Che alla fine non sarebbe andata a finire così ci credevano solo loro. Il MoVimento 5 Stelle ed il Pd. La Ciarambino e il presidente De Luca. “’a chiattona” e “Vicinez’ ‘o scheriff’”. L’antitesi incarnata, il dualismo (giam)mal conciliante, gli antagonisti di sempre, gli avversari di una vita, lo zoccolo duro e la spina nel fianco.
Dopo anni, un decennio di lotte politiche, di battaglie di Palazzo e di conflitti in Regione, messa al bando la politica politichese, il programma ultra-completamente realizzato, addirittura superato ed in largo anticipo, e quello solo movimentato, abbandonate le ideologie quando nemmeno le post-ideologie sembrano ormai più bastare, Pd e MoVimento 5 Stelle, dopo l’avventura nazionale, dopo l’Umbria potrebbero correre a braccetto anche in Campania. Forse per sorreggersi a vicenda. E se in Emilia Romagna ed in Calabria Giggino Di Maio, il capo-politico in fieri, aveva pensato bene (ma male per gli attivisti della Rousseau) di non candidarsi per nulla almeno per salvare la faccia, in Campania, nella sua terra ed in quella del presidente della Camera Roberto Fico, la faccia deve mettercela per forza. Lo deve, sperando in un poco politico do ut des, ai tanti “amici” che hanno preso il posto a Roma e che, se vogliono conservarlo, devono meglio attivarsi.
Che il M5S non goda affatto di buona salute è cosa nota a tutti: che sia l’inquilino della Farnesina l’inconsapevole colpevole dei malumori, o la gestione accentrata (ed egocentrica e a tratti egoistica) del MoVimento o il recente accoppiamento, rimasto indigesto, con il Pd non fa tramontare l’ipotesi di una alleanza contro il ciclone devastante della coalizione di Centro Destra capitanata da Matteo Salvini che prende forza ovunque e sempre più.
Forse un’alleanza forzata per la sopravvivenza. Ma sotto seconde spoglie.
Tra le fila grilline, infatti, e a guida della solita e immarcescibile Valeria Ciarambino (alla faccia del cambiaMento!) prende piede il nuovo (effimero? All’uopo?) soggetto politico: “Rinascita Campania”.
Stando alle dichiarazioni delle ultime ore dell’esponente stellata, l’iniziativa sta riscuotendo successo, tanto successo (ma adesioni?) da parte della società civile che vuole impegnarsi in prima linea per garantire a Napoli ed alla Campania quella rinascita etica, culturale, economica che merita e solo promessa da troppi anni. Insomma la solita demagogia pre-elettorale che maschera il nulla politico ed il vuoto programmatico.
Stile diverso, ma sostanza (forse) uguale la lista civica sempre e da sempre anelata da Vincenzo De Luca la cui logica conseguenza, dopo aver investito (forse solo speso) mezzo milione di euro in cultura – stando alle cifre dichiarate dallo stesso Governatore – è quella di aprire a personalità della cultura, della musica, dello spettacolo, delle scienze della letteratura.
A benedire la “mescita campana” è il pdino Antonio Marciano che si spinge oltre e propone entusiasticamente di tentare anche a Napoli l’esperienza di alleanza già tentata altrove. Forse ignaro dei risultati (non) conseguiti o conseguenza degli effetti primari della stessa mescita.
In fin dei conti, si prefigura un surrogato della compartecipazione nazionale Pd – 5 Stelle in salsa partenopea, non troppo legata ai simboli di partito che, se sono fin troppo d’accordo e costretti per la sola sopravvivenza all’assalto della coalizione di Salvini e Meloni, meglio tenerli, opportunamente ed opportunisticamente, alla debita distanza onde evitare insopportabili interferenze.
Interferenze non marcate in questi nuovi (?) soggetti politici che servono solo a tenere pulita, nascondendola, la faccia dei big e del partito da quello che, stando ai sondaggi, s’incammina ad essere un altro, ennesimo flop.
Rimescita Campania
Napoli sommersa dai rifiuti. De Magistris: “e’ colpa della pioggia”!!!
Da Piazza Mercato alla Pignasecca, da Fuorigrotta al Vomero, dal salotto buono di Piazza dei Martiri a Mergellina, ovunque ci si sposti in questi ultimi giorni di Novembre, Napoli presenta sempre il medesimo scenario di sporcizia e abbandono di rifiuti di ogni genere.
Dai cassonetti dell’indifferenziata stracolmi e maleodoranti che “annunciano” problematiche tristemente note ai napoletani, alle campane colorate della raccolta differenziata del vetro, carta e plastica : un mare magnum di rifiuti, ingombranti compresi, che sommergono letteralmente cassonetti e marciapiedi, rendendoli progressivamente inaccessibili.
Sarà forse per l’avvicinarsi delle prossime festività che fanno registrare normalmente un incremento crescente di imballaggi che avvolgono regali e strenne natalizie? O forse è colpa di qualche improvvisa vertenza sindacale dei lavoratori dell’Azienda di Igiene Urbana napoletana o piuttosto delle maestranze degli impianti di conferimento dei rifiuti (i cosiddetti STIR)?? Potrebbe essere. Anche se non ci risultano, almeno ufficialmente, astensioni dal lavoro del personale addetto a questa fondamentale attività, storicamente “cavallo zoppo” della complessa e farraginosa “macchina comunale” della nostra città.
A cosa o a chi attribuire, dunque, questo nuovo e preoccupante disservizio dell’attività di rimozione dei rifiuti e del mancato spazzamento in città? A fornirci una “plausibile ed efficace” risposta al quesito, provvede, niente meno, che il Sindaco De Magistris in persona che, incalzato e intervistato sul tema da un nugolo di tenaci colleghi giornalisti, ci svela, non senza sorpresa, che la responsabilità dell’attuale criticità è ascrivibile esclusivamente ………… alla pioggia!! Si, proprio l’acqua piovana caduta, in vero, in maniera copiosa in questi ultimi giorni in città, così come in tutto il nostro martoriato territorio nazionale. La stessa acqua piovana che ha contribuito al preoccupante fenomeno dell’acqua alta a Venezia e che a Savona ha alimentato una frana che ha letteralmente travolto un viadotto autostradale. A Napoli, per una volta più fortunati che altrove, le piogge consistenti e continue hanno prodotto esclusivamente l’aumento del tonnellaggio complessivo dei rifiuti in strada, con il conseguente blocco degli STIR per sovraccarico degli impianti.
Gli eventi temporaleschi di questi giorni, secondo il Primo Cittadino, sarebbero, dunque, i motivi esclusivi del disservizio registrato, con conseguente mancata rimozione dei rifiuti urbani.
Una autentica e grottesca novità che solo a Napoli poteva determinarsi. Una città ove, sappiamo bene, può accadere davvero di tutto. Anche l’aumento del tonnellaggio dei rifiuti intrisi di acqua piovana, con conseguente ingolfamento dei siti di conferimento dei rifiuti.
Una spiegazione buttata lì dal Sindaco, in maniera presumibilmente ingenua e apparentemente convinta, ma altrettanto paradossale e allucinante che sottolinea, ove ce ne fosse ancora bisogno, tutto il pressapochismo e l’inadeguatezza di una Amministrazione comunale ormai decotta e squalificata che, tuttavia, manifesta sempre più prepotentemente le sue doti e la sua propensione alla “commedia comico-brillante”. Una commedia che, interpretata in altri tempi dai nostri Totò e De Filippo, con Nino Taranto e qualche altro mostro sacro del nostro Teatro dialettale, avrebbe fatto ridere a crepapelle intere generazioni e riscosso un sicuro successo. Ma che interpretata oggi, da Amministratori Pubblici di una grande città, assume esclusivamente i requisiti del dramma. Il dramma di una città in agonia.
Mercato San Giacomo
“Non ci siamo indeboliti, fateli lavorare e poi giudicate”. Queste le “fiche” parole psicogrilline del sindaco Luigi de Magistris in occasione della presentazione del rimpasto numero dieci in anni nove. Trentatrè gli assessori che sono stati cambiati nella sua giunta, numero sintomatico dello stato di salute della squadra arancione che non si riuniva dal 7 agosto e che assume sempre più le sembianze di un “mercato delle poltrone”. Anzi, di una fiera vista la cadenza delle sedute del consiglio comunale. Che si rinnova e ricomincia per finire. Un rimpasto che ha tutto il sapore della “pastetta” e che a 15 mesi dalle nuove elezioni non ha nemmeno il tempo per tentare di imbastire una disperata campagna elettorale. A vedere le new entry, infatti, verrebbe da chiedersi chi potrebbe ancora rappresentare questo Sindaco e la sua (?) giunta (chissà quale delle dieci!) se non proprio una città-contro facendo di Gigino ‘o flop il primo cittadino contro Napoli.
Pezzi interi di società civile, l’intero universo orbitante intorno al civismo, all’associazionismo, al terzo settore, ai “battaglieri” dei diritti civili, vero zoccolo duro del suo elettorato, sono profondamente delusi. Forse definitivamente. Persino Insurgencia appare spaccata! E alita una terribile resa dei conto che, a dire degli attivisti, non sarà… proprio sociale.
Il ripescaggio della grillina Francesca Menna, in fuga dai 5 stelle, ma molto vicina a Roberto Fico – il cui baratto a Sindaco è tutt’altro che sconosciuto – aprirà una falla anche sulla sponda del MoVimento da dove i fedelissimi dell’altro Gigino non spareranno certo a salve.
Persino il presidente uscente De Luca ha smesso di rispondere tono su tono e tenta di badare al suo elettorato (e alla sua ricandidatura) non regalando visibilità gratuita, e forse inutile, al Sindaco arancione.
Intanto Napoli, la terza città d’Italia, sprofonda vergognosamente ed irrimediabilmente in ogni settore: dai servizi, ai trasporti, dai rifiuti al turismo, dalla viabilità alla sicurezza. Tanto che basta un acquazzone – non tanto sorprendente nell’approssimarsi all’inverno – per chiudere scuole e uffici, annegare il bacino d’utenza giornaliero, ritenersi fortunati se gli alberi cadono “solo” sulle macchine e se si riesce ad arrivare sani e salvi a destinazione. DeMa, però, propina a tutti il paese dei balocchi, vieppiù se si trova difronte microfoni e telecamere: dalla Napoli seconda solo al Giappone, a Napoli porto e porte aperte, dalla flotta pro-migranti alla questione San Paolo: dalle rotture con De Laurentis ai fatti dell’impianto sportivo. E se non ha promesso di elargire la patente nautica per girare in città è solo perché la campagna elettorale per le amministrative è ancora lontana. O, forse, così crede lui.
Che stando alle sue ambizioni mai velatamente celate, chissà se ancora gli interessa realmente. Di certo c’è solo il disinteresse, l’abbandono, il tradimento verso una città che sta sprofondando in tutti i sensi. A partire dalle voragini che sempre più copiose si aprono in città, ma anziché chiedere lo stato di emergenza, di proporre una legge ad hoc, di aprire gli occhi per guardare in faccia ai suoi concittadini e alla realtà, Gigino pensa a come rimanere a galla.
Governo giallo rosso: nato per “disinnescare” l’Iva…… e’ finito per “affondare” l’Ilva !!
Mentre il Presidente del Consiglio Conte rivolge l’invito ai Ministri del suo Governo di presentare programmi e proposte per fronteggiare la crisi dell’ex ILVA di Taranto, palesando oltre modo lo stato confusionale e la completa assenza di una idea progetto univoca ed efficace per uscire dalla crisi, l’Amministratrice Delegata dell’azienda siderurgica franco-indiana annuncia ai Sindacati, ancor prima di essere nuovamente convocata dal Consiglio dei Ministri, la sua decisione irrevocabile e unilaterale di chiudere gli impianti industriali dell’acciaieria pugliese entro il prossimo 5 Dicembre.
Ciò vuol dire, con evidente drammaticità, che per la multinazionale dell’acciaio non esistono termini ulteriori di trattativa con un Esecutivo che brancola nel buio e che rimane ancora alla ricerca di una ricetta credibile da porre sul tavolo, per evitare la chiusura degli impianti e scongiurare la fuga annunciata di Alcelor-Mittal . Un Governo ormai allo sbando, come un vecchio pugile suonato, che sta incassando colpi su colpi per il moltiplicarsi delle crisi aziendali nostrane. Dalla Alitalia alla Whirpool, dalla Bekaert di Figline Val d’Arno alla Aleaa ed Euralluminia in Sardegna, passando per il colosso commerciale di Mercatone Uno, presente diffusamente nel Lazio e nel nord Italia. Oltre 150 tavoli di crisi aperti presso il Ministero dello Sviluppo Economico e ancora in attesa di una soluzione soddisfacente che garantisca almeno gli attuali livelli occupazionali.
Un disastro dopo l’altro con un nuovo approdo, in queste ultime settimane, sulle sponde dello Jonio grazie alla “lucida follia” dei Parlamentari 5 Stelle che hanno recentemente imposto a tutto il Governo giallo-rosso l’abolizione del cosiddetto “Scudo penale”. Misura che, al contrario, avrebbe garantito ai vertici di Acelor-Mittal di non incorrere in responsabilità penali pregresse, in relazione ai danni ambientali prodotti negli anni alla cittadinanza tarantina dalle lavorazioni inquinanti del polo siderurgico. Ciò “in cambio” di cospicui investimenti della nuova cordata franco-indiana sul fronte del disinquinamento del suolo e del sottosuolo e degli ulteriori interventi di bonifica e ristrutturazione complessiva degli impianti obsoleti. Un percorso indispensabile per raggiungere livelli di sostenibilità ambientale tali da garantire la salute dei residenti, in uno con il rilancio delle capacità produttive del complesso siderurgico e dell’occupazione, in questo lembo martoriato del Mezzogiorno d’Italia.
La cancellazione dello “Scudo penale” risponde dunque ed esclusivamente ad una esigenza meditata quanto scellerata dei Deputati Pentastellati. Quella di non soccombere ancora una volta sul fronte dell’ostracismo miope per ogni forma di insediamento industriale. Basti pensare, sempre in Puglia, alla sconfitta sonora subita dai 5 Stelle rispetto alle promesse avanzate in occasione delle ultime elezioni politiche di evitare la realizzazione del famoso Gassificatore (TAP) di San Foca, nel Comune Salentino di Melendugno. Impianto industriale che, al contrario, è in fase di avanzata realizzazione e dovrebbe entrare in funzione già nell’autunno del prossimo anno, a seguito del ripensamento forzato del Leader pentastellato Di Maio, nelle vesti dell’allora Ministro dello Sviluppo Economico. E, più recentemente, potremmo ricordare un’altra bruciante sconfitta dei grillini in occasione del voto parlamentare sulla definitiva ripresa dei lavori per la TAV in Val di Susa, che troppi mal di pancia produsse ai deputati 5 Stelle negli ultimi mesi di governo con l’odiato Salvini.
Un ostracismo verso lo “Scudo penale” che, verosimilmente, mirava e mira esclusivamente al raggiungimento dell’attuale risultato : il recesso di Alcelor-Mittal e la conseguente chiusura definitiva dello stabilimento siderurgico di Taranto. Tanto per perseguire una strada alternativa intrisa di elementi demagogici, ideologia oscurantista e giacobinismo utopistico. Con buona pace dei 10 mila posti di lavoro, oltre all’indotto, della sopravvivenza di un’intera città e dell’inizio non più differibile delle opere di bonifica ambientale che pure Alcelo-Mittal si era impegnato contrattualmente a realizzare con proprie risorse economiche. Uno scenario cupo e senza via d’uscita quello che si profila con il ritiro della multinazionale dell’acciaio. Uno scenario di cui gli adepti di Grillo erano ben consapevoli dal primo momento. Così come sapevano bene che risorse economiche pubbliche per procedere tanto alla bonifica dei luoghi, quanto alla realizzazione di piani industriali alternativi per il mantenimento degli attuali posti di lavoro, non ce ne sarebbero stati e chissà ancora per quanto tempo. Che, tra l’altro, l’evocato coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti e di taluni Ministeri attraverso finanziamenti propri, sarebbero stati prontamente identificati e sanzionati dalla stessa Comunità Europea quali aiuti di Stato e , dunque, improponibili.
Sapevano pure i nostri amici 5 Stelle che l’assenza assoluta di una politica e di una strategia industriale nel nostro Paese avrebbe reso difficile, se non attualmente impossibile, una operazione di riconversione industriale del siderurgico di Taranto. Sapevano pure che il nostro Paese non può assolutamente permettersi di perdere l’acciaieria pugliese ( tra l’altro prima acciaieria d’Europa per estensione e per quantità di produzione) per il suo ruolo strategico per l’economia nazionale. Legata così com’è alla sopravvivenza di altre fondamentali attività produttive quali l’industria automobilistica, meccanica, edilizia e chi più ne ha, più ne metta! Sapevano bene tutto questo i 5 Stelle (almeno si spera). Ma sono andati avanti ugualmente per la loro strada rovinosa e senza uscita. Fieri delle loro follie, ma certi (altra utopia!) che questo tipo di scelte sciagurate per la collettività e per l’intero Paese possano garantire loro, ancora a lungo, il consenso del popolo ( al contrario sempre più fluttuante e disincantato) dei 5 Stelle.
Senatori a vita di nomina presidenziale: quale utilità?
Se novanta senatori della Repubblica si sono astenuti dall’approvare la mozione proposta dal Senatore a vita Liliana Segre per la costituzione di una Commissione sull’antisemitismo e sull’odio razziale, un motivo ci sarà stato pure. L’ipotesi riduttiva dell’esistenza di un centinaio di razzisti antisemiti eletti dal popolo italiano alla Camera alta fa solo sorridere poiché è oltremodo evidente che nessuna persona di buonsenso può non essere contro questi valori già ampiamente normati e condivisi dal popolo italiano sia fuori che dentro il Parlamento. Non è più probabile allora che questa mozione nasconda altro tra le righe e che la sinistra italiana sfruttando l’immagine e la storia personale di questa povera donna sfuggita agli orrori dell’Olocausto, cerchi solo di assestare l’ennesimo colpo mancino alla democratica libertà di espressione?
Questa mozione sovrapponendosi in modo generico e confuso a norme già esistenti, contiene difatti grossolani errori tecnico-giuridici dalle conseguenze preoccupanti, potendo difatti rappresentare il presupposto all’introduzione di nuovi reati d’opinione. In altri termini un deliberato attacco al libero pensiero che potrebbe condurre a configurare come reato anche banali espressioni nazionalistiche identitarie quali l’ormai famoso “Prima gli Italiani” di Matteo Salvini. Ha ragione allora quest’ultimo quando, citando Orwell, ha paragonato la Commissione della Segre all’organo d’uno Stato di polizia per l’imposizione del pensiero unico ed aggiungerei soprattutto con l’obiettivo di imbavagliare i social ritenuti responsabili, in primis dal PD, di avergli fatto perdere consensi ed elezioni.
L’unica verità è che patetici omini piccoli piccoli, stravolti dalle recenti e reiterate batoste elettorali, le stanno provando tutte pur di frenare quel sentimento sovranista che sta di giorno in giorno, pervadendo il cuore degli italiani. Salvini e Meloni avanzano mentre loro retrocedono e ciò che era il mainstream del più grande bluff politico della storia, diventa una patetica formula nominale sine materia priva di riscontri effettuali, rievocata come una ossessiva tiritera solo nei momenti di grande difficoltà. Non bastano allora strumenti e musicisti per un concerto di successo ma c’è bisogno soprattutto di un gremito pubblico che applauda e certifichi con il proprio consenso la giustezza delle azioni.
In relazione a tutta questa storia nasce allora spontanea la considerazione sull’utilità ed il ruolo dei Senatori a vita che guarda caso sono sempre espressione del “pensiero unico” di sinistra e vengono tirati in ballo solo nei momenti di crisi quando anche un solo voto in più potrebbe essere determinante.
Negli ultimi tempi si è difatti tanto discusso sulla necessità di ridurre i costi della politica e con essa il numero dei Parlamentari senza però mai mettere mano all’art. 59 della Costituzione italiana che disciplina i Senatori a vita. Perché mai salvaguardando eventualmente le nomine di diritto, non si abroga quanto meno il comma 2 sulle nomine presidenziali? Contrariamente a quanto si possa ritenere, queste persone sono profumatamente pagate in vita ed anche dopo il decesso (https://www.leggilo.org/2018/09/21/senatori-a-vita-quanto-costano-anche-da-morti/), prendendo un’indennità mensile di 21.850 euro pari a 276.639 euro all’anno. Perché mai di questa spesa folle ed inutile nessuno ne parla mai? Cifre mostruose queste che nella totalità dei casi non corrispondono ad una reale attività parlamentare. Un nome su tutti è quello di Renzo Piano, architetto di fama mondiale, nominato Senatore a vita da Giorgio Napolitano nel 2013 che in 5 anni ha presenziato ad appena 8 votazioni guadagnando la cifra record di circa 75mila euro netti per ogni volta che ha votato.
Perché mai allora coloro che hanno “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” non vengono insigniti di un’onorificenza pari a quella di Cavaliere del Lavoro, al posto della nomina di Senatore a vita al costo di 276.639 euro all’anno che potrebbe essere scambiata per un’impropria indennità atta a garantire che le persone giuste siano al momento giusto nel posto giusto?
“A pensar male, si fa peccato ma spesso ci si azzecca…” ed a dirlo era proprio un senatore a vita!
A volte ritornano: De Mita e Pomicino vogliono ricostruire la DC
L’intramontabile Ciriaco De Mita fa sul serio e si pone a guida del progetto pilota per il futuro, ma con lo sguardo rivolto al passato. E perché il progetto possa funzionare si affida ad un coetaneo navigato: nientedimeno che Paolo Cirino Pomicino.
Riuniti nell’hotel Sakura di Castellammare di Stabia, i due ex democristiani (anche se come dice Cirino Pomicino “democristiani lo si è per sempre”) tentano di rifondare la nuova Dc con il preciso obiettivo di essere già presenti nelle piazze per le prossime elezioni Regionali in Campania.
Un movimento nuovo, forse addirittura un partito che punti a riappropriarsi di quell’elettorato rimasto orfano dei valori dello scudo crociato che non ha trovato seguito né successori. Una formazione moderata, centrista, ancorata nel popolarismo capace di passare il testimone “dai padri ai figli di” e che attecchisca innanzitutto proprio in Campania, terra fertile di “una pluralità di intelligenze che può dare vita a questo soggetto politico e perché nella nostra regione è forte il desiderio di recuperare tale memoria storica” come ammette il Sindaco di Nusco (AV).
Memoria storica che affonda le radici in personaggi come don Luigi Sturzo, storico fondatore del partito dallo scudo crociato, chiedendosi “cosa avrebbe fatto oggi, come si sarebbe comportato davanti ai problemi di oggi”.
“La verità – come diceva Bacone – è figlia del tempo” e don Sturzo non è sopravvissuto ai tempi (e ai problemi) della Prima Repubblica: a sostenerlo sono due quasi centenari (Ciriaco De Mita 91 anni e Cirino Pomicino 80) che tra le (poche) cose certe vedono senz’altro “quella di capire chi è cresciuto mentre alla Farnesina sedeva gente come Alcide De Gasperi, Pietro Nenni, Amintore Fanfani, Gaetano Martino, Aldo Moro, Giuseppe Saragat, Giulio Andreotti e oggi fa fatica a vedere nei panni di ministro degli Esteri chi confonde il Cile con il Venezuela”. Quindi anche i “demitiani” ed i (neo) democratici cristiani si pongono come antitesi e avversari della formazione grillina, sempre più sola ed isolata anche da quel Pd compagno di ventura ovunque, eccetto (o non ancora) in Campania.
Un’idea che è più di un progetto destinato a non rimanere un “affare” soltanto locale se si pensa che, prima che i “big” si dessero appuntamento al Sakura, il 14 ottobre scorso, si erano incontrati già al teatro Carlo Gesualdo di Avellino in occasione dell’inaugurazione della Fondazione Fiorentino Sullo a 100 anni dalla nascita del deputato della Dc, organizzata dal (quasi ex) forzista Gianfranco Rotondi. In tale occasione, proprio il deputato irpino aveva auspicato per il nuovo soggetto politico il compito orientare i cristiani, rappresentare i laici democratici, i liberali e i riformisti spingendoli all’impegno nelle istituzioni e incarnando l’alternativa alla Destra verso cui vede impossibile ogni dialogo. Disegno palesato alla fine di una lectio magistralis tenuta nientemeno che dal premier Giuseppe Conte nella cui persona proprio Rotondi vede l’”uomo giusto”, non facendo mistero di aver più volte indicato proprio Conte come Premier, votando(gli) sempre la fiducia. Quella fiducia che sembra essere costantemente compromessa nonostante provenga da due forze politiche che hanno tutto l’interesse alla comune sopravvivenza ed in cui il professore di Volturara non sembra trovare spazio: se in fase di costituzione del Conte bis il pd diceva di non volergli confermare l’incarico, l’etichetta pentastellata è stata chiaramente rifiutata dall’inquilino di Palazzo Chigi.
Il Presidente che – secondo indiscrezioni – ha avuto più incontri (privati) con la figlia di Alcide de Gasperi durante i quali, come ha raccontato la stessa Maria Romana, “si è limitato ad ascoltare e a prendere appunti”; nