sabato, Dicembre 28, 2024
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Lo Svimez ci dice che a Sud siamo in piena recessione

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Le recenti esperienze al commercio estero e la lettura dei dati numerici, sono preoccupanti per tutti noi e per i nostri figli.
Un Italia che va male con il sud che viaggia ancora peggio.
I numeri parlano chiaro. Giovani e laureati che si trasferiscono all’estero o al Nord, mentre al Sud il reddito di cittadinanza non ha sortito i già improbabili effetti sperati dai pentastellati.
Il Prodotto Interno Lordo del sud avrà un’ulteriore decrescita e produrrà povertà e disagio per la gente del sud.
In base alle previsioni Svimez, nel 2019, l’Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con il Pil del Centro-Nord allo +0,3% mentre al Sud e nelle isole saremo in piena recessione con un’industria che ha ormai rallentato ed i servizi che rasentano l’inesistenza.
La sfiducia crescente in una politica di sviluppo ha prodotto “il fuitavenne” dei giovani che si trasferiscono al Nord o in Europa, tanto che gli “emigrati” hanno superato il numero degli “immigrati”: i dati parlano chiaro e dicono che nel 2017 si deve contare un saldo negativo di oltre 700.00 unità.
Gaetano Salvemini nel suo viaggio in treno verso il nord, ascoltando due giovani che denigravano le terre incolte che osservavano dal finestrino, avrebbe detto ciò che ancora oggi sarebbe attuale: date al Sud le medesime possibilità della gente del Nord e queste terre diventeranno oro per tutti.
Ed è su questo terreno che si deve riflettere mentre si discute con troppa faciloneria di autonomie regionali.
Non disdegnando, viceversa, l’idea mai sopita che le Regioni così come sono oggi, hanno rappresentato una vera malattia per la rinascita del Sud e delle sue energie positive.
Lasciare partite circa due milioni di giovani dal Sud – come è accaduto negli ultimi cinque anni – impoverisce queste terre e annulla ogni proposito di rinascita.
Si parta da questi dati per costruire un futuro per i nostri giovani.
Cittadelle universitarie, campi sportivi, formazione e meritocrazia.
E più Europa dei popoli con il rispetto per le scelte di politica interna.
Ed infine, una buona Politica nel mediterraneo.
La stessa che Antonio Parlato affermava doversi concretizzare nel rapporto tra il Mezzogiorno ed il Mediterraneo, che partisse da Napoli per svilupparsi nell’intero Sud: solo da essa sarebbe stato possibile attendersi la crescita economica e sociale del meridione.

Von Der Leyen in Italia tasta l’esecutivo in vista di un Draghi “di scopo”

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Ancora una volta, purtroppo, pare che la situazione italiana ed il futuro dell’Italia dipendano da Bruxelles.
Il presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen sembra essere venuta in Italia più per tastare il polso a questo esecutivo di contratto che per una visita di cortesia o per una colazione a Palazzo Chigi.
Mentre, infatti, propone, senza dettagli, nuove criteri di ripartizione circa l’accoglienza dei migranti e le conseguenti richieste di asilo fino ad arrivare a promettere la modifica del trattato di Dublino, che, però, deve essere approvato all’unanimità dal Parlamento europeo quindi, esprime solidarietà all’Italia, alla Grecia e alla Spagna. Ricordando, sottolineando, che a causa della loro posizione geografica, ob torto collo sono i primi porti di accoglienza.
Parole pronunciate subito dopo la situazione di stallo conclusasi con conseguente sbarco dalla Gregoretti, visto l’imminente arrivo della Alan Kurdi, nave ONG tedesca battente bandiera spagnola che punta verso il porto di Lampedusa e che ha prodotto le dichiarazioni/reazioni del Governo spagnolo che, con un tempismo ai limiti della casualità, fa sapere di non aver autorizzato alcuna operazione di soccorso. Mentre la Germania corregge il tiro e detta altre condizioni: si dice disponibile all’accoglienza di una parte dei profughi imbarcati-già-sbarcati sulla Gregoretti previo attracco in Italia della successiva Alan Kurdi.
Come a dire che sta ferma un giro che non è una penalità!
Il Presidente ci ricorda altresì che entro il 26 agosto bisogna esprimere un nome che andrà ad occupare una poltrona della Commissione Europea. Mentre Conte auspica un portafoglio di peso e la nuova eletta ricorda che è nelle sue facoltà rifiutare il nominativo qualora non lo ritenga all’altezza del compito da svolgere, si apre una nuova falla nella alleanza di governo gialloverde: la Lega esprime una rosa di tre candidati. Ritirato il nome di Giorgetti, presenta come papabili i fedelissimi Centinaio, Garavaglia e la Bongiorno che, dal canto loro, non sembrano guardare molto entusiasticamente alla carica di Bruxelles, preferendo avere le mani libere per un eventuale rimpasto.

