lunedì, Gennaio 6, 2025
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Secondo Matteo

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L’ipotesi è talmente fantasiosa che potrebbe apparire persino simile o verosimile, sicuramente degna di questa politica che ci ha abituato a colpi di scena (e di testa) in cui la convenienza si sostutisce alla parola data, i patti, i piatti e i partiti alla “guerra dichiarata” ed alla coerenza e la dignità alla cadrega, finché l’uno che vale zero si trasforma in uno vale l’altro e si guarda a destra e a manca a seconda di ciò che manca.
Se il divorzio Di Maio-Salvini è stata non la conclusione di un matrimonio mai nato, ma il preludio delle seconde nozze gialle tinte di rosso, allora Matteo emula Matteo quindi Renzi doppia Salvini. Nel senso che apre anche lui una crisi, intestina, ad un partito già scisso e mai veramente coeso che mentre maschera e minimizza in realtà si rode il fegato. Renzi porta seco una decina di Pd-big in una “Italia viva” che più volte ha decretato la sua “morte” politica, anche due ministri ed una decina di senatori (vitali) affinché l’appoggio esterno che è l’ago della bilancia porti alla detenzione della campanella con un’altra manovra di Palazzo (vedi Matteo I). Ed è risaputo che chi di manovre di Palazzo ferisce, di manovre di Palazzo perisce.
Se quella appena conclusa è stata la stagione dei Santini imboscati, dei miracoli impossibili e dei rosari manifestati, perché non votarsi proprio al Nazareno in persona? Dopotutto Berlusconi resiste per esistere e Renzi lo ha sempre attratto, soggiogato e fatto innamorare. Non ha mai trovato (o voluto trovare?) un vero delfino (Tajani ci prova ma di certo non può votarsi all’assistenzialismo vita natural durante) e Silvio è in realtà una prima donna. Come Renzi e come Salvini. E se Salvini funziona e buca lo schermo (quello che Silvio ha concesso in prima serata al toscano sulle proprie reti), accalappia ed è una calamita mediatica (quanti erano a Pontida!) Silvio inventa Renzi. Che, però, non lo renderà immortale. Fino ad allora il braccio di ferro potrebbe essere quello di vedere Renzi a Destra o Berlusconi a sinistra. Partendo dal centro. Il compianto Pinuccio Tatarella ebbe modo di dire che “Il centro non è un valore, è una zattera, è un traghetto che va dalla riva destra a quella sinistra”. La vera differenza in questo contesto politico ridotta a mera corsa alla crocettata e ad un meritricio elettorale potrebbero farla solo gli astenuti. Che sono il 40%. Se solo sapessero cosa fare. Dunque non resta che guardare con dignità e coerenza dall’opposizione questo ridicolo e breve teatrino.

Può una parità di calcio essere centrale in una battaglia ideologico politica tra due culture contrapposte?

