mercoledì, Gennaio 1, 2025
Home Blog Page 112

Fino a martedì tutto è possibile

0

Mattarella procrastina. Fumata nera al Quirinale dove il Presidente della Repubblica aggiorna la seduta a martedì 27 (san Paganino) quando, si spera, i partiti abbiano trovato maggiore intesa per dare vita ad una nuova legislatura.

Rinvio che, di fatto, certifica la supremazia delle Destre qualora si andasse al voto. E di fatti si evita. Almeno si tenta fino a martedì. Quando ogni scenario sarà ancora possibile. Il MoVimento 5 stelle, infatti, strizza l’occhio a Salvini seppur sotto i baffi e con il muso lungo, ma non disdegna di aprire contemporaneamente anche al pd, il partito fino a ieri odiato a sangue, ma necessario per la salvaguardia delle poltrone del mandato zero. Poco importa se i punti sono 10 o sono 5, se bisogna rinunciare a Conte, come dice il segretario Zingaretti, o se si lavora per “intestarsi” la trattativa, come vorrebbe Renzi il resuscitato. Poco importa se i parlamentari sono da tagliare o no, l’importante è salvare almeno quelli in carica. Con lo stesso Pd, diviso a sua volta al suo interno tra favorevoli e contrari al patto della poltrona e tra chi minaccia di fuoriuscire dalla formazione; anche questo è possibile fino a martedì. Magari si potrebbe dare vita ad una unione proprio dei fuoriusciti capeggiati da Paragone, grillino contrario all’accordo col Pd e Calenda, pdino contrario all’accordo con le 5 stelle.
Sembra impossibile, però, fino a martedì, ricorrere alla piattaforma Rosseau che in questo momento di disorientamento sarebbe la “sola” cosa pentastellata da fare. Ipotesi complicata dato che ora i deputati 5 stelle pare vogliano pensare prima a se stessi. Ma fino a martedì tutto è possibile.
Salvini, per senso di responsabilità o strategia, l’ennesima atta a confondere Di Maio & soci, vorrebbe godersi il successo elettorale in solitaria, ma tendendo una mano agli ex alleati che dovrebbero essere “rimpastati” e contare per quanto valgono. Tuttavia potrebbe dare vita ad un governo sovranista con le altre forze del centro-destra, ma solo dopo aver corso da solo la tornata elettorale. Solo se si ricorresse alla democratica consultazione del parere del popolo. Consuetudine che appare “usanza fascista” a detta di quei democratici che ad ogni costo vogliono evitare di ricorrere al popolo. Almeno fino a martedì quando tutto sarà possibile.

I governi dimenticano il Sud

0

Ancora non è chiaro cosa accadrà in Italia nei prossimi mesi.

L’ipotesi di voto anticipato non è ancora stata confermata dal Presidente della Repubblica ma questo non può essere per Salvini e per quelli che saranno i suoi alleati un alibi per non affrontare per tempo una questione fondamentale quale quella del peso e della rappresentatività del Sud nel prossimo governo nazionale.
In tutti gli esecutivi nati dopo tangentopoli è sempre mancata la attenzione necessaria nei confronti del tema economico e sociale indispensabile per diminuire il gap tra regioni settentrionali e quelle meridionali.
In questo quarto di secolo purtroppo è accaduto il contrario nonostante il peso parlamentare degli eletti.
Ciò è accaduto anche attraverso le tante compagini governative nelle quali i ministri espressione del Sud sono sempre stati incredibilmente pochi e con scarso reale potere decisionale.
Centrodestra e centrosinistra raccoglievano voti meridionali ma hanno sempre trascurato nei fatti le relative esigenze territoriali.
Se Salvini vuole per davvero radicare la Lega in tutto il territorio nazionale ha il dovere e la responsabilità di selezionare e premiare una classe dirigente ed assegnarle il compito di politiche economiche e fiscali che restituiscano al Sud la possibilità di crescere e di risolvere i suoi annosi problemi.
Senza i protagonisti del riscatto difficilmente la questione meridionale uscirà dai programmi di governo per diventare una esigenza nazionale per la quale operare con serietà e costanza.