Il Carroccio è già inviso al successore di Juncker visto che nemmeno l’ha sostenuta nell’elezione, contrariamente al Movimento 5 Stelle che non solo l’ha votata, ma i cui voti 14 sono risultati addirittura decisivi.
Forte di rimarcazione che evidenzia le quote rosa e in ossequio all’istituzionale amicizia, spunta il nome del ministro della Difesa (dell’inclusione e del pacifismo) Elisabetta Trenta. Che in un eventuale e millantato (ma mai ufficialmente richiesto rimpasto di governo) potrebbe addirittura volare a Bruxelles. Mossa a doppio taglio per i grillini che potrebbero essere criticati e paragonati agli euroburocrati di Bruxelles dalla Lega che – a questo punto – pretenderebbero di occupare con il leghista Raffaele Volpi il dicastero di via XX Settembre.
DiMa sceglie di essere cauto ed adotta la strategia dell’attendismo, dando così la precedenza nella scelta al partito di via Bellerio essendo il partito vincitore dell’ultima tornata elettorale in questione.
Meglio, dunque, evitare lo scontro (ponte Morandi, Flat tax, riforma della giustizia, autonomia regionale) ed attendere che si plachi la tempesta chiedendo solo di voler governare. Magari in autunno… quando Mario Draghi sarà libero da ogni vincolo europeo e Mattarella potrebbe proporgli la guida di un esecutivo di transizione (previa nomina a senatore a vita). Sul nome del(l’ex) governatore della BCE vi è il parere favorevole anche Silvio Berlusconi orfano ormai di Carfagna, di Toti e che potrebbe votarsi al Nazareno
Certi che al Quirinale stanno già misurando la temperatura “popolare”, anche se estiva.

Intercettazioni | Serve una legge che colpisca penalmente e patrimonialmente chi attua abusi

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È di nuovo agli onori delle cronache l’annosa questione delle intercettazioni e della relativa disciplina.

La polemica è furiosa ed ideologicamente impatanata tra le ragioni dei garantisti e quelle dei manettari. Oggi vorrei molto sommessamente suggerire una soluzione partendo da due insopprimibile premesse:

1) il bene più prezioso di una persona è la sua libertà nella sua più vasta accezione.

2) il magistrato inquirente ha il diritto di accertare la verità servendosi anche delle intercettazioni telefoniche degli indagati. Pertanto credo sia sufficiente una leggina che costituisca custodi tutta la filiera preposta all’ascolto partendo dal magistrato che dispone l’intercettazione, fino all’ultimo degli addetti.

Il secondo articolo della leggina servirebbe a chiarire che la violazione della normativa vigente relativa alla intercettazione comporterebbe per l’autore, se scoperto (ovvero per tutta la filiera nel caso di malintesa solidarietà) la responsabilità patrimoniale personale per i danni civili così come per quella penale nel caso di realizzazione di fattispecie di reati oltre alla risoluzione ore legis inappellabile del rapporto di lavoro.

Sono certo che una cosifatta legge non permetterebbe più che sia consegnato materiale alla stampa scandalistica (sotto forma di “fuga di notizie”) consentendo contemporaneamente di garantire ai cittadini il diritto alla libertà della persona.