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NAPOLI, ITALY - OCTOBER 21: A General View of the Stadio San Paolo on October 21, 2010 in Napoli, Italy (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Martedì sera la città di Napoli ha accolto i tifosi inglesi del Liverpool con manifesti contro l’eutanasia affissi all’uscita dell’autostrada A1 in via G.Ferraris, all’uscita della tangenziale di Fuorigrotta difronte al Parco San Paolo (angolo via Marco Aurelio, nelle adiacenze dell’università di Monte Sant’Angelo e dello Stadio San Paolo), in via Taddeo da Sessa al Centro direzionale (adiacenze della Stazione centrale) ai Colli Aminei, nei pressi dell’ospedale Cardarelli, il più grande e storico ospedale del Sud dell’Italia, all’uscita dello svincolo della tangenziale della Pigna, raccordo di collegamento tra la zona collinare della città e l’area Flegrea.
Noi per la Famiglia ha aderito alla campagna nazionale di Pro Vita e Famiglia per dire forte e chiaro #NoEutanasia e stasera, dopo uno sforzo incredibile di natura organizzativa e soprattutto economica, il caso e la fortuna – o, se credete, l’aiuto del Buon Dio – hanno fatto sì che i nostri manifesti contro la deriva eutanasica che attraversa tutta l’Europa scristianizzata e che sta purtroppo colpendo anche l’Italia fossero affissi proprio nel giorno in cui in città arrivano i tifosi inglesi per la partita di Champions league. Cosa c’entra questa coincidenza fortemente cercata e voluta?
C’entra e come.
In queste ore, infatti, mentre in Italia attendiamo con ansia la seduta della Corte costituzionale del prossimo 24 settembre che sarà chiamata a pronunciarsi, in assenza di legiferazione parlamentare, sul caso #Cappato #DjFabo sulla depenalizzazione dell’art 580 del cpc per aver partecipato fisicamente al suicidio assistito del Dj Fabiano Antoniani in arte Fabo – suicidato da un’iniezione di pentobarbital in Svizzera, che di fatto aprirebbe, soprattutto adesso col governo avaloriale giallorosso, all’eutanasia legale anche in Italia – in Inghilterra si combatte l’ennesima battaglia legale tra uno stato che vuole uccidere in nome del ‘Best Interest’ una bambina di 5 anni di nome Tafida e una famiglia che, in nome di Dio dell’amore di due genitori del buon senso e della cristiana speranza, vorrebbe mantenerla in vita portandola, in estrema ratio, all’ospedale Gaslini di Genova dove si offrono cure alternative alla soppressione di stato per distaccamento della ventilazione artificiale e, nei fatti, sopraggiunto soffocamento.
Può una parità di calcio essere centrale in una battaglia ideologico politica tra due culture contrapposte, quella della dolce morte di Stato che dolce non sarà mai per soffocamento, e quella della Vita a prescindere che, senza tener conto del presunto e ingannevole ‘Best Interest’ del paziente, tiene invece conto dell’amore per la Vita e dell’importanza di preservare una vita umana dal concepimento alla fine naturale?
Siamo convinti di no, ovviamente.
Le attenzioni stasera saranno tutte per l’euforia del momento sportivo, molto sentito nel capoluogo partenopeo, e per i campioni in campo che inaugureranno la stagione calcistica internazionale 2019-2020.
Ma, se anche soltanto un solo tifoso inglese dovesse soffermarsi anche un solo istante su uno di questi cartelloni giganti 6×3 che, nonostante la giunta anti Famiglia e Vita guidata dal sindaco De Magistris abbiamo, a spese nostre e con regolare autorizzazione e tassa per le affissioni al Comune di Napoli, affisso per la città avrà la possibilità di riflettere sul messaggio fortissimo in ciascuno di questi manifesti contenuto.
Forse tutto questo nostro sforzo non servirà a far cambiare idea ai sudditi di Sua Maestà; forse non servirà a far cambiare idea ai medici britannici del London Royal Hospital, che vogliono sopprime Tafida contro la volontà della famiglia impedendo ai genitori di portarla in Italia come già avvenuto nel recente passato nei casi di Charlie Gard Isaiah Haastrup e Alfie Evans.
Forse non servirà, infine, per influenzare i Giudici che hanno nelle proprie mani la vita della piccola Tafida Raqeeb e di tante altre persone nel mondo di cui non conosciamo la storia, né servirà per influenzare i Giudici Costituzionali italiani affinché rimandino ancora al Parlamento, inerte, vergognosamente inerte la decisione sul tema del fine vita.
Ma noi, con coraggio e passione, non ci fermeremo mai e non smetteremo mai di urlare al mondo intero che la Vita umana non si tocca e che eutanasia vuol dire omicidio.
E un omicidio, quando è di Stato, è ancor più grave e inaccettabile!

Renzi, tanto tuonò che piovve

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“Tanto tuonó che piovve”……potremmo parafrasare questa antica affermazione di Socrate per spiegare compiutamente quanto sta accadendo in queste ore in casa PD, con l’annunciata uscita di scena di Renzi e del suo manipolo di fedeli parlamentari.
Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo il giuramento a Palazzo Chigi dei Vice Ministri e Sottosegretari del Governo Conte 2, con una telefonata al Presidente del Consiglio e successivamente ai Presidenti delle Camere, Matteo Renzi ha annunciato la “scissione” dal PD e la costituzione di nuovi gruppi parlamentari autonomi. Il tutto senza smentire il posizionamento all’interno della maggioranza politica, fresca di conio, che sostiene il giovane governo giallo-rosso. Governo cui proprio Renzi si e’ tanto speso perche’ nascesse, con il nuovo e vituperato alleato pentastellato.

Può essere solo l’insofferenza verso un partito che ormai gli andava stretto e che gli riconosceva solo un ruolo marginale da seconda o terza fila? Puo’ esser stato un sussulto di egocentrismo che gli ha suggerito di non affidare il ruolo di “oppositori critici” ai soli Calenda e Richetti?? Puo’ essere stata la sua riconosciuta bramosia di tornare ad essere l’ago della bilancia dello schieramento “sinistro” della politica italiana??

Tutte le cose insieme, potremmo dire, senza ombra di dubbio!

Ma certamente non trova sufficiente giustificazione l’ipotesi che la sua scelta sia orientata a
rinforzare la compagine di maggioranza in chiave anti-Salvini e di maggiore contrapposizione al centro destra unito e accreditato da numerosi e ripetuti sondaggi elettorali, sempre più incoraggianti e difficilmente contestabili.

Sin qui le spiegazioni plausibili e, a caldo, più verosimili sulla genesi della scissione in atto.
Tuttavia c e da dire che il buon Matteo, quello toscano per intenderci, è nato e si e formato nelle segreterie della sinistra DC. E ha assorbito fino al midollo doppiezza e ipocrisia tipiche del prototipo di politico democristiano.

Siamo convinti, pertanto, che l’autentico motivo della scelta scissionista del nostro, sia piuttosto da ricercare nella necessità di sedersi al tavolo del governo nel nuovo ruolo di leader di un pezzo di maggioranza. Con tanto di Ministri e Sottosegretari appena nominati. E a quel banchetto governativo, accomodarsi e aver voce in capitolo per assaggiare quelle pietanze appetitose che saranno servite al nuovo governo di qui a poco. Pietanze “nostrane” condite con nomine in Enti ed Organismi di Stato, troppo ghiotte per lasciarle sul tavolo ai soli Zingaretti e Di Maio, piuttosto che a Grillo e a Franceschini.

Siamo appena agli inizi del “nuovo giorno” del PD senza Renzi, ma siamo certi che a breve se non già nelle prossime ore…ne vedremo di tutti i colori!!!

De Magistris: tour tra i rifiuti

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Dopo centinaia di segnalazioni, dopo le sacrosante proteste di cittadini e commercianti che denunciavano le pietose condizioni in cui si trovano le strade di interi quartieri di Napoli nelle quali i cumuli di rifiuti sono oramai diventati un vero e proprio arredo urbano, il sindaco ha finalmente deciso di capire i motivi per i quali la nostra città presenta un degrado oramai insostenibile.
Lo ha fatto trascorrendo qualche ora notturna insieme agli operatori di ASIA che cercano disperatamente di mettere una pezza alla colpevole disorganizzazione comunale.
De Magistris, dopo il tour tra i rifiuti, ha “esternato” le sue valutazioni indicando nei mezzi di comunicazione e nei cittadini e commercianti il vero motivo della ennesima emergenza.
Per il primo cittadino infatti il vero motivo delle proteste ricade nella eccessiva importanza che media e comitati civici danno alla “munnezza”.
De Magistris si proclama santo e parla di miracolo laico che la sua amministrazione compie quotidianamente per liberare la città dai sacchetti lasciati per strada e dai cassonetti ricolmi lasciati per giorni sotto il sole.
Nel frattempo nessuno sembra interessato alla sua beatificazione. Sopratutto i lavoratori di ASIA.

Il punteruolo rosso e la desertificazione del verde in città

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Questa estate ha riportato prepotentemente alla ribalta temi di natura ecologici e di tutela ambientale:

dalla discussione  sulle modalità e i tempi necessari per mettere al bando l’uso spropositato della plastica per alimenti, al divieto di fumo in spiaggia, al ben più grave dramma degli incendi devastanti e certamente dolosi della foresta amazzonica. Temi che sono rimbalzati sino ai tavoli dei governi dei paesi europei, alimentando polemiche ed evidenziando visioni distanti e spesso contrapposte tra forze politiche del nostro vecchio Continente.

In questa “querelle” arroventata dalla calura estiva, lascia stupiti (per eccesso di senso civico) la notizia pervenuta dalla Costa Azzurra, ove si è scatenata una autentica “guerra per bande” tra cittadini comuni e Amministratori  locali delle città Provenzali ( Nizza in primis), ove le meravigliose e caratteristiche palme africane vengono tutt’ora e inesorabilmente decimate con virulenza e velocità impressionante dal cosiddetto “punteruolo rosso”( che tanti danni ha prodotto alle palme delle nostre città negli ultimi anni).

Ma di che tipo di disputa si è trattato? Qual’ è il motivo del contrasto tra cittadini e Amministrazione civica? La risposta è nella terapia ritenuta troppo blanda, di natura biologica, che il Sindaco di Nizza ha deciso di adottare per tentare di salvare il maggior numero di palme “vampirizzate” dal coleottero di origine asiatica. Una terapia fondata sul rifiuto di utilizzare sostanze chimiche specifiche e che consiste nell’impiego di sole sostanze naturali quali larve degli stessi coleotteri, muschio di funghi e muffe naturali prelevate dalle vegetazioni di sottobosco.

“E’ come contrastare una polmonite con l’Aspirina” – sostengono i cittadini antagonisti del Sindaco, supportati da agronomi, biologi e cattedratici della materia, costituitisi in “Comitati civici di pressione”.     Il loro obiettivo è quello di convincere il Sindaco ad abbandonare la scelta ecologica e svoltare repentinamente su una terapia chimica a base di BENZOATO DI EMAMECTINA che risulterebbe oltremodo efficace e tempestivo nel contrasto al micidiale coleottero infestante.

Invero, negli ultimi due anni risultano essere state abbattute ben oltre 750 palme nella sola città di Nizza. E il morbo avanza tutt’ora inesorabile, senza che la terapia biologica (e per tanto ecologica) prescelta dal Signor CRISTHIAN ESTROSI, Primo cittadino di Nizza, riesca ad arginare la falcidiata di palme africane, simbolo riconosciuto della Costa Azzurra.

Due posizioni a confronto. Due diverse filosofie di approccio del problema. Una autentica disputa dai contorni “vagamente” politici che anima e contrappone “ecologisti oltranzisti” e “razionalisti pragmatici”. Gli uni e gli altri comunque uniti nel proposito di salvare le palme e, con esse, l’immagine e l’identità di città Mediterranea.

Quanto accade in Costa Azzurra in queste settimane non può che riportarci a quanto avvenuto negli ultimi 15 anni nella nostra città, a proposito di ”lotta senza quartiere” al punteruolo rosso e di coinvolgimento della cittadinanza nelle scelte sulla conservazione e tutela del verde pubblico. Una lotta, la nostra, naturalmente perduta in partenza. Sgonfiatasi letteralmente senza colpo ferire con l’abbandono del campo di battaglia.

Nessun tentativo di “provare” una terapia di contrasto al famelico punteruolo rosso (ne di tipo biologico ne chimico) ma, piuttosto, un arrendevole fatalismo concretizzatosi nella sciagurata scelta di attendere l’evoluzione della “epidemia”. Questa la scelta delle Amministrazioni Comunali, dalla Iervolino in poi e questo lo scenario ancor oggi visibile e “godibile” delle aree verdi e dei giardini della città ove vi era presenza di palme africane. Il Viale di Augusto, l’esempio più eclatante di come Amministrazioni civiche imbelli e strafottenti possano trasformare un palmeto maestoso, vanto di un’intera città, in un cimitero di tronchi d’albero nudi e spettrali.