 

Per una nuova etica nell’economia: la lezione di Riccardo Pedrizzi

0

Il “Salvadanaio”, ultima fatica di Riccardo Pedrizzi, rappresenta, senza esagerazione, il punto di riflessione cui oggi far riferimento sul rapporto etica-economia. Non solo le dimensioni del libro, ma anche il suo tentativo di inverare la dottrina sociale della Chiesa nelle condizioni spirituali e finanziarie dei nostri tempi lo fanno diventare un’occasione che induce a fare il punto, oggi, nel frastuono del mondo che ci circonda. Depurato degli aspetti riguardanti il nostro Paese, sarebbe auspicabile, anzi, una sua traduzione almeno per il modo tedesco, sempre attento osservatore circa l’evoluzione delle idee.

La lettura più di getto che si dà di questo libro sta nel vedere l’àncora della Chiesa come la via per la “sopravvivenza economica”, nelle tempeste del nostro tempo. Ed è la lettura che corrisponde alle intenzioni dell’Autore, che appunto vuole calare ai problemi economico- finanziari di oggi l’eterno messaggio di Santa Romana Chiesa. Operazione culturale rilevante, fatta non da chi è interno alla Chiesa, ma da chi è un protagonista del mondo economico-finanziario e politico. Scrive dunque un uomo “laico”, ancorché credente, il che offre un sicuro orientamento al lettore anche a proposito dei tecnicismi che la materia presenta e dei modi di pensare di chi ha operato ed opera nel mondo dell’economia. Qui sta uno dei tanti pregi del libro.
Ma se la prima lettura, quella istintiva ed immediata, è quella appena detta, come dimostrano peraltro le eccellenti introduzioni di Giuseppe De Lucia Lumeno e del Cardinale Gerhard Ludwig Müller, è possibile aprire il compasso per un altro modo di vedere la questione, che molto probabilmente non è lontano dal pensiero di fondo dell’Autore.
Il punto della questione è presto detto. Ciò che è sotto gli occhi di tutti come elemento che non va non è il meccanismo classico: accumulo di risparmio-investimenti, che è il perno su cui si fonda il capitalismo classico. Quello che non va è il fatto che su questo meccanismo di base, correlato a sua volta a chi intermedia tra risparmio ed investimento (il mondo bancario), si sia da tempo innestata una crescita mostruosa, abnorme, smisurata e ormai incontrollabile di un’attività di natura meramente finanziaria finalizzata solo a generare profitti, spesso oscuri. Il punto è tutto qui. Basti pensare che stime ufficiali misurano il rapporto tra prodotti finanziari e pil mondiale intorno a 14/1.
Indubbiamente, c’è chi condanna il capitalismo anche per i suoi aspetti fisiologici. Ma non è di questo che qui si sta parlando. L’opera di R.Pedrizzi, la dottrina sociale della Chiesa e tutta la temperie culturale dell’Occidente, con i nessi che legano questi vari passaggi, non negano la validità del meccanismo di base – quello fisiologico – del capitalismo moderno, ossia l’impresa che produce beni finanziandosi con un risparmio che viene raccolto ed offerto a chi ne ha esigenza da qualcuno che comincia a far questo di mestiere. Un meccanismo che non casualmente si sviluppa in epoca medievale in un contesto cristiano ed alla cui base non può che esserci una parola tanto esecrata, ma da rivalutare per i suoi aspetti propositivi: profitto. Lavorare gratis può starci, ma che tutti lavorino gratis è impossibile. Quando certe dottrine hanno trovato attuazione, alla fine sono semplicemente implose dall’interno, come un castello di carta caduto senza neanche un refolo di vento.