Per “Bologna” bisognerebbe rifare il processo in nome della giustizia

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“La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della “resistenza palestinese” che, autorizzata dal “lodo Moro” a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo”, dichiarò l’ex-ministro dell’Interno e poi Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, un politico di grande esperienza nell’ambito di tutto ciò che si muoveva e si muove dietro le quinte dei conflitti internazionali, soprattutto grande conoscitore di strutture ed apparati “coperti” dai Servizi Segreti dei Paesi di tutto il mondo.
Una dichiarazione, quella del Presidente Cossiga, che fu registrata dalla stampa, già orientata in un’unica direzione, con scetticismo quando non addirittura con sarcasmo e che oggi invece trova nuove e clamorose conferme grazie a nuove indagini rese possibili mediante più aggiornate e sofisticate tecniche, come sta emergendo dal processo a Cavallini, per concorso, in atto in questi giorni.
Certa anche la presenza a Bologna, in quei giorni, secondo la Stasi, il potentissimo servizio segreto della Germania comunista, di terroristi del gruppo dinamitardo di Carlos “lo sciacallo”, Thomas Kram e Christa Margot Frolich.
I riscontri tecnici metterebbero in relazione la strage di Bologna ad attentati terroristici addebitati a Carlos in Francia, in particolare quello di Saint Charles del 31 dicembre 1983.
Carlos invece a sua volta sostenne che erano stati gli americani a far esplodere la bomba alla stazione per distruggere armi trasportate da alcuni nuclei dell’FPLP, un gruppo terrorista palestinese che operava in Europa e negli Stati Uniti. Per Carlos, l’attentato di Bologna sarebbe servito per “tenere l’Italia nell’orbita Nato”.
Una sola cosa appare comunque certa a tutti quelli che negli anni hanno seguito la drammatica vicenda del più grave attentato mai compiuto in Italia in epoca di pace: i colpevoli, condannati all’ergastolo, Fioravanti, Mambro e Ciavardini sono innocenti. Tuttavia, ancora ieri, dal presidente del Comitato delle vittime della strage, passando per Mattarella, (il quale peraltro timidamente ha affermato, non certo a caso, che si devono eliminare “le zone d’ombra”), si è continuato ad affermare che “individuati gli esecutori materiali, bisogna trovare i mandanti” e, non invece, come sarebbe giusto e sacrosanto, che bisognerebbe rifare il processo daccapo, senza verità preconfezionate e colpevoli anch’essi fatti su misura, per restituire giustizia ad 87 persone innocenti ed a centinaia di feriti nonché ad un Paese intero, avvelenato da una Giustizia ideologica che non prende atto di quanto anche le pietre martoriate della Stazione di Bologna ormai conoscono.

Il centro destra si dia una mossa

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Bisogna accelerare i processi che devono portare alla individuazione dei candidati alle prossime importanti scadenze amministrative.

Si avvicinano a gran passo le elezioni regionali della Campania insieme al rinnovo di importanti amministrazioni comunali senza che al momento lo schieramento di Centro Destra risulti univoco, compatto e preparato per l’occasione.

Ad ogni elezione il CDX, specie per il rinnovo delle amministrazioni comunali, esplode per i numerosi candidati che si propongono, in stragrande maggioranza autoreferenziali, creando notevoli  ritardi per la compilazione delle liste, dei programmi e di un’azione efficace sul territorio.

Tutto ciò  diventa inspiegabile ed insopportabile per l’elettore che si aspetta un rinnovamento ed una maturità politica tale da essere vincente e convincente al tempo stesso.

Ogni volta siamo spettatori di uno spettacolo indecoroso e di una lotta fratricida che puntualmente porta la sinistra o aggregazioni ad essa vicina ad essere vincenti sui nostri territori.