Eppure nella stessa città di esempi virtuosi almeno uno si è visto. E’ il caso della Mostra d’Oltremare che, con l’insorgere della problematica del punteruolo rosso, pose in essere immediatamente un progetto di salvaguardia del patrimonio arboreo dell’Ente, affidando la cura alle mani competenti dei ricercatori della Facoltà di Agraria della Federico II°. Potature sistematiche  delle palme; eliminazione immediata delle inflorescenze primaverili (i datteri delle palme, fortemente zuccherini e catalizzatori di insetti di ogni tipo) ; robuste e periodiche vaporizzazioni  di antiparassitari specifici di origine chimica, hanno salvato e tutt’ora salvaguardano le palme africane della Mostra d’Oltremare.  Nonostante la volatilità del punteruolo rosso e la grande vicinanza con il palmeto infestato di coleotteri del Viale di Augusto.

Grande rapidità negli interventi e la scelta di una efficace “terapia” di contrasto con  antiparassitari specifici, sono i consigli che ci sentiamo di rivolgere ai cugini d’Oltralpe, per salvare le palme della Costa Azzurra. Aspettando che il nostro primo cittadino si ricordi che anche Napoli è una città Mediterranea e che le palme, così come i pini, frettolosamente e recentemente abbattuti dalla sua Amministrazione Comunale, hanno sempre abbellito questa città, diventando icone riconosciute dell’immagine di Napoli nel mondo.

Con la speranza che qualcuno gli suggerisca di guardarsi intorno e scoprire lo scempio del verde cittadino compiuto in questi quasi 10 anni di suo indisturbato  e paralizzante  (non)  “governo della città”.

Rifare il Centrodestra: un errore esiziale

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Puntare invece all’elettorato deluso dal M5S col Partito degli Italiani per un progetto di governo, non di potere

 

Rimettere in piedi il centrodestra con Berlusconi, Letta, Brunetta, Gelmini, Carfagna e così via sarebbe un errore esiziale per la Lega.
Salvini ha già lanciato l’idea del Partito degli italiani che, per chi ha memoria, fu il grande progetto strategico di Pinuccio Tatarella volto a creare un fronte nazionale, ampio e coeso, forte di un comune universo valoriale e quindi di scelte politiche conseguenti e coerenti.
A che servirebbe fare un’alleanza con liberal democratici aderenti al partito popolare europeo, sotto la guida della Merkel e dei suoi referenti economico/finanziari?
Vincere per perdere?
Ancora una volta affinché vincano sempre e comunque i poteri forti, la grande finanza speculativa, la BCE, le grandi multinazionali?
Chi aderisce ad una visione improntata ad un radicale rinnovamento della politica in chiave sovranista e populista non può certo lavorare nella direzione del centrodestra ( non a caso auspicata dalla Meloni) perché pensa che lo spazio politico ed elettorale non vada ricercato in un elettorato moderato, ma in quel vastissimo spazio di popolo che voleva il rinnovamento radicale e che invece è stato tradito nel modo più vergognoso da Grillo e dalla sua strana creatura, il M5S.
Si tratta di lavorare per un grande progetto di governo, per governare appunto i problemi della Comunità nazionale non per andare a gestire il potere.
Al di là dunque di un qualche possibile errore tattico, la rottura di Salvini con i pentastellati era sacrosanta ed inevitabile per chi non vuole galleggiare ma governare.
Avanti dunque con Salvini ed il partito degli Italiani!

Un ricordo di Stefano delle Chiaje,  un irriducibile militante nazionalrivoluzionario

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Era un freddo giorno di febbraio del 1962 quando, con altri ragazzi, Emiddio Novi ed io partecipammo, con un pullman messo a disposizione dal partito, poco più che sedicenni, da militanti della Giovane Italia, l’organizzazione giovanile autonoma del MSI, ad una manifestazione a Roma dei Centri di azione agraria del principe Sforza Ruspoli. In realtà avevamo già deciso di approfittare del “passaggio” con il pullman della federazione per recarci alla  sede di Avanguardia, di cui erano note le gesta attivistiche  nel contrasto al comunismo.
Giunti a Roma in una piazza adiacente alla Stazione gli addetti al servizio d’ordine dei CAA ci consegnarono delle scope di saggina da portare ciascuno impugnandola col braccio destro, come simbolo dell’Associazione del principe, che voleva rappresentare la volontà di “fare pulizia” della partitocrazia.
Ci guardammo in faccia e ci venne da ridire.
Dopo cento metri di corteo rallentammo la marcia , abbandonammo gli agricoltori al loro destino e andammo alla ricerca della sede di Avanguardia Nazionale.
Avevamo l’indirizzo: piazza della Rotonda 5.
Giunti sul posto fummo ricevuti da una procace militante di Avanguardia con grande simpatia ed amicizia.
Ci disse che il Capo, Stefano delle Chiaie, era assente per la morte del padre, che a Napoli non avevano riferimenti e che ne avremmo parlato appena fosse stato possibile.
La sede ebbe per noi un grande fascino, fulminante! Slogan e manifesti esaltanti con il simbolo della runa che campeggiava su tutti i muri.
Un “covo” più che una sede politica di un partito, ben diversa dalla nostra sezione del MSI.
E poi un clima giovane di solidarietà e di cameratismo davvero unico.
E poi ancora il “mito” di Stefano che girava in tutto il nostro ambiente
Fummo felici di quella scelta , lasciammo il Msi  , troppo parlamentarizzato e moderato per i nostri ardori giovanili ed aderimmo
con passione ad AVANGUARDIA
Tornati a Napoli con Emiddio, Tullio,
Renato, Ottavio,Gennaro e tanti altri provocammo una scissione nella Giovane Italia di Napoli e riuscimmo ad aprire una sede in via Martucci, in uno scantinato, il nostro “covo”.
Stefano venne ad inaugurare la sede: era un uomo di piccola statura , a Roma lo chiamavano apposta  “er Caccola” ma emanava un carisma fortissimo, una carica umana e spirituale che ha conservato per tutta la vita.
Chi lo ha conosciuto, nonostante le sue gravissime vicende giudiziarie, i suoi processi, i suoi arresti, le sue latitanze e quant’altro gli è rimasto vicino per decenni, anche quando magari ha seguito altri movimenti o partiti, persino a sinistra.
Quando Stefano chiamava tutti accorrevano anche solo per una pizza e/o per celebrare una cameratesca rimpatriata .
Nonostante tutto è rimasto sul pezzo, senza mai addivenire a compromessi, accettando con coraggio e senza mai un cenno di stanchezza il peso di una militanza davvero durissima.
L’ho rivisto dopo oltre cinquant’anni a Benevento alla presentazione del suo libro “L’Aquila ed il Condor”, la storia di una tragica  vita romanzesca che er Caccola riuscì ad interpretare come l’eroe di un’avventura, un’affascinante avventura che, come tutte le cose della vita e  del mondo ad un certo punto finisce, ma non per quanti ne conservano con affetto la stima e ne amano il ricordo.
Onore a Te Stefano.

Tertium non datur, io la vedo così

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Premettendo che oggi ero al lavoro in ufficio e non a Roma in piazza a manifestare come ho fatto nella mia storia politica e sindacale centinaia e centinaia di volte, nella maggioranza dei casi a spese mie.
E sottolineando due volte che vedo la questione da giornalista e non da tifoso, il che mi impone – nonostante il mio cuore batta a destra e io non ne abbia mai fatto mistero – di agire con professionalità e riconoscere quindi l’errore fatto da Salvini e la grandissima abilità di Renzi nel gestire una situazione apparentemente negativa in modo così brillante da farla diventare incredibilmente favorevole al suo partito ed alla sinistra tutta.
Tutto ciò premesso, dico apertamente che a mio avviso è difficile per chi agisce nella verità sostenere che questo non sia un Popolo e che tutti siano in cattiva fede perché credono a Salvini e Meloni, o siano ‘Salveloni’, quindi stolti creduloni.
Da cittadino penso che oggi il Popolo abbia assediato il Palazzo. Da giornalista libero penso che il Palazzo, protetto dall’establishment europeo dei palazzi di vetro di Bruxelles, si senta al sicuro e se ne infischi della Piazza.
La domanda che mi pongo è la seguente: quanti di quelli che hanno riempito le piazze del Vaffa Day oggi erano lì, senza bandiere ma col solo tricolore, a rinnovare il proprio Vaffa forte e chiaro verso gli stessi a cui sono sempre stati rivolti i Vaffa storici delle piazze pentastelliote e cioè verso quelli del Partito democratico?
Con la differenza, però, che nel Palazzo oggi c’erano i figli di chi quel Vaffa l’ha urlato per la prima volta forte e chiaro contro la Casta convocando in piazza un Popolo col quale ha costruito poi il Movimento!
Quel Popolo oggi è stato letteralmente tradito.
Questi i fatti. Chi ci gira attorno o è in malafede o è un ipocrita. Tertium non datur.

Centro storico e periferia: svendita di identità

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Il centro storico di Napoli era afflitto da un fenomeno comune a tante città di grandi dimensioni e che causava la lenta agonia di zone una volta piene di vita, nelle quali si svolgevano le attività più importanti della città, ma anche una vita di relazione che coinvolgeva tutti i ceti sociali. Napoli, in particolare, aveva un centro storico senza divisioni di classi, dove si armonizzavano i vari rapporti sociali.

Gli edifici che prima erano destinati alle più diverse classi sociali, sono stati sempre più adibiti ad uffici, centri commerciali, abitazioni di lusso. Le scuole elementari hanno avuto difficoltà a completare le classi per carenza di alunni.

Il fenomeno è comune a livello mondiale, per la verità, e ha visto, nel corso degli anni, le popolazioni prima allontanarsi dal centro per poi, con un’inversione di tendenza, ritornare nei centri urbani che nel frattempo non erano più del popolo, ma solo della borghesia professionale. Nel migliore dei casi i centri storici diventavano una specie di museo a cielo aperto.

Il nostro centro storico, in particolare quello antico, museo a cielo aperto, abbandonato al suo destino, senza cura e senza sicurezza per i turisti che vi vagano, ha preso anch’esso questa tendenza. L’aumento del flusso turistico, in compenso, sta trasformando quello che era un centro vissuto in un’enorme friggitoria, pronta a soddisfare un turismo di massa che, in maniera incontrollata, invade le stradine e i vicoli.

L’aumento del turismo (fenomeno certamente da non attribuire all’attuale amministrazione, ma determinato da fattori esterni e, comunque, comune a tutta l’Italia) è certamente un’occasione per l’economia della città, ma ciò non può giustificare i danni all’”anima” del centro antico, sempre più spopolato da residenti.

Del resto lo spopolamento del centro di Napoli è stata una precisa strategia delle amministrazioni di sinistra che coscientemente hanno inteso dissolvere quel tessuto sociale ricco di umanità e legato alle proprie tradizioni, favorendo, o in alcuni casi costringendo, l’allontanamento delle popolazioni dal centro verso le periferie, disperdendo così la ricchezza dei rapporti tra gli individui che caratterizzava gli abitanti del centro della città.

Il fenomeno è iniziato con l’amministrazione Valenzi, subendo un’accelerazione con il terremoto del 1980 e con la sciagurata creazione di quartieri ai margini, come quello di Scampia. Tutto ciò rispondeva anche ad una logica politica precisa: estirpare le popolazioni dal centro significava avere masse da modellare. Ricordo che all’epoca, nei quartieri periferici, tipo appunto Scampia, non c’erano farmacie, uffici postali ed altri servizi, ma in compenso erano presenti e funzionanti le case del popolo e le sezioni del PCI.

In realtà, l’intento della sinistra di modellare generazioni future indottrinate nelle sedi del PCI, fallì per il fallimento del comunismo con il crollo del muro di Berlino. La perdita della ricchezza dei rapporti e il mancato “indottrinamento ed inquadramento” della sinistra, crearono un mostro ancor più pericoloso: generazioni senza alcun tipo di valori e punti di riferimento. I giovani cresciuti nei nuovi quartieri periferici creavano nuovi modelli ai quali richiamarsi, modelli che, purtroppo, in molti casi, erano quelli del facile guadagno e che hanno forgiato giovani e spietati camorristi.