Il messaggio del libro può essere dunque letto anche nel tentativo, in accordo con la pars costruens della dottrina della Chiesa, di mettere l’accento sul buono del meccanismo capitalistico e di stigmatizzare con particolare forza le esagerazioni e le deviazioni avvenute negli ultimi decenni verso la sola e pura finanza, dietro cui ci celano solo chiacchiere: il regno dell’algoritmo.
Da questo punto di vista un’esperienza da rivalutare e forse da riprendere in una qualche successiva ed ampliata riedizione dell’opera è quella di una riconsiderazione e di un ammodernamento dell’idea tedesca di economia sociale di mercato. Il manifesto programmatico della CDU/CSU è un ottimo esempio in questo senso. I testi dei classici sono da tempo disponibili sul mercato italiano e si può dunque apprezzarne il senso dell’idea di base: i pubblici di poteri come custodi inflessibili del rispetto delle regole da parte di un mercato lasciato libero, però, di operare con l’autonomia e la flessibilità che ne costituiscono gli indispensabili motori. Si introduce così l’idea del “giusto”, di antichissima origine riferita alle logiche dell’economia, rinverdita dal passaggio tomistico e che deve rappresenta il punto di riferimento quando si affronta il tema dell’introduzione di elementi di etica nelle cose economiche. In effetti è quello che R. Pedrizzi fa, quando alle pagg. 299-300, delinea esattamente quello che è stato il modello renano, che egli chiama “quarta fase del capitalismo”, ossia il “capitalismo della responsabilità”.
Il punto su cui induce a riflettere l’opera di R. Pedrizzi può anche consistere, dunque, in un rinverdimento delle ragioni “sane” del capitalismo pensando, ad esempio, a quell’alleanza tra produttori di cui parlava Gobetti, tanto per fare un nome. Temi, questi, su cui si innesterebbero scelte ed opzioni di politica economica attuale, ma anch’essi correlati ad un discorso etico.
L’etica nell’economia, così come nelle istituzioni e nell’agire individuale (e senza immaginare improbabili, ma anzi catastrofici uomini nuovi), è tema peraltro che l’hegelismo antico e nuovo ha a lungo trattato, tanto per fare un esempio che si colloca al di fuori del contesto cattolico. Ma è chiaro che il discorso sull’etica sposta immancabilmente l’ottica sulla Chiesa e qui il cerchio si chiude. Le parole-chiave forse sono quelle della Sezione IV del libro: un’economia al servizio dell’uomo. Compito non facile da realizzare e forse possibile a molte e non semplici condizioni: anzitutto, che l’esempio sia virtuoso, l’esempio di chi dice di fare, ma talvolta fa poco o fa diversamente, molto diversamente. L’etica è anche questa, cattolica o laica che sia. E’ l’esempio, quello del buon padre di famiglia o del buon maestro di scuola elementare, a piegare l’etica individuale verso quella collettiva, a far capire come si fa. Il sacrificio di Socrate non può essere stato vano. Non a caso R. Pedrizzi ripropone al centro i corpi intermedi, nozione sbiadita dopo l’uragano della Rivoluzione dell’89, ma istituti portatori di un’etica sana: che siano queste le parole su cui l’Occidente forse dovrebbe ripensare e rifondare sé stesso? Se è ancora in tempo.

