riscontrabile attraverso una veloce visita nei cimiteri di queste Repubbliche, disseminati di caduti in guerra. Al netto di tanti dispersi o prigionieri di guerra che non hanno più fatto ritorno alle loro famiglie. E’ in questo contesto che vanno ricercate, a nostro avviso, le ragioni del malcontento strisciante delle popolazioni musulmane della Federazione Russa. Popolazioni notoriamente e storicamente avverse e fortemente critiche con il potere accentratore e illiberale moscovita.

“PATROCLO” il Capolavoro neoclassico di Jacques-Louis David può essere ammirato al Musée Thomas Hanry di Cherbuorg Octeville (F)

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L’opera d’arte “Patroclo”(1780), realizzata con tecnica ad olio su tela (121,5×170,5 cm),
attualmente ospitata presso il Musée Thomas-Henry a Cherbourg-Octeville, rappresenta
uno dei capolavori più significativi del periodo neoclassico.
Il dipinto fu concepito durante il soggiorno dell’artista a Roma, dopo aver vinto il Prix de
Rome nel 1778, e presenta forti influenze caravaggesche. Nonostante il titolo mitologico, il
dipinto si distingue per una rappresentazione puramente accademica del nudo, ritraendo il
personaggio di Patroclo, compagno di Achille nella mitologia greca. Tuttavia, l’opera non
presenta dettagli iconografici che lo collegano esplicitamente all’assedio di Troia e l’ambientazione neutra non suggerisce alcuna relazione con il contesto mitologico

La postura del soggetto, di spalle e con il corpo piegato, evoca il dramma della morte imminente, richiamando alla mente lo stile della celebre scultura “il Galate morente”, copia di un bronzo ellenistico. David ebbe l’opportunità di ammirare questa scultura durante il suo periodo trascorso a Roma e ne trasse ispirazione per la realizzazione della sua opera.

Jacques-Louis David era già noto per il suo interesse per la tematica troiana e per il ciclo epico dell’Iliade. Nel 1778, dipinse un’opera che raffigurava il funerale di Patroclo e ancora un nudo maschile che ritraeva il il corpo di Ettore senza vita. Entrambe opere connesse al tema epico.

L’opera “Patroclo” si distingue per i suoi colori veneti, che richiamano lo stile Tizianesco, oltre che  alla anatomia in pieno stile Michelangiolesco. Con ciò sottolineando l’ampia conoscenza e l’apprezzamento dell’autore per la tradizione artistica italiana.

In conclusione, possiamo affermare che “Patroclo” rappresenta un’opera giovanile di David nella quale ritroviamo una straordinaria maestria e una notevole abilità dell’autore di fondere elementi classici con nuove ed originali interpretazioni artistiche, contribuendo magnificamente al panorama culturale del periodo neoclassico.

PROMOZIONE DEL MADE IN ITALY A NAPOLI: IL PROGETTO “BOTTEGHE APERTE” NEL QUADRILATERO DELLE ECCELLENZE ARTIGIANALI

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L’economista Gianni Lepre :“valorizzazione passa per le vie dell’eccellenza, nei contesti e nelle modalità della grande tradizione artigiana”

La valorizzazione e promozione del Made in Italy, tanto invocata dal ministro Urso e che a Napoli trova la culla di molti dei brand che compongono il Sistema Italia, torna all’attenzione dell’economia nazionale.

Sia il Decreto Made in Italy che la nuova legge di Bilancio prevedono infatti un occhio di riguardo per le produzioni tricolori, vanto italiano nel mondo.

In questo senso, e considerando la geolocalizzazione di molte filiere, Napoli rappresenta la culla di molte di esse, continuando ancora oggi a contribuire alla grandezza e all’unicità di molti settori.

A trainare il made in Italy è anche l’artigianato, inteso nel senso pieno del termine, quello che va dal settore orafo e della gioielleria, alla grande tradizione sartoriale; dalle maioliche alla liuteria, settori che oggi rappresentano un vanto universale.

Una proposta di valorizzazione dei settori considerando una show room d’eccezione come Napoli, l’ha proposta l’economista Gianni Lepre, consigliere del ministro della Cultura Sangiuliano, con delega proprio al Made in Italy.

“Ne sto parlando da tempo – esordisce il noto economista – ed il tutto si sintetizza nelle cosiddette ‘Vie dell’eccellenza’, una sorta di quadrilatero ideale che parte dal Borgo degli Orefici e attraverso San Gregorio Armeno e il rione Sanità, si chiude a Piazza Mercato”. “Una storia incredibile – chiarisce Lepre – fatta di grandi tradizioni ed un know how unico al mondo. Basti pensare che il Borgo Orefici è la culla del settore orafo europeo voluto dallo stesso Federico II di Svevia 800 anni fa; stesso dicasi per la grande tradizione presepiale napoletana che affonda le sue radici nel XVIII secolo. Poi ancora la tradizione calzaturiera della Sanità, fino al tessile di piazza Mercato, rinomato fin dal Rinascimento.” “Il progetto che stiamo portando all’attenzione del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e per competenze ai ministri Urso e Sangiuliano, riguarda anche le ‘Botteghe aperte’, parte integrante del filone iniziale delle vie dell’eccellenza. L’idea è quella di creare un percorso artigianale in queste varie zone della città dando la possibilità ai turisti di vedere di persona come nascono i capolavori dell’artigianato napoletano, e nel contempo trasformando la ‘bottega aperta’ anche in  ‘bottega scuola’ per tutti quelli che si diranno interessati ai vari settori”. Lepre ha poi concluso: “La nostra idea deve interessare l’offerta turistica che diventa automaticamente una leva di sviluppo importante che Napoli ha imparato ad apprezzare”.