Il Centro di Napoli è stato quindi spogliato di gran parte della sua popolazione la quale, lasciando i luoghi nei quali ha vissuto, ha favorito due fenomeni che hanno proceduto di pari passo: la creazione di periferie abbandonate e la trasformazione del centro storico in un luogo che possiamo definire “periferia centrale” e che solo ultimamente ha ritrovato, direi solo in maniera spontanea, una forma di sopravvivenza alimentata dalle attività legate al turismo.

Altra attività che si sta sviluppando nel centro cittadino, favorito, coccolato e voluto dall’attuale amministrazione, è quello legato alla movida. Un fenomeno che solo in apparenza sembrerebbe portare vita e sviluppo economico al centro cittadino, ma che in realtà, al contrario, sta favorendo il depauperamento del valore degli immobili e l’allontanamento dei residenti che, oramai, come dimostra la quotidiana cronaca cittadina, non sopportano più il fenomeno che sempre di più diventa incontrollato.

Chi in futuro si candiderà a governare Napoli non potrà non considerare il problema. Non bastano friggitorie e baretti per far crescere e vivere una città, occorre che vi sia una popolazione che senta sua il centro, che lo viva e lo preservi.

“Uno contro zero”, la storia straordinaria del pallanuotista Enzo D’Angelo rievocata al Liv di Pozzuoli il 10 settembre

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Enzo D’Angelo, campione italiano di pallanuoto, sarà l’anima rediviva di “Uno contro zero”, lo spettacolo teatrale che debutterà il 10 settembre 2019, ore 20.30, al Liv Eventi di Pozzuoli.
Ancora una volta sport e teatro, spirito olimpico e tragico, si fondono in un’alchimia di suggestioni.

Uno contro Zero”, monologo teatrale, è un omaggio al mito, al simbolo e alla leggenda di un campione per il quale il lembo del mito e quello della memoria pare vogliano chiudersi sulla cerniera dell’oblio. Il titolo prende spunto da un frangente di estremo pathos nel gioco della pallanuoto: l’azione dinamica e spettacolosa tra l’attaccante in controfuga e il portiere.

A riportare in vasca Enzo D’Angelo sarà l’attore ed ex pallanuotista Geremia Longobardo, che presterà voce e volto al racconto di vita dell’atleta, dalla nascita a Baia alla dipartita prematura a Parigi. Sullo sfondo della scrittura uno spaccato di storia italiana.

Ad avvincere sarà la bellezza estetica del gesto atletico che si tramuta in arte sublime.

Le leggende esistono ed anche se non si volesse credere alla verità che nascondono, è impossibile non credere alla loro incomparabile potenza simbolica. Le storie dei nostri miti si raccontano un po’ così, personalizzando le sfumature, magnificandone i dettagli. Il loro vissuto spesso viene edulcorato da aneddoti fantasiosi e creativi, viene amorevolmente annacquato con piccole gocce di folclore locale. Tutti ne conosciamo almeno un pezzetto e lo recitiamo a menadito durante i grandi conviviali. Una citazione, un accenno, un déjà vu…non importa purché se ne parli, giusto il tempo di un sospiro, giusto il tempo di assaporarne l’assenza. Ognuno di noi conserva un ricordo di Enzo, un episodio, un innocente e divertente inciucio, Il nostro pese è così, siamo una grande famiglia”, queste le parole di un altro ex pallanuotista, Mario Massimiliano Cutolo, ideatore e produttore di “Uno contro Zero”.

L’assolo è scritto da Franco Cossu e diretto da Rosario Giglio.

Enzo D’Angelo, scomparso il 6 febbraio del 2008 a soli 57 anni, ha vinto 5 scudetti (uno da allenatore) e una Coppa dei Campioni con la Canottieri Napoli. Con la nazionale, l’argento olimpico a Montreal ’76 e il bronzo mondiale a Calì ’75. Ha giocato anche con la R.N. Napoli e ha allenato Vomero, Recco, Catania e Fiorentina.