giovedì, Dicembre 26, 2024
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Pista ciclabile e bici fantasma a fuorigrotta: racconto satirico di un serio sperpero di pubblico danaro

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Sono le nove del mattino di un giorno qualsiasi del mese di luglio. È una splendida giornata di sole allietata da un fresco venticello di maestrale. Due giovani amici di bell’aspetto, all’incirca ventenni o poco più, sbucano all’improvviso nel bel mezzo di Piazza San Vitale nel quartiere di Fuorigrotta e piazzano un tavolino con tanto di ombrellone parasole e due sedie nei giardini centrali della Piazza, a pochi metri dalla corsia arancione sbiadita, riservata alle biciclette.

È la fatidica “pista ciclabile” o anche la “pista fantasma” come amano definirla i residenti del Viale Augusto.

I due giovani si mettono all’opera, piazzano la loro postazione in maniera da osservare adeguatamente il lungo serpente arancione. Scrutano in ogni direzione, allungano lo sguardo lungo il percorso in cerca di qualcosa o di qualcuno.

A pochi passi un gruppetto di anziani accomodati sulle panchine dei giardinetti li osserva con gran curiosità e un pizzico di incredulità. Qualcuno di loro si avvicina e chiede: – “giuvinò v’hamma mettere qualche firma? Di che partito siete”?? – e un altro anziano aggiunge: – … “ma state facenno o’ sopralluogo? Ma allora è  o’ vero che la ripulite sta corsia”??  E un altro ancora, più duro e risoluto, sbotta: – …..“E’ uno sconcio e poi non la usa mai nessuno. Tanto vale eliminarla”!!

Uno dei due ragazzi, visibilmente imbarazzato, si rivolge al gruppetto degli anziani e risponde: – ……..“per la verità noi siamo qui per premiare il primo ciclista in transito di questa mattina. Qualcuno che va al lavoro in bicicletta anziché usare l’auto propria o anche qualche appassionato di sport all’aperto che vuole mantenersi in salute usando la bici”.

E il secondo ragazzo, prontamente, entra nella discussione rincarando la dose: – ……“Noi siamo venuti per assegnare il “Premio Cittadino Esemplare” messo in palio da alcune Associazioni ambientaliste del territorio per promuovere l’uso della bicicletta e “animare” la pista ciclabile ormai preda di rifiuti mai rimossi e da una copiosa vegetazione spontanea”.

Il silenzio e l’incredulità regnano sovrane tra il gruppo di anziani presenti, cui si sono aggiunte un bel po’ di belle signore di mezza età, alte e bionde. Probabilmente collaboratrici familiari per anziani provenienti dall’Est Europeo. La loro reazione è di sgomento e incredulità assoluta. “Ma come – si domandano – non la usa nessuno questa corsia preferenziale e li premiano pure?” L’imbarazzo si scioglie d’un tratto con il comparire di un barista che porta qualche caffè freddo al tavolino dei due ragazzi. Un pensiero gentile dei pensionati per alleviare gli effetti della calura ormai insopportabile.

“Bevete pure…offre la ditta!” – esclama qualcuno nel gruppetto e continua – “vedrete che farete notte…. occorrerebbe un miracolo per vedere una bicicletta in questa pista ciclabile. Solo la domenica qualche genitore si avventura con i bambini per qualche minuto sulla pista. Ma non c’è sicurezza e con l’inciviltà che regna incontrastata diventa pericolosa per i bambini con le loro piccole biciclette. I grandi? Manco a parlarne, mai visti manco di domenica”!!

Mentre i due “rappresentanti” del Premio ascoltano i pareri dei nostri amici pensionati, qualcuno, tra la folla di curiosi che si è formata, cerca informazioni con un telefonino tramite internet e inizia a fornire dati sulla pista ciclabile alla platea dei presenti:

Pista ciclabile di Napoli       

  • Percorso previsto: 20 km
  • Percorso Effettivo: 5 km da Viale Kennedy al lungomare Caracciolo.

Ideatore del Progetto          

Comune di Napoli: Amministrazione Iervolino (2006 – 2011)

Realizzatore del progetto

Comune di Napoli: Amministrazione De Magistris (2011 – 2016)

Costo del progetto

Più di 1 milione di Euro tramite fondi Comunali e regionali.

 Previsione di ampliamento dell’opera

Allo stato non operativa

 Criticità rilevate

Errori nei tracciati. Troppi percorsi in contro senso, pur se protetti da cordoli.  Vari attraversamenti troppo pericolosi e poco protetti.

Percorso nella Galleria Quattro Giornate in controsenso. Imbocco in Via Duilio particolarmente pericoloso per attraversamento veicoli provenienti da Piedigrotta e percorso in galleria fortemente inquinato.

Percorso ciclabile sempre occupato da motorini in sosta (viale Augusto; Piazza S.Vitale) Accessi occlusi da auto in sosta; Rimozione rifiuti assolutamente inesistente.