Quando a contare per la politica non è la sostanza ma l’apparenza

0

Sono appena atterrato a Parigi con Air France. All’aeroporto di Capodichino a Napoli mi ha incuriosito un percorso riservato alle famiglie per l’accesso al gate assegnato al proprio volo.
La chiamano ‘Family lane’ ed è appunto una corsia per l’imbarco dei nuclei familiari e l’hanno contrassegnata con il simbolo della famiglia naturale, quella cioè composta da un papà una mamma e i figli.
E non solo: l’hanno pure colorata con i colori di Pro Vita e Famiglia e addirittura hanno inserito nell’iconografia un passeggino.
Orrore allo stato puro per cotanta barbarie, oserei dire, roba da Medioevo!
Ci tengo a precisare che non sono un assiduo viaggiatore. Prendo più spesso il treno, l’ultima volta sull’aereo non la ricordo nemmeno.
Può darsi, quindi, che abbia fatto la ‘scoperta dell’acqua calda’!
Mi ha però colpito questa disattenzione da parte della Direzione dell’aeroporto napoletano, l’aeroporto della mia città, alle cosiddette politiche di genere tanto care agli appassionati dell’asterisco come forma di rispetto nei confronti di chi non si sente identificato nelle categorie stereotipate di uomo e donna, quelli del genere fluido, per capirci, quelli che ‘noi soltanto genderfluid’ e isterismi simili. E allora mi chiedo: come mai i tanti politici progressisti, così attenti al politically correct, che prendono spesso l’aereo da Napoli – penso agli europarlamentari provenienti dalla Campania e dal Sud dell’Italia, ma non solo a quelli – non se ne sono mai accorti?
E come mai nessuna delle associazioni del variopinto mondo arcobaleno ha ancora sollevato il polverone?
Beh, allora, se non ci ha pensato nessuno, in nome dell’arcobaleno del raggio solare di Daitarn III e del potere delle sette stelle di Hokuto ci penso io: faccio quindi appello all’Arcigay, al clan lgbtqrstuvz ect ect, al sottosegretario cinque stelle Spadafora, alla US Airforce, a Pippo Pluto e Paperino, a Lady Oscar, a Scalfarotto, alla Bonino, a Fiano e Cirinnà, al Mago di Oz, a Greta Thunberg e ai friday for future, alla Befana e pure a Babbo Natale affinché questo scempio veterofassista sessista maschilista e tutto quello che vi viene a mente che finisca con ‘ista’ venga immediatamente rimosso e sia fatta giustizia.
Napoli, la città dell’accoglienza, la città della solidarietà e ovviamente la città ‘dell’ammmore’ non può tollerare oltre questo affronto al buon senso e alla dignità di chi non si sente per la famiglia naturale e vuole che i pro family si facciano da parte, per aprirsi culturalmente al nuovo mondo fatto di genitore 1 2 3 e quanti ne vogliamo noi, di utero in affitto, di gay pride con Luxuria e Asia Argento che si slinguettano amorevolmente e dei carri allegorici che sfilano davanti alla Madonna del Santo Rosario di Pompei con tanto di gesucristi love&peace e madonne stile Marilyn Manson, magari anche col plauso di tanti vescovi annichiliti dal bergoglismo militante di Santa Romana Chiesa.
Perciò, fate presto: rimuovete immediatamente l’AD dell’aeroporto di Capodichino con tanto di reprimenda pubblica e accuse di essere un cattobigotto medievale e pure un po’ fassista e piazzate al suo posto un progressista vero, dallo spirito democratico che sia veramente per i diritti civili e per le libertà culturali!
Ah, come dite? L’amministratore delegato dell’aeroporto internazionale di Capodichino è un ex deputato e senatore del Partito democratico? Come come, addirittura dei Democratici di Sinistra? Ed è stato pure assessore al comune di Napoli con Bassolino?
Contrordine, allora, compagni arcobaleni, non può essere stato uno di noi.
Sapete che c’è? #Hastato Salvini! Quel brutto ceffo d’un legaiolo antimeridionale e antinapoletano, mo che è venuto a Castel Volturno, passando per Capodichino avrà obbligato il management dell’aeroporto napoletano – tanto lui è un fassista – e avrà dato ordine di sabotare il democratico e progressista scalo aeroportuale partenopeo.
Si, sarà sicuramente andata così. Oh, mi raccomando, diramate il dispaccio alla stampa amica. In questo modo salveremo la faccia e la dignità del Partito (democratico, ndr) e avremo fatto l’ennesimo assist alla comunità lgbtqrstuvz ect ect. Che poi alle elezioni manco ci vota, questo è un particolare di poco conto.
E così, all’italiana maniera, avremo salvato ancora una volta capre e cavoli in barba alla politica che fa i fatti concreti utili alla collettiva, ed in nome della politica fluida dell’apparenza e non della sostanza.
Post scriptum: non fate leggere queste mie considerazioni a qualche cugino d’oltralpe. Già che sono in Francia in vacanza con la famiglia e qui il buon Macròn è ub gayfriendly sfegatato, non vorrei che mi trattenessero alla frontiera per dichiarata omofobia. Scalfarotto docet!

Siamo sempre stati nelle Istituzioni con massimo rispetto e dedizione

0

Antifascisti ipocriti sepolcri imbiancati, si scandalizzano per il saluto del legionario ad ANTONIO #RASTRELLI.
Antonio #Bassolino, dopo aver espresso in una nobile lettera il suo apprezzamento per il suo predecessore alla guida della Campania, cade anch’egli nella demagogia antifa scendendo al livello di un tale #Panini che sembra essere vicesindaco di Napoli.
Siamo stati nelle Istituzioni sempre con enorme impegno sacrificando nell’interesse pubblico la nostra stessa vita, i nostri affetti ed amicizie, le nostre famiglie , con orari di lavoro impensabili per un comune cittadino.
Nei banchi, nelle sedute di Commissione, nelle soste al bar, nei corridoi per migliaia di ore ci siamo incontrati con i nostri avversari politici, si sono anche sviluppate amicizie e solidarietà umane, abbiamo anche e sempre parlato delle nostre convinzioni ideali e culturali e storiche e mai nessuno si è scandalizzato di come la pensavamo e la pensiamo e la penseremo e la penseranno milioni di uomini in Italia ed in tutto il Mondo rispetto alla straordinaria esperienza dell’italia fra le due guerre.
Rastrelli è stato salutato come meritava e come voleva, come sono stati salutati Antonio Cantalamessa, Franco Pontone, Pietro Golia, Emiddio Novi, solo per parlare di quelli che sono andati oltre negli ultimi anni, e come saremo salutati ciascuno di noi quando sarà giunto il momento.
Fatevene una ragione, magari si potrà cambiare un’opinione ed anche un partito ma la Fede no, essa vive , incrollabile , nel profondo dei cuori e si tramette alle future generazioni.

*vice presidente della Commissione Bilancio, Capogruppo di Alleanza Nazionale nel periodo della gestione RastrelliA

A Napoli De Magistris in cerca di una collocazione. Il centrodestra è pronto?

0

Cosa sta per accadere al Consiglio comunale di Napoli?

Si avvicina la fine della sindacatura de Magistris. Il sindaco, al suo secondo mandato, ha la necessità di candidarsi in una delle prossime elezioni, politiche o regionali, per non trovarsi disoccupato nella primavera del 2021, quando non potrà correre per il rinnovo del consesso cittadino.

È evidente che la scelta più logica per de Magistris dovrebbe essere quella di candidarsi per le regionali, ma il sistema elettorale non gli dà grosse possibilità, atteso che il PD mai potrebbe accettare di candidarlo al posto di De Luca, né è ipotizzabile che si presenti a capo di una coalizione con i cinque stelle, né che possa guidarne una propria  e, comunque, per il sistema elettorale regionale, solo il candidato presidente della coalizione che arriva seconda ha garantito il seggio regionale. Troppi rischi.
Diverso il discorso per le politiche. Il sistema elettorale prevede collegi uninominali e collegi proporzionali. Il Sindaco potrebbe proporre una propria lista in una coalizione, magari proprio in quella dove vi sarà il PD.  Zingaretti, infatti, cerca di allargare a sinistra e cerca alleati.  In una coalizione del genere, il sindaco potrebbe ottenere un collegio ritenuto sicuro, oltre che giocarsi la carta del proporzionale.
Queste sono ragioni che indubbiamente sono state valutate da de Magistris, oltre quelle più “nobili” dichiarate alla stampa di scendere in campo per contrapporsi in prima persona all’avanzare delle destre.
Sicuramente quindi, appena le Camere saranno sciolte, ai sensi dell’art. 7 del DPR n.361/1957, entro sette giorni dovrà dimettersi per potersi candidare.
Le dimissioni comportano lo scioglimento del Consiglio e le elezioni per il suo rinnovo verrebbero programmate per la prossima primavera.
Sinceramente non comprendiamo, vista la chiarezza della norma richiamata, come a Palazzo San Giacomo sperino di far dichiarare decaduto il Sindaco e quindi consentire il prosieguo della consiliatura con il vicesindaco. Bisogna vigilare per impedire interpretazione “creative”.
Dei casi di dichiarazione di decadenza, ci sono stati a seguito di una sentenza della Corte costituzionale del 2013 che dichiarava illegittima la mancata previsione della incompatibilità tra la carica di parlamentare e di sindaco e presidente di provincia (vedi Cesaro alla Provincia di Napoli), ma in quei casi si trattava di incompatibilità sopravvenuta, adesso, al contrario, parliamo di causa di ineleggibilità, che deve essere rimossa prima per consentire la candidatura.
Ci potremmo ritrovare quindi, nella prossima primavera, ad affrontare sia le elezioni comunali a Napoli sia le elezioni regionali.
Si troverà pronto il centrodestra?

Se Renzi e Di Maio non vanno a casa grazie all’abolizione del numero dei parlamentari

0

Si parla tanto negli ultimi giorni del  “taglio dei parlamentari”, riforma alla cui previa e prioritaria attuazione il Movimento 5 stelle e la parte “renziana” del PD vorrebbero subordinare il ritorno alle urne.

La riforma in questione (entrando nel discorso a gamba tesa) è, in realtà, cosa nefasta per il popolo e per la democrazia e spieghiamo il perché.

In merito, c’è da dire, anzitutto, che nelle ultime 9 legislature e dunque negli ultimi 40 anni pare sia almeno l’ottava volta che il “potere” tenta di attuare questa riforma senza riuscirvi: prima del Movimento 5 stelle ci avevano provato, tra l’altro, proprio  Renzi (che con la riforma costituzionale Renzi-Boschi, respinta dal referendum del 4 dicembre 2016, aveva immaginato un senato di 95 membri elettivi di secondo grado) ma anche Massimo D’Alema (Nella XIII legislatura, nel 1997, ci provò la “Commissione D’Alema”).

Nonostante il popolo italiano si sia già pronunciato in proposito, la riforma viene periodicamente riproposta ad libitum, nella speranza evidentemente di “convincerlo” prima o poi fosse anche “per stanchezza”.

La riforma, che andrebbe a tagliare il numero dei deputati da 630 a 400 e il numero dei senatori dai 315 ai 200, modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione e, perciò, richiede, secondo la procedura di revisione costituzionale, una doppia approvazione da parte di Camera e Senato a distanza di almeno tre mesi tra una deliberazione e l’altra.

Il motivo per cui il PD renziano ed il Movimento 5 stelle insistono affinchè non si torni a libere elezioni prima dell’approvazione di tale riforma è tristemente evidente: in tal modo i tempi del voto slitterebbero di parecchio e le poltrone (di chi tornando oggi al voto non verrebbe rieletto) sarebbero ancora per un bel po’ al sicuro, come i relativi stipendi e privilegi, senza considerare poi la sempreverde speranza dei “poltronari” che, nello spazio di sei/otto mesi, gli equilibri possano nuovamente cambiare.

Vediamo anzitutto perché il taglio dei parlamentari determinerebbe lo slittamento del voto.

Trattandosi di una riforma costituzionale, entro tre mesi dall’approvazione è possibile che un quinto dei membri di una camera, oppure 500 mila elettori, oppure cinque consigli regionali chiedano un referendum confermativo.

In tal caso, la Corte di Cassazione dovrebbe esaminare la domanda e poi dichiarare ammissibile la consultazione. Dichiarata ammissibile la consultazione referendaria, bisognerebbe poi indire il referendum  in una data compresa tra i 50 ed 70 giorni successivi.

Se il referendum confermasse la legge, dovrebbero quindi passare altri 60 giorni prima delle elezioni. Infine, se anche nessuno chiedesse il referendum confermativo, ci vorrebbero comunque diversi mesi per ridisegnare i collegi.

Perchè il taglio delle poltrone  è una misura che penalizza gli elettori?

L’argomento usato per promuovere la riforma  ovvero “il numero dei parlamentari  va tagliato per risparmiare, perché costano troppo, ecc. ecc.”  è stato pensato per ottenere agevolmente il consenso dell’elettore italiano medio stanco dei privilegi riservati alla “casta” o “cricca” volendo usare la terminologia grillina.

Ma ridurre il numero dei parlamentari significa ridurre la democrazia, significa ridurre la  rappresentanza del popolo in parlamento, significa ridurre il valore ed il peso del voto di ciascun elettore: meno sono i parlamentari da eleggere e maggiore sarà il numero di voti necessario per eleggerne uno, ragion per cui ogni singolo voto avrà minore valore, nel senso che ogni singolo cittadino potrà influire di meno sulla composizione del Parlamento.

Peraltro, la composizione del Parlamento era stata  studiata dai Padri Costituenti per essere uno specchio fedele  della società ed il numero (attuale) dei parlamentari era stato deciso per una popolazione che, al tempo, era di 45 milioni di individui, mentre oggi ne siamo 61! Se la riforma venisse approvata diventeremmo il paese Ue con la maggiore squilibrio tra numero di deputati e numero di abitanti.

Insomma, ridurre in modo così drastico il numero dei parlamentari, significa incidere gravemente sulla rappresentanza dei cittadini in Parlamento, in particolare per quanto riguarda le regioni più piccole e meno popolate, poiché i parlamentari sarebbero eletti da un numero più elevato di cittadini rispetto ad oggi ed in collegi troppo grandi.

Inoltre, con molti meno seggi da assegnare, saranno solo i partiti più forti ad essere agevolati a discapito delle forze minori: un partito che ha il 14% potrebbe, per alcune regioni, non riuscire ad eleggere rappresentanti in Senato.

La riforma in discorso, in sostanza riduce il numero dei privilegiati, ma non i privilegi: se l’unico vero obiettivo è ridurre i costi, in realtà non è affatto necessario tagliare le poltrone dei parlamentari, basterebbe ridurne gli stipendi ed i privilegi, cosa che non richiederebbe, peraltro, alcuna modifica e riscrittura della Carta Costituzionale perchè sarebbe sufficiente modificare i Regolamenti Parlamentari.

Non è passata inosservata sul punto l’osservazione fatta da Marco Rizzo (Politico e Segretario Nazionale del Partito Comunista) con un tweet dove evidenzia come la riduzione del numero dei parlamentari fosse uno dei punti fondamentali del piano della P2 di Licio Gelli (!).

Se l’unico obiettivo è davvero ridurre i costi, questa riforma è una follia e resta da augurarci che, in futuro, non provino a convincerci che in realtà in Parlamento è inutile e, in nome della ulteriore riduzione dei costi, va abolito del tutto.

Addio ad Antonio Rastrelli, ultimo autorevole esponente della destra italiana vincente

0

Con Antonio Rastrelli purtroppo scompare l’ultimo esponente della Destra Italiana che ha saputo vincere e conquistare stima e considerazione senza mai retrocedere di un passo dai suoi convincimenti storici e politici.
La sua figura, la sua storia personale, persino la sua voce creavano una autorevolezza dalla quale rimanevano affascinati anche i suoi avversari politici.
Da Antonio Rastrelli abbiamo imparato molto. Sapeva coniugare il senso dello Stato e delle Istituzioni con la Fedeltà ai propri valori.
Non aveva alcuna paura a proclamarsi in pubblico Fascista e Mussoliniano, eppure nessuno ha mai avuto modo di contestare le sue scelte perché era chiaro che fossero il frutto di un sentimento di onore e di una onesta’ che nessuno gli ha mai contestato.
I miei ricordi si accavallano insieme alle emozioni che ancora mi riempiono il cuore.

La Taiga Siberiana che brucia non è un argomento da copertina

0

Ricordate le immagini di Notre Dame in fiamme? Giustamente se ne è parlato per giorni e giorni. Avete visto le immagini della taiga siberiana in fiamme? Poche, pochissime. Ne avete sentito parlare? Ancora meno.
Eppure la Siberia brucia da mesi e da mesi è in atto la distruzione non solo dell’habitat autoctono (popolazione, flora e fauna) ma anche della ricchezza locale. Il legno delle sue foreste è così pregiato tanto da essere ribattezzato “oro giallo” dai Cinesi, primari clienti. Dramma che non appartiene solo alla Siberia, alla Russia bensì al mondo intero poiché la taiga è uno degli ultimi (pochi) polmoni verdi rimasti sulla Terra.
Che, se non sono distrutti per mano dell’uomo, questa non ha contribuito certamente a non esserne complice. Anche con le scie chimiche che aiutano il carbonio sprigionato dagli incendi ad alzare la temperatura e a propagarsi per migliaia di chilometri. Non a caso in Groenlandia, nel circolo polare artico, è in atto un pericoloso scioglimento dei ghiacciai. Fotografato (e sopra-visionato) anche dallo spazio da Luca Parmitano. Astronauta militare.
Non è un caso che non se ne parli (ancora) o forse non se ne deve parlare: il legno della taiga è diventato una vera e propria ricchezza. Anche per chi non lo compra. Quindi per chi incendia per non farlo comprare. Per impoverire. Per isolare. Nell’esportazione e nell’importazione (si vedano le sanzioni alla Russia e lo scandalo Russiagate a minare i rapporti di Italia e Russia, nostro primario acquirente).
L’uomo vuole essere sempre più “controllore e dominatore” dei luoghi, delle popolazioni, delle loro economie e dell’ecosistema. Dunque, attraverso alluvioni, siccità, catastrofi naturali quali tsunami, o se volete maremoti, approfitta per modificare tutto l’ecosistema a proprio uso e consumo. Quindi ricchezza, povertà e conseguenti flussi migratori. Se non bastava la clonazione, l’utero in affitto ed ogni altra manomissione del ciclo naturale della vita, l’uomo vuole abbandonare il suo essere creatura per diventare a sua volta creatore. Piegando il mondo al suo esclusivo interesse.
Nonostante sia in atto una vera e propria guerra climatica non troverete nessuna Greta a manifestare. In Siberia. Forse perché le scuole sono chiuse o perché la foresta non brucia solo di venerdì. Non troverete nessuna Carola ad armarsi di nave, battello o zattera per andare a soccorrere e a portare aiuti alle popolazioni locali, nonostante la Siberia abbia un mare abbastanza grande e sicuro per l’approdo. Troverete, però, Olga, loro omologa, che protesta per le ingiustizie, ma viene incarcerata. Olga che viene portata via con la forza dai militari russi. Gli stessi che però poi acconsentono a fare da sfondo in una fotografia che ritrae la nuova eroina seduta a gambe incrociate a leggere (loro) la Costituzione.
Guerra climatica che non è affatto un argomento sconosciuto visto che da anni un generale dell’Esercito Italiano, il dottor Fabio Mini, attraverso la sua lunga esperienza acquisita in Italia e all’estero, divulgata per mezzo di dibattiti, conferenze e libri, sta tentando di darci informazioni preziosissime per la salvaguardia del nostro pianeta.
Le sperimentazioni non sono ferme alla bomba atomica e le guerre non si combattono più con le armi da fuoco, ma i nuovi soldati, prezzolati e mercenari, sono le Greta, sono le Carola, sono le Olga. Costoro hanno il compito “unico” di essere avatar, influencer, in ossequio al politically correct, solo secondo il pre-ordinato pensiero. Quello unico. Quello prestabilito. Quello da imporre. E a cui non ci stanno facendo interessare, ma ci fanno solo subire questo “spettacolo distruttivo”. Tutto questo non è fantascienza, non è fantasia e noi stiamo rischiando di essere solo degli spettatori. Molto molto passivi.

De Magistris sviene per la puzza. Cronaca fantasiosa di una triste realtà

0
Il fetore nauseabondo che si sprigiona dai cassonetti stracolmi oramai da giorni di rifiuti ha fatto una vittima illustre. Il nostro sindaco, nonché presidente della città metropolitana, mentre percorreva le strade prima di Ponticelli e poi di Ercolano non ha resistito ai miasmi maleodoranti ed è stato colto da un malore.
Immediatamente trasportato in un pronto soccorso prima di essere visitato ha dovuto però attendere il proprio turno perché altri napoletani, in particolare bambini ed anziani, avevano avvertito malori e svenimenti causati dall’aria malsana che emanava dalla immondizia abbandonata da giorni per le strade.
Pare che infermieri e medici, dopo aver prestato le cure del caso al nostro primo cittadino, lo abbiano vivacemente invitato ad occuparsi del problema dei rifiuti che da troppo tempo colpisce la nostra città e la nostra provincia.
Agli inviti dei sanitari si sono aggiunte le proteste e le invettive di quei napoletani che avevano già lamentato malori.
Tra i ricoverati negli ospedali cittadini anche purtroppo qualche malcapitato turista che non si aspettava certo una disavventura del genere.
Il mese di agosto e’ appena iniziato ma i disservizi comunali continuano da tempo a mietere vittime.