Ad esempio in città come San Giorgio a Cremano, Portici o Ercolano che nel passato hanno saputo esprimere splendide figure di consiglieri ed amministratori oggi si registra l’assenza quasi totale di azione politica per tradimenti e la non volontà di presentarsi sotto le sigle ufficiali dei partiti. Ed è vero anche che molte di queste città, grazie al sistema elettorale per la Camera ed il Senato, sono state trascurate ed ignorate nella scelta dei rappresentanti al Parlamento.

Bisogna sul territorio campano, in particolar modo nella provincia di Napoli, riprendere un’azione di aggregazione con spinte ideali e programmatiche non asservite ad interessi personali o solo finalizzate ad accrescere le preferenze di qualche candidato alla Regione. So che queste mie considerazioni sono difficili da applicare, solo l’impegno delle segreterie regionali e provinciali di tutte le componenti può far sì che ci si possa avviare ad un virtuoso e fruttuoso cammino che porti finalmente il cambiamento sia nella regione Campania che per Napoli e tutte le cittadine della provincia.

Impugnare la delibera di De Magistris per l’occupazione di suolo pubblico

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Abbiamo convocato, ieri, nell’ultimo giorno di luglio, la stampa e i cittadini perché la famosa delibera di riordino dei Dehors (spazi all’aperto forniti di tavolini, caratterizzante i bar ed i ristoranti) del giugno 2019 segna probabilmente il punto più basso di questa vicenda: si presenta infatti nella sua assoluta irrazionalità come un provvedimento che non disciplina nulla e rimette tutto all’arbitrio e alle ingiustizie più totali.

Un provvedimento che crea solo discriminazioni, lascia insoluti tutti i problemi, privilegia in maniera plateale alcuni, abbandonando tutti gli altri nel caos.

È qui non si parla più di grigliati, dehors, gazebo, ma di imprese utili per cittadini e turisti, di servizio alla città, di decoro urbano, di lavoratori, fallimenti e chiusure e di persone come i titolari e i lavoratori dello Chalet Ciro che l’anno scorso furono costretti ad una serrata.

Chi disciplina queste materie dovrebbe innanzitutto comprendere che si parla di uomini e donne per i quali anche 1-3 giorni di chiusura, i ritardi nelle decisioni, l’obbligo di cambiare ombrelloni senza motivo alcuno (asta centrale / falda / mantovana), la necessità di corrispondere COSAP senza poi guadagnare e il trascinamento ogni sera di tutti gli arredi all’interno dei locali possono costituire motivo di sopravvivenza.

Abbiamo presentato i motivi per cui bisogna impugnare la delibera di giunta per l’occupazione di suolo pubblico.

Questa delibera assurda ed incompleta, va impugnata per evitare alla città il caos amministrativo e la nascita di un regime di concorrenza sleale tra zone diverse della città e tra diversi operatori della città.

Il piano era stato presentato con annunci trionfali sui giornali come piano di regolamentazione urbanistico – commerciale per tutta la città e poi scopriamo che è tutto totalmente infondato, il piano non è un piano e purtroppo regola e male solo dieci strade e poche piazze su decine di migliaia di strade presenti in città.

Dal 30 aprile, data dell’ultima proroga, tutti gli esercizi commerciali della città, tranne i pochissimi regolamentati, diventano tutti abusivi nelle loro occupazioni di suolo pubblico.

Abbiamo perciò costituito un team di professionisti tecnici e legali per affrontare la situazione, auspicando che nel breve tempo che ci divide dall’impugnativa, si possa procedere con l’annullamento di questa assurda delibera, che creerà inutili contenzioni e genererà solo caos, anarchia e assenza di decoro sul territorio.

Questo pool di professionisti che affianca le associazioni intende salvare la vocazione turistica della città e mettere in luce che il caos amministrativo che già ha generato questa delibera è dovuto a regole che non solo non sono giuste ma, addirittura, sono incerte e non applicabili.

Insomma, questa delibera crea un cortocircuito amministrativo, in cui chi non è regolato dal piano e chiede di adeguarsi allo stesso non può farlo perché le regole-guida non ci sono e, quando ci sono, sono sbagliate.