Restringimento della carreggiata del viale Augusto con eliminazione servizio di trasporto pubblico e relative fermate ANM e similari, con dirottamento delle linee su via G. Cesare. Conseguente disservizio e disagi per fruitori servizi di trasporto pubblico. Desertificazione del Viale Augusto (percorso da Piazzale Tecchio – Piazza Italia).

Risulta oltremodo scarso l’uso della pista ciclabile nei tratti di attraversamento del quartiere di Fuorigrotta, ove si registra la sostanziale impraticabilità della medesima. Queste le notizie che rimbalzano nella piazza da fonti internet.

Siamo ormai ben oltre mezzogiorno. La pista ciclabile è sempre più rovente ma altrettanto vuota e desolata. Alle 13 il gruppetto di pensionati da forfeit e si accomiata dai due giovani di belle speranze. “Torneremo verso le 17 quando farà più fresco. Giusto il tempo del pranzo e una veloce pennichella” – avverte uno degli amici pensionati. E un altro aggiunge: – “Vedrete che sarete ancora qui al nostro ritorno. Chi volete che passa per questa pista? Vi conviene andare a mangiare qualcosa anche voi, qui è tempo perso. Questa è una pista fantasma”!! E si allontanano veloci in diverse direzioni.

Si sono fatte ormai le 17, il caldo non sembra scemare e i nostri due ragazzi incaricati di premiare il primo ciclista in transito nella “preferenziale a due ruote” sono ormai senza speranza di raggiungere il loro obiettivo. Di lì a poco si materializzano anche i pensionati freschi e vogliosi di dare battaglia con le loro battute: – … “Siete ancora qui? Lo avevamo detto che è tiemp perzo, uagliù”.

Tra le risate generali, qualche sfottò e un ricordo commosso dell’indimenticabile Luciano De Crescenzo, dai nostri amici pensionati, che di esperienza di vita ne hanno da vendere, arriva ai due ragazzi il consiglio di desistere dal loro improbabile impegno: – “Sentite a noi…. questa pista ciclabile è una sola. È stata fatta pe’ piglià voti e comunque a Fuorigrotta ci ha solo inguaiati”. E aggiungono: – … “I soldi spesi potevano usarli per ripiantare le palme nei giardini del Viale Augusto o per aggiustà le tre stazioni della nuova Metropolitana. Si, proprio quella fantasma, come la pista ciclabile! La metropolitana che non funziona”.

“Ma si, a Linea 6” – si eleva un’altra voce dal coro – “quella inaugurata inutilmente da Prodi e Iervolino. Un chilometro e mezzo di linea ferrata da Fuorigrotta a Piedigrotta e dopo pochi mesi l’hanno chiusa! È già tutto fuori uso: piazzette, giardini e stazioni. È nu schifo e nisciuno fa niente”.

Dal gruppo dei pensionati rimbomba ancora una voce sin ora silente: – … “Uagliu’ ca’ pe verè ‘na bicicletta ce vole solo nu miracolo e pe verè nata vota a Polizia Municipale …ce vò nata Olimpiade!”.

Ed è così che tra battute più o meno divertenti, con la consueta bonarietà dei napoletani, i due ragazzi “tolgono le tende”. Si sono fatte le 19 e di biciclette neanche l’ombra. Questa giornata di lavoro e di sfottò è servita almeno a far comprendere a chi deve comprendere che di cattedrali nel deserto e di demagogia spicciola a danno dei cittadini questa città non ha proprio più bisogno! Piuttosto si resta in attesa delle palme al Viale Augusto. Un palmeto storico di cui i fuorigrottesi e l’intera città andavano fieri. Un palmeto negato da un Sindaco che si vanta di essere pure un ambientalista…. E chest’è!!

Al Cardarelli i furbetti commettono un crimine odioso da punire esemplarmente

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La brutta vicenda della truffa dei cartellini all’ospedale Cardarelli di Napoli induce a più di una considerazione oltre appunto il reato in se.
Chi conosce la condizione di crisi della sanità campana e delle enormi difficoltà nelle quali versa , ma conosce allo stesso tempo il sacrificio direi eroico di una parte significativa del personale medico e paramedico, non può che esecrare i delinquenti che rubano ore di lavoro a persone deboli in disagio e spesso a rischio della loro stessa vita.
Chi è stato nel pronto soccorso del Cardarelli (e non solo) può facilmente equipararlo ad un ospedale in zona di guerra e quindi assentarsi dal lavoro in tale contesto è un crimine odioso che merita una punizione esemplare e nessuna scusa potrà mai essere accettata per un comportamento ignobile e lesivo della stessa vita.
Non si potrà mai sapere se quel paziente è morto a causa di un “furbetto” del cartellino, se le condizioni di un ricoverato si sono aggravate perché non gli è stata praticata un’iniezione o se la camera operatoria ha dovuto rinviare degli interventi per carenza di personale.
Non si saprà, ma è fin troppo certo che sia accaduto al Cardarelli ed altrove dove controlli superficiali e le “protezioni” sindacali hanno concesso che la pratica si svolgesse indisturbata.
Luciano De Crescenzo avrebbe detto che gente così non può essere napoletana.
Purtroppo l’imbarbarimento della società, la presenza di una malavita che impone i suoi modelli anche grazie alla loro diffusione televisiva (come accade nella serie tv Gomorra), una classe politica inetta che tiene la Città in una condizione da terzo mondo, fa apparire la vicenda dei cartellini marginale rispetto alle “stese” di camorra, quando in realtà appartiene alla stessa matrice ed è lì che bisogna affondare il bisturi nel tentativo estremo di salvare una Città alla deriva.

Eccellenze in Campania: il biologico di qualità

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Nel territorio del comune di Roccarainola in provincia di Napoli su un terreno di circa due ettari, grazie all’impegno di un giovane imprenditore, Stefano Vacchiano, è nato uno dei primi allevamenti d’Italia di galline ovaiole, il primo della Provincia di Napoli. 550 galline per iniziare ed una produzione di uova già significativa che sta incontrando il consenso dei consumatori.

L’allevamento rispetta tutte le normative inerenti il biologico: terreni sani, acqua corrente fornita dalla rete idrica, energia elettrica prodotta in loco con pannelli solari, mangime biologico e galline che libere razzolano nei campi, nessun uso di antibiotici o ormoni per accelerare la crescita.

Una attività nata da pochi mesi e che ha già raggiunto numerosi riconoscimenti di assoluta qualità biologica del prodotto.

Questa è la dimostrazione che là dove si incontrano le idee con la caparbietà e la conoscenza dell’uomo si possono mettere su attività economiche di rilievo anche nella nostra regione.

Il vero prodotto biologico che nasce nell’azienda agricola KM 2.O è certificato e supera numerosi controlli prima di essere commercializzato.

Per la nostra agricoltura e per i nostri allevamenti si aprono nuove frontiere grazie al biologico di qualità.

E allora Bibbiano? Non faremo calare il sipario su fatti così gravi

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Dalla pagina facebook del cantante Nek

Il PD denuncia il “tormentone”, ma noi intendiamo parlarne ancora.

Dovremmo parlare quotidianamente dell’orrore di Bibbiano, dovremmo tenere accesi i riflettori ininterrottamente su questa vicenda che, a detta di molti, pare sia solo la punta di un orribile iceberg.

Dovremmo analizzare e capire come è stato possibile che, nel nostro paese, venissero perpetrate, sotto gli occhi della società civile, simili atrocità ai danni di minori indifesi – strappati senza motivo alla propria famiglia d’origine, con manipolazioni e pressioni e assegnati ad altri nuclei familiari – e questo proprio ad opera di chi invece avrebbe dovuto tutelarli.

L’inchiesta sui minori di Bibbiano (comune in provincia di Reggio Emilia) si chiama “Angeli e Demoni” e riguarda (come si può leggere se si fa apposita ricerca su Google), affidi illeciti basati su perizie false per togliere illegittimamente i bambini ai propri genitori e collocarli, in “affido retribuito”, ad amici e conoscenti (!).

Una storia che parla di presunte pressioni sui bambini coinvolti affinché fossero indotti a denunciare abusi in realtà mai subiti in famiglia, di assistenti sociali precari che hanno taciuto e assecondato questo sistema per timore di ritorsioni lavorative da parte dei  propri superiori, di documenti falsi e relazioni stese ad hoc per fare apparire i genitori inadeguati, di disegni modificati con l’intento di far ritenere i piccoli vittime di abusi sessuali in famiglia e,  infine, di  soldi pubblici che sarebbero stati utilizzati per favorire le strutture private finite al centro delle indagini.

Il sistema sarebbe stato in atto sin dal 2014. Le indagini sono cominciate circa un anno fa grazie alla PM di Reggio Emilia Valentina Salvi, insospettitasi per le troppe denunce dei servizi sociali contro genitori accusati di essere violenti.

Questi i fatti in estrema sintesi.

Parliamo di 27 persone indagate. Tra i reati contestati: frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamento su minori, lesioni personali gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione e peculato d’uso.

Ma l’oggetto di questa riflessione è, in realtà, un altro: ovvero la singolare e strumentale priorità individuata, rispetto a tale vicenda, dal PD, i cui esponenti sono attivissimi, da qualche giorno,  nel denunciare e lamentare inesistenti propagande politiche in loro danno (corredando il tutto con querele e minacce di querela verso chiunque osi esprimersi in merito ai fatti di Bibbiano) e ciò all’unico fine di proteggere il proprio partito da qualsivoglia responsabilità e soprattutto distogliere il focus dai fatti di Bibbiano.

L'”orrore” che ha indotto esponenti PD come Fiano, Boldrini & Co. a pronunciarsi sul tema parrebbe essere la presenza sui social di centinaia di “meme” e post che accuserebbero il PD ed il movimento Lgbt “di avere oscurato l’inchiesta di Reggio Emilia sui presunti abusi”.

Ora, se le opinioni possono essere ignorate i fatti invece no, i fatti restano tali e rispetto ad essi chiunque abbia un ruolo politico ha il dovere di esprimersi, di prendere una posizione.

Invece pare che, recentemente, si debba addirittura temere di affrontare l’argomento perché esporrebbe a rischio di querela e questo solo perché il caso coinvolgerebbe (come l’inchiesta sta acclarando) esponenti del PD.

Il partito Democratico non vuole essere accostato a questa vicenda ma, nel frattempo, non ha ancora sospeso dal partito i soggetti coinvolti e, più che condannare quanto accaduto, si è preoccupato di  silenziare chiunque parlasse del caso, con querele e con persecuzioni sui social tese a bloccare account di utenti che scrivono usando determinati  hashtag.

Ma cosa c’entra il Partito Democratico con l’inchiesta sull’affido dei bambini di Bibbiano?

In sintesi: nel sistema degli “affidi” di Bibbiano ricorre il nome di Roberta Mori, presidente Dem della Commissione Parità della Regione Emilia Romagna. A lei, sia Federica Anghinolfi (Pd), dirigente del servizio sociale integrato Val d’Enza, che il sindaco Dem di Bibbiano Andrea Carletti nel 2015 presentarono il Modello Val d’Enza sponsorizzato con fierezza dalla Mori.

L’ex sindaco Dem Andrea Carletti, invece, è agli arresti domiciliari perché, in qualità di primo cittadino, insieme a Federica Anghinolfi (Pd), avrebbe, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, «omesso di indire una procedura pubblica per l’affidamento del servizio di psicoterapia avente un importo superiore a 40mila euro, procurando un ingiusto vantaggio ad Hansel e Gretel».

Le contestazioni a carico di Andrea Carletti sono riferite a reati contro la pubblica amministrazione: abuso d’ufficio e falso ideologico. Nell’ordinanza del Gip di Reggio Emilia, si legge di «una piena consapevolezza dell’illiceità del sistema (sempre dal punto di vista amministrativo) e dell’assenza di qualunque forma di procedura o evidenza pubblica volta all’affidamento del servizio pubblico di psicoterapia a soggetti privati».

Carletti, dall’8 luglio, non è più il sindaco del Comune di Bibbiano e dopo la sospensione disposta dalla Procura, ha deciso di autosospendersi anche dal Partito Democratico.

Tuttavia, Emanuele Fiano, deputato del PD, ha tenuto di recente a ricordarci che “Attenzione perchè c’è chi si è preso una querela dopo aver accostato il nostro partito (PD) a quella vicenda”, riferendosi ad una dichiarazione di Luigi Di Maio che avrebbe detto che il PD sarebbe “il partito di Bibbiano, un partito che toglieva i bambini alle famiglie per venderseli …”.

Insomma, a chi chiede giustizia in merito ai fatti di Bibbiano,  a chi si dichiara umanamente disgustato e orripilato per quanto accaduto a Bibbiano –  fosse anche solo per avere preso cognizione del fatto che può accadere a chiunque di noi che vengano tolti i figli senza motivo,  in base a menzogne costruite a tavolino,  per affidarli a chissà chi e chissà perché  ed a fini di lucro, in danno della salute fisica e mentale di bambini innocenti –   alcuni esponenti del Partito Democratico rispondono denunciando l’esistenza di una “propaganda” contro di esso e annunciando querele e lamentando la nascita di un nuovo tormentone sui “social”: “e allora Bibbiano?” (sulla falsariga de “e le Foibe”, “ed i Marò?”).

Diceva Giorgio Almirante: “Se un politico ruba deve andare in galera. Se il ladro è uno dei nostri deve avere l’ergastolo”.  Ma, a quanto pare, non tutti ragionano così.

Napoli, disordine e movida

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Nipoti di Bassolino e figli di De Magistris.

Non passa giorno che la cronaca nera non debba tristemente registrare episodi di violenza che caratterizzano le notti napoletane.
Aggressioni, risse tra giovani e giovanissimi, interi quartieri ostaggio di una “movida” che nasconde spesso illegalità e criminalità.
All’indomani degli episodi più cruenti puntualmente l’amministrazione comunale promette l’adozione di provvedimenti che possano regolamentare le attività dello “svago” notturno e ripristinare per gli abitanti di Chiaia e di Bagnoli (solo per fare degli esempi) una vita normale. Ma basta attendere qualche giorno per verificare che dopo gli annunci di rito non accade assolutamente nulla, lasciando gli abitanti delle zone interessate soli e prigionieri di un caos programmato e ripetuto.
Il disordine e le illegalità sono state di fatto tollerate dalle ultime amministrazioni comunali che si sono comportate e si comportano come veri e propri complici di quanti lavorano nella illegalità.
L’ultimo episodio verificatosi a Bagnoli, dove gli operatori sanitari di una autoambulanza sono stati aggrediti perché disturbavano con la loro presenza la buona riuscita di una notte musicale, rappresenta lo specchio purtroppo veritiero di quello che accade nella nostra città.
Bagnoli, da area strategica per lo sviluppo economico ed urbanistico della nostra città, si è trasformata in area dove gli esercenti delle attività di svago notturno sono gli unici a guadagnarci e diventano complici di quanti preferiscono che l’intera area rimanga così come è ora. Molto lontana da un recupero utile a tutti i napoletani.

Un piano straordinario per Napoli per sconfiggere la camorra

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Così come si strutturarono Polizia e Magistratura per affrontare e sconfiggere il terrorismo

Il rapporto della DIA sulla gravissima situazione criminale che affligge Napoli ed il suo hinterland dimostra  che ci si trova in un contesto davvero fuori controllo.
Quarantadue clan  si protendono come un’immensa piovra sulla città, stringendola in una strettissima morsa mortale.
Ogni gruppo criminale ha i suoi uomini armati, i suoi arsenali, i suoi nascondigli, le sue “attività” economiche illecite ( droga, usura, prostituzione , estorsione) e lecite, e quelle “normali”, in realtà dedite al riciclaggio, che alterano il libero gioco del mercato in quanto non dedite al Commercio oppure alla produzione di servizi, ma solo all’attività di “lavanderia” dei profitti illeciti , anche con notevoli minus valenze.

Mappa della spartizione territoriale dei clan napoletani – fonte corriere del mezzogiorno

Migliaia, decine di migliaia di baristi, pasticcieri, camerieri, ragionieri, impiegati, dirigenti, fattorini, autisti, muratori, architetti, ingegneri e così via, sono di fatto dipendenti dai Clan, dai cui affari  dipendono le loro vite, la loro sopravvivenza economica e quella delle loro famiglie e costituiscono una vasta fascia di consenso che in mille modi ostacola la Giustizia
Non si tratta di rafforzare i presidi con 50, 100 o anche 1.000 agenti in più per il controllo del territorio.
Magari ci potranno essere meno “stese”, una criminalità meno evidente e pericolosa , ma la sostanza di una società criminale diffusa ed articolata presente in ogni ambito territoriale ed economico resterebbe pressoché uguale. Per Napoli occorre un piano straordinario, un decreto sicurezza apposito che istituisca strutture speciali così come si strutturarono Polizia e Magistratura per affrontare e sconfiggere il terrorismo. Unità speciali, addestrate, specializzate, per rivoltare da cima a fondo i clan, recuperare migliaia di giovani caduti nelle loro grinfie, risanare l’economia inquinata e tanto altro ancora.
Michele Florino senatore missino della Commissione antimafia affermava, anni fa, che lo Stato e le sue Istituzioni avevano difatti concluso una sorta di “patto di desistenza ” con la criminalità.
Il problema è così grave, ampio e diffuso che si finge che si possa risolvere evitando che dei ragazzacci un po’ esaltati continuino a sparacchiare per la strada piuttosto che affrontarlo di petto prima che sia troppo tardi, posto che ormai ci sia ancora tempo, in una società profondamente inquinata a tutti i livelli dal fenomeno criminale.
Nicola Cristaldi, deputato siciliano di AN, già presidente dell’Assemblea regionale siciliana, per quattro anni sotto scorta per minacce della mafia trapanese, dopo una riunione del Comitato per la sicurezza svoltosi a Napoli, in Prefettura, mi disse al Gambrinus, durante un’interruzione dei lavori, che la situazione gli appariva molto grave perché mentre in Sicilia si combattevano due realtà, la Sicilia della mafia e quella dell’antimafia, con una piccola zona grigia che stava a guardare, qui da noi vedeva un’immensa zona grigia che impediva di combattere a fondo e sconfiggere la malavita e che era sbagliato definire “camorra” la criminalità napoletana per assimilarla alla mafia, trattandosi in realtà di una realtà stracciona composta da gruppi in guerra fra di loro e per questo ben più pericolosa e pervasiva.
Illuminare dunque la zona grigia e stroncare dalle radici il mostro, un lavoro che non è mai iniziato!

Antonio Parlato, un gigante della politica

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Nove anni fa ci lasciava Antonio Parlato.
Pochi giorni prima mi aveva chiesto di raggiungerlo al suo studio per parlare un po’ come da antica consuetudine.
Solo qualche giorno dopo compresi, con grande emozione, che quell’incontro, nel corso del quale discutemmo di tante cose, ma nulla di importante e di urgente, fu il suo modo gentile di accomiatarsi, di salutarmi, di darmi l’addio, con il suo dolce sorriso, appena velato dalle sofferenze indicibili che il male gli provocava.
Conoscemmo Antonio quando eletto consigliere comunale di Napoli iniziò sin da subito a distinguersi per la sua capacità di vedere e di affrontare i temi della Città con una visione ampia e progettuale che, qualche anno dopo ,da segretario della federazione del MSI, lo portò a concepire il “Progetto a cinque dimensioni per Napoli Capitale” che per oltre vent’anni fu il cavallo di battaglia della destra sociale e popolare nelle Istituzioni e nelle Comunità locali e che conserva intatta la sua visione della funzione e dello sviluppo dell’area metropolitana di Napoli e più in generale del Mezzogiorno.
Insieme aderimmo a Linea Futura la componente di Pino Rauti, di cui ben presto divenne il numero due, per la sua immensa capacità e qualità di lavoro.

I GRE (Gruppi di Ricerca Ecologica), i Campi Hobbit, Presenza, il Secolo, le decine di pubblicazioni di area, i festival del Secolo e le feste tricolori, si avvalsero della partecipazione appassionata, delle iniziative, dei suggerimenti, delle linee d’indirizzo, dell’infaticabile Parlato le cui giornate di lavoro politico in qualche caso sfioravano le 24 ore ( nonostante gli affettuosi e preoccupati, quanto inascoltati, inviti degli amici, di riguardarsi una salute sia pure di ferro ma messa a dura prova dalla pesantezza degli impegni , ed anche dalle 80 sigarette al giorno).

In un’Assemblea cittadina nella quale si affrontavano grandi personalità, da Valenzi a Geremicca, da de Lorenzo a Pomicino ed a tanti altri ancora, imponeva la sua presenza con i suoi interventi, sempre ascoltati con attenzione e rigoroso silenzio, con proposte di deliberazioni con centinaia di ODG sui più svariati temi ed istanze della Città approvati all’unanimità.
E poi la sua indefessa ed indomita attività di deputato con decine di migliaia di proposte di legge, di interrogazioni, d’interpellanze, di mozioni, odg, che determinarono l’apertura di inchieste e sostennero e supportarono l’attività di centinaia di consiglieri comunali in Campania ed in tutta Italia.

Parlato fu segretario federale del MSI di Napoli. La sua gestione fu una vera rivoluzione copernicana, una ventata di modernità, di attivismo, di formazione di classe dirigente , di proposta politica.
Un grande motore organizzativo anche per la componente rautiana e poi a capo dell’Organizzazione del MSI durante la breve ma intensa segreteria di Pino Rauti.
E che dire degli impegni istituzionali, sottosegretario di Stato del primo Governo Berlusconi, ma anche poi alla presidenza dell’INAIL e poi dell’IPSEMA, dove ha lasciato tracce significative e indelebili della sua direzione e delle sue scelte, sempre orientate in assoluta coerenza con la sua visione ideale e politica, sia che si trattasse del coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese, che dell’approvazione del Codice Etico, che del Bilancio Sociale e così via, coniugando sempre l’efficienza al sociale.

Sono passati nove anni ma Antonio Parlato è qui con noi, nei nostri cuori, nelle nostre menti, nei nostri progetti, nelle nostre speranze.

 

Ambiente, sviluppo e l’esercito dei “no” che paralizza il Paese

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Quando si affrontano le tematiche ambientali si ragiona, quasi sempre, nell’ottica di problematiche difficili e per lo più irrisolte: dissesto idrogeologico, inquinamento, rifiuti, riscaldamento globale, plastica, bonifiche, “terre dei fuochi”, energia nucleare, depuratori, termovalorizzatori, rigassificatori, erosione costiera, incendi, alluvioni e tanto altro.

Argomenti che affronteremo con puntualità sulle pagine di Campo Sud e, di volta in volta, cercheremo di dare la nostra interpretazione aprendo, mi auguro, un dibattito propositivo e costruttivo, perché di “ambiente” da tempo, per non dire da sempre, hanno fatto parlare solo gli “ambientalisti di carriera” che, nell’assenza voluta di altri interlocutori, hanno occupato militarmente tutti gli spazi politici e non, soprattutto quelli mediatici.

Da oggi  Campo Sud offre la possibilità di confrontarci su questa materia anche con i cosiddetti “intellettuali” che ne hanno fatto il loro esclusivo campo di informazione e che, spesso, con i loro “NO” hanno condizionato le scelte politiche per anni, paralizzando ed imbalsamando il territorio, così come è avvenuto anche di recente: NO alla TAV, NO ai termovalorizzatori, NO alle centrali nucleari, NO alle infrastrutture, NO ai rigassificatori, NO al ponte sullo stretto e perfino no alle  OLIMPIADI.

Per paura o per incapacità non hanno voluto assumersi la responsabilità di decidere positivamente per la realizzazione di opere, di qualsiasi opera, utili per migliorare la fruibilità del territorio, la vita ed il benessere delle Comunità, che possono e devono essere realizzate nel pieno rispetto della natura e dell’ambiente ed inserirsi armonicamente nel paesaggio.

Argomenti difficili e complessi, ma non per questo inaffrontabili ed irrisolvibili. Noi, per la lealtà e sincerità che ci viene riconosciuta, non vogliamo fare alcuna polemica con chicchessia ma vogliamo aprire un dialogo per realizzare una “alleanza per l’ambiente” scevra da steccati ideologici e preconcetti, tale da costruire un sentire comune a prescindere dalle appartenenze politiche.

Sarà difficile, forse impossibile, ma per quanto ci riguarda proveremo a farlo e per questo le pagine di CAMPO SUD sono aperte al dibattito al quale, mi auguro, possano partecipare tutti coloro che sono animati da uno spirito positivo perché la tutela dell’ambiente e della biodiversità, coniugata con lo sviluppo produttivo e sostenibile dei territori, dovrebbe essere un valore comune e non divisivo.

Per questo desidero aprire questo primo appuntamento su Campo Sud parlando di un aspetto più che positivo delle politiche per la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente, attuate in questi ultimi anni grazie al lavoro oscuro, ma qualificante ed indispensabile, dei dirigenti e dei funzionari della Direzione Generale per la Protezione della Natura e del Mare del Ministero dell’Ambiente e dei tanti Enti gestori, che ha portato benefici ai territori ed alle Comunità interessate.

Mi riferisco al “sistema” delle aree protette che rappresenta un vanto per il nostro Paese.

Ho avuto la possibilità, grazie alla fiducia concessami allora dai Ministri Altero Matteoli (AN-MSI) e Stefania Prestigiacomo (FI), con l’ intesa del Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino (DS), di ricoprire gli incarichi di presidente del Parco Nazionale del Vesuvio, il parco, forse, più antropizzato del mondo e  del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni che, con le sue due Aree Marine Protette, quella di Santa Maria di Castellabate e Costa degli Infreschi e della Masseta che è la più grande d’ Italia.

Nel 2001 sembrò un affronto al solito mondo ambientalista che aveva egemonizzato e colonizzato tutti i ruoli, i luoghi, gli Enti, le Università che un militante della destra politica e sociale fosse nominato al vertice di un Ente Parco. Dopo essere entrato in punta di piedi, insieme ad altri, in un mondo in cui i “soliti noti” si sentivano esclusivi competenti e “padroni” abbiamo avuto la possibilità di praticare i nostri valori e le nostre idee, di farci conoscere ed apprezzare e dimostrare con i fatti che “quelli di destra” anche in materia ambientale non erano secondi a nessuno. Dopo questa premessa passiamo, come dicevo, a parlare del lato bello, positivo ed interessante del sistema delle aree protette in Italia: 24 Parchi Nazionali che comprendono più di 527 per lo più piccoli comuni; 27 Aree Marine Protette; 1 Santuario Internazionale per i mammiferi marini; 2 Parchi Sommersi, oltre 142 parchi regionali, più di 520 riserve statali e regionali, che tutelano una superficie di oltre tre milioni di ettari a terra, più del 12% del territorio nazionale e più di 228mila ettari a mare e circa 700 Km di costa.

Alla rete delle aree protette, istituite dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province si è aggiunta la rete “NATURA 2000” che raccoglie più di 2289 Siti di Importanza Comunitaria(SIC) e 609 Zone di Protezione Speciali(ZPS) istituite ai sensi della Direttiva Habitat che copre una superficie significativa del territorio nazionale.

L’isolotto di Licosa nell’area marina protetta di Santa Maria di Castellabate

Un vero e proprio mosaico formatosi nel tempo a partire dal 1922 con la istituzione del primo Parco Nazionale, il Gran Paradiso, proseguito con la istituzione dei Parchi Nazionali dello Stelvio, dell’ Abruzzo e del Circeo, sempre durante il ventennio, implementato notevolmente negli anni ’70 ed ancora più decisamente a seguito della approvazione della Legge 394/91, la legge quadro sulle aree protette con la quale il legislatore, dopo un lungo dibattito durato anni, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la  valorizzazione del patrimonio naturale, culturale ed artistico del nostro Paese, così come avvenne con l’ istituzione dei primi quattro storici parchi nazionali, ha voluto sottoporre ad un regime speciale di tutela e di gestione il patrimonio naturale, le formazioni geologiche, geomorfologiche e biologiche che hanno un rilevante valore naturalistico ed ambientale.  Pertanto, i territori nei quali sono presenti tali valori, soprattutto se vulnerabili, sono stati sottoposti ad una tutela eccezionale dove l’integrazione tra l’uomo e l’ambiente, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici e tradizionali deve essere perseguita, in uno con la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica nonché di quelle ricreative anche con l’incentivazione di nuove   iniziative produttive sostenibili per lo sviluppo economico e sociale delle Comunità residenti all’ interno delle aree protette e nei territori adiacenti allo scopo di rendere ambientalmente sostenibili, nel tempo, le attività umane.

Grazie a questo sistema, perché di un vero e proprio sistema si tratta, l’Italia detiene il record della biodiversità in Europa. Tutelare l’insieme di tutte le specie viventi geneticamente diverse e degli ecosistemi ad esse correlate significa garantire la continuità della vita, compresa la nostra, sull’intero pianeta.

Da tempo, finalmente, si è affermato un principio non più rinunciabile: i Parchi, le Aree Protette non sono più musei imbalsamati ed impenetrabili ma la tutela dell’ambiente deve rappresentare anche un valore aggiunto per lo sviluppo compatibile dei territori. Quindi non solo tutelare l’ambiente ma soprattutto promuovere e valorizzare le nostre tante diversità culturali fatte di tradizioni, usi e costumi, storia e saperi, appartenenze, tipicità agricole ed enograstronomiche di eccelsa ed inimitabile qualità.

Queste brevi considerazioni che spero che i lettori di Campo Sud possano condividere, hanno nel tempo consolidato il convincimento che, insieme all’indimenticato Antonio Parlato, abbiamo sempre sostenuto: lo sviluppo sociale, culturale e, di conseguenza, economico di un territorio, nel rispetto dell’ambiente e della natura non può prescindere dalla valorizzazione delle proprie identità, specificità e tradizioni. Per questo è diventato necessario attuare tutte quelle politiche tese a contrastare la omologazione e la massificazione dei Popoli che ne distruggono i valori e le identità. Vivere in un mondo globalizzato dalla finanza e dai mercati, che ci renderà schiavi ed uguali, non ci piace e non ci piacerà mai. L’ orgoglio e la consapevolezza delle identità non devono essere più chiusi in se stessi ma aprirsi senza timore per accettare il confronto e la competizione internazionale. Il nostro Paese ed il SUD in particolare costituisce, da sempre, un intreccio inestricabile di storia, natura e cultura che, con le sue opere d’arte, le sue architetture, i suoi imparagonabili paesaggi, il suo patrimonio religioso, in sintesi, con la sua ” bellezza”, costituisce il valore non calcolabile intorno al quale ricordare il passato per vivere il presente e costruire il futuro.

Eccellenze napoletane: l’Istituto Tumori di Napoli -Fondazione Pascale

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Una delle istituzioni vanto della nostra città è sicuramente l’Istituto Tumori di Napoli -Fondazione Pascale. Fu fondato nel 1933 e prende il nome dal suo fondatore e primo Presidente, il medico e senatore Giovanni Pascale. Nasce come istituto per la ricerca e la cura delle malattie oncologiche. Nel corso degli anni è diventato un punto di riferimento nazionale ed internazionale sia per la professionalità degli operatori, sia per l’utilizzo di cure e tecnologie all’avanguardia e a volte sperimentali e sia per i protocolli di terapie sofisticate. Ho avuto la ventura di confrontarmi con questa realtà e devo dire che sono venuti meno tanti luoghi comuni sul funzionamento della sanità nella nostra città. Al di là della qualità delle cure mi ha colpito l’umanità dell’approccio medico-paziente, a cui viene spiegato tutto senza reticenze alla presenza di un pool di psicologi che sostengono l’ammalato ed i suoi familiari. Si determina così un duplice binario di cure tecnico-scientifiche e umanizzanti tese a rinforzare nel paziente la voglia di guarire.

Girando all’interno della struttura pur nella percezione del dolore non si respira un’area di scoramento ma bensì soprattutto di speranza e fiducia nella battaglia che si sta combattendo. Un plauso a chi con tante difficoltà di ogni tipo permette a questa strutture di funzionare e di alleviare le pene della gente.

Una cultura popolare che non ha mai ammiccato alla borghesia radical chic

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Luciano De Crescenzo paga il suo voler rimanere un “uomo libero” ed a sinistra questo non piace.

Luciano De Crescenzo tra i suoi tanti meriti ha certamente quello di aver contribuito ad affrontare con parole semplici le questioni filosofiche che normalmente si studiano solo sui libri di scuola.

Un napoletano, ingegnere informatico e scrittore, attore e regista. Mai banale e costantemente alla ricerca dell’amore e della verità  in ogni aspetto della sua vita.
La sinistra che ha egemonizzato e spesso strumentalizzato quel mondo,  non lo ha mai conquistato.
Luciano De Crescenzo ha pagato il suo voler rimanere “uomo libero” con un tentativo, messo in atto da quanti assegnavano la patente di icona della cultura italiana, di “relegarlo” al ruolo di mero uomo di spettacolo.
Nulla di più falso.
Con la sua ironia, con la sua semplicità, con la sua saggezza e con la sua napoletanità, Luciano De Crescenzo ha insegnato a milioni di persone come poter essere contemporaneamente uomo e filosofo, scrittore e critico, napoletano e cittadino del mondo.