*Presidente coordinamento delle associazioni civiche “Insieme per Napoli”

Finalmente “quota 100”

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Una riforma che rende giustizia alle “vittime” della Fornero.

Con oggi, primo Agosto, finalmente si apre la “finestra” prevista per i dipendenti pubblici che hanno aderito alla pensione anticipata con la ormai fatidica “Quota 100” (con requisiti minimi di 38 anni di contributi pensionistici versati e 62 anni di età).  Un numero ragguardevole di lavoratori del Pubblico Impiego che solo in Campania annovera oltre 15 mila nuovi pensionati INPS.  Numero suscettibile di congruo aumento se, al calcolo, si aggiungono i lavoratori che raggiungono la pensione con i requisiti ordinari della Legge Fornero (requisiti minimi 42 anni e 10 mesi di servizio per gli uomini. 1 anno in meno per le donne).

Quota 100, cavallo di battaglia del governo Giallo-Verde, rende giustizia e restituisce credibilità nelle Istituzioni per quanti si erano visti allungare e non di poco, la loro permanenza alle dipendenze del proprio Ente (pubblico o privato che fosse) per effetto della riforma delle pensioni del Governo Monti del 2011, che prende il nome della Professoressa Torinese Elsa Fornero, divenuta tristemente nota per i pianti e la commozione che non riusciva a trattenere in TV, mentre annunciava ai giornalisti il contenuto del suo progetto di riforma per l’innalzamento dell’età pensionabile.

Una riforma che si è tradotta in una sciagura non soltanto per i lavoratori colpiti dal provvedimento, ma soprattutto per la funzionalità ed efficienza degli Enti Pubblici, in ogni parte d’Italia. La odiosa concomitanza tra l’elevazione dell’età pensionabile e il blocco delle assunzioni nel Comparto Pubblico, infatti, ha prodotto dal 2011 ai giorni nostri, un invecchiamento progressivo della platea dei lavoratori in servizio; uno scadimento evidente della qualità dei servizi erogati all’utenza; la cancellazione o la graduale sospensione di attività fondamentali delle Pubbliche Amministrazioni, a livello centrale come negli Enti Locali. Basti pensare alle attività di assistenza sanitaria domiciliare non più’ erogate dalle ASL o, piuttosto, ai servizi socio-assistenziali dei Comuni o alle tante altre attività di Istituto della P.A. che, da tempo, ha alzato bandiera bianca per la grave carenza di personale specializzato nei propri organici.

Sacrifici inutili e dolorosi quelli imposti dal Governo Monti ai lavoratori dipendenti (tanto per rimanere in linea con i governi del rigore e delle tasse di “sinistra memoria”) che non hanno prodotto risultati significativi in termini di superamento dell’attuale e interminabile crisi in cui si dibatte il nostro Paese, nonostante le misure di “lacrime e sangue” adottate nel 2011. Misure, tra l’altro, oltremodo depressive per l’economia, con una paurosa stagnazione prodotta da blocco del TURN OVER  e conseguente fuga inarrestabile dei nostri giovani verso altri paesi Europei o verso gli USA e il Canada.

In questo contesto il Provvedimento governativo di Quota 100 mira ad agevolare il ricambio generazionale e, di fatto, determinare occupazione giovanile.

 Come prevedibile, i detrattori del Governo han fatto le pulci al Decreto Legge, sostenendo erroneamente, che non ci sarebbe stata nessuna nuova assunzione nelle PP.AA. in virtù del blocco delle assunzioni in vigore, almeno, sino al 30 Novembre del 2019. E che si sarebbe creato caos negli Uffici Pubblici a causa dei pensionamenti prodotti da Quota 100. Caos e disservizi che si sarebbero protratti per almeno 2 o 3 anni ancora. Cioè il tempo necessario per bandire nuovi concorsi ed effettuare tutte le procedure necessarie per le nuove assunzioni, secondo le normative vigenti. Nulla di più falso!! Il Governo giallo-verde, nell’Articolo 14 Comma 10 del Decreto su Quota 100, in previsione del massiccio pre-pensionamento, sanciva sostanzialmente il superamento del blocco delle assunzioni per le Regioni, i Comuni Italiani, tutti gli altri Enti Locali Territoriali, le ASL di tutte le Regioni e, non ultimi, alcuni Ministeri particolarmente carenti di organici quali il Ministero della Giustizia, il Ministero dei Beni Culturali, Il Ministero dell’Istruzione.

A questi Enti Territoriali e Ministeri il Governo ha concesso la possibilità di bandire immediatamente nuovi concorsi senza attendere la fine del 2019, ma ancora e più efficacemente, si è data possibilità di assumere immediatamente nuovo personale facendo ricorso alle graduatorie degli idonei di precedenti concorsi pubblici e immettendo in ruolo migliaia di giovani che rimanevano ancora in attesa del superamento del blocco delle assunzioni sancito dai precedenti governi.

Va tuttavia segnalato che non tutti gli Enti Locali hanno colto immediatamente la opportunità che veniva loro conferita, soprattutto nel nostro Mezzogiorno. Pochi infatti sono stati i Comuni che si sono attivati per tempo nel predisporre nuovi concorsi o che han provveduto allo scorrimento di eventuali concorsi ancora in itinere. Tra questi spicca per “solerzia ed efficienza” il Comune di Napoli, che solo in queste ore e con imperdonabile ritardo (le autorizzazioni alle assunzioni per gli Enti Locali risalgono al Febbraio 2019).

Si sta ponendo il problema di coprire i vuoti di organico che si produrranno, inevitabilmente, da questa mattina. Ma, nel frattempo, il Sindaco De Magistris, chiude e accorpa diverse sedi delle Municipalità per carenza di personale. Un bel risultato, non c’è che dire, in termini di efficienza e di efficace programmazione!

Chiude Acerra e riaprono le discariche a cielo aperto

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Cumuli di rifiuti presenti in via San Giacomo dei Capri a Napoli
La già gravissima situazione della raccolta dei rifiuti a Napoli minaccia un ulteriore aggravamento per l’imminente chiusura programmata, per quaranta giorni, per manutenzione, di una linea dell’impianto di Acerra.
In varie zone della Città si stanno verificando rivolte di cittadini esasperati dai cumuli di rifiuti maleodoranti, non raccolti per tempo dai servizi comunali. Conseguentemente la situazione igienica è al collasso ed una seria indagine epidemiologica potrebbe far emergere connessioni e responsabilità.
Il Comune vive alla giornata, non sembra avere un piano e si ha la netta sensazione di procedere velocemente verso il baratro senza che nessuno faccia nulla per evitare di finirci dentro.
I “siti di stoccaggio” provvisori (ma tutti sanno che da noi il provvisorio diventa definitivo) di cui parla De Luca, così graziosamente definiti, sarebbero in realtà la riproposizione, sic et sempliciter, di altrettante discariche a cielo aperto che nessun Comune ovviamente vuole nel suo perimetro e che è lecito prevedere che possano determinare violente rivolte popolari.
L’idea che con la raccolta differenziata si possa pervenire a “rifiuto zero” è un’idiozia totale frutto dell’ideologia verde che difatti non trova riscontro in nessuna realtà italiana o estera, salvo che in qualche paesino, con poche decine di abitanti con produzione irrilevante di rifiuti, non certo comparabile con le grandi aree metropolitane.
I tempi sono maturi, anche nella pubblica opinione, deviata da terrorismo psicologico di massa da parte del fanatismo ambientalista, perché si proceda alla costruzione di termovalorizzatori in grado di risolvere il problema dei rifiuti, in maniera adeguata, senza rischi per la salute e con ritorni economici per la Comunità, come avviene in tutti i Paesi del mondo.
Poiché questo non sarà possibile prima di qualche anno, saremo costretti a vivere fra continue crisi, spedizioni costosissime della spazzatura all’estero, pagando la tassa fra le più altre al mondo, grazie a classi politiche inette della peggiore sinistra d’Europa che governa ininterrottamente Napoli da decenni.

De Magistris colpito da un colpo di calore

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Siamo sicuri che la doppia notizia non sfuggirà ai grandi mezzi di informazione. Ma in attesa che gli “altri” se ne accorgano vale la pena divulgarla ai nostri lettori.
Il comune di Napoli, grazie alla proverbiale capacità organizzativa dei suoi uffici, ha deciso di sospendere per carenza di personale per il mese di agosto una serie di servizi cimiteriali e di chiudere l’unico impianto sportivo pubblico di Scampia.
Ovviamente la gravità delle due cose non è assolutamente paragonabile, però la contemporaneità delle due notizie alimenta rabbia insieme ad un inevitabile sarcasmo.
Il nostro primo (?) cittadino si occupa di organizzare flottiglie per solidarizzare con gli immigrati clandestini, farnetica di stampare moneta napoletana, ma non riesce ad assicurare ai suoi amministrati il diritto ad una normale sepoltura e nemmeno quello di poter praticare dello sport.
Qualcuno ovviamente tenterà di giustificarlo adducendo la necessità di assicurare le ferie ai dipendenti comunali. Senza considerare che le ferie sono programmabili proprio per evitare disservizi di questo genere.
Rimane una amara considerazione da consegnare a quanti vogliono ancora occuparsi di quello che succede nella nostra città.
Sono passati pochi giorni dalla chiusura delle Universiadi e tutto sembra essere tornato nella squallida quotidianità del governo arancione.
Ma il sindaco non si vergogna? Almeno un poco????

Trump reintroduce la pena capitale. In Italia a parlarne fu solo Giorgio Almirante

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(170225) -- WASHINGTON D.C., Feb. 25, 2017 (Xinhua) -- U.S. President Donald Trump walks to the Oval Office after returning to the White House in Washington D.C., the United States, on Feb 24, 2017. (Xinhua/Yin Bogu) (lrz)
Piero Buscaroli grande giornalista, scrittore e musicologo famoso, collaboratore de Il Borghese e direttore di una delle più belle stagioni de “il ROMA”, scriveva che la pena di morte era un sistema infallibile per capire se uno Stato avesse o meno una “volontà imperiale” di grande potenza legata ad una sua visione del mondo e quindi in possesso di una sua mission. E passava quindi ad elencare i Paesi che ad onta di ogni sorta di imbelle buonismo, di psicologismo giustificazionista, di sociologismo rinunziatario, conservavano nel loro ordinamento giudiziario la pena capitale e quindi: la Cina, gli USA , l’India, il Giappone  la Russia (oggi in status di moratoria), l’Arabia Saudita ed altri .
Dell’Europa nemmeno a parlarne.
Gli Stati Uniti con Trump, dopo crisi di coscienza “democratiche”, durate decenni e che portarono all’abolizione della stessa in diversi Stati, oggi la ripristina per i reati federali in barba a tutte le geremiadi della sinistra, grazie anche alla nuova ventata culturale in chiave sovranista che fa piazza pulita di tutte le imbecillità buoniste, sempre a favore dei delinquenti e mai a favore delle vittime e dello Stato che deve rendere loro giustizia.
Il presupposto, secondo me sbagliato, che la pena non debba essere retributiva (tu uccidi e la Giustizia applica a seconda delle circostanze la pena) ma debba piuttosto sempre tendere al “recupero” ed al reinserimento nella Società, quale che sia il crimine commesso.
In Italia l’unico leader politico che sostenne la necessità di reintrodurre la pena di morte , in relazione a reati particolarmente efferati, fu Giorgio Almirante, con una raccolta di firme in tutte le piazze d’Italia che riscontrò una messe molto significativa di consensi e sollevò un dibattito pubblico che durò per molto tempo.
Chissà forse i tempi sono maturi anche in Italia perché se ne possa riparlare  e magari un giorno legiferare in tal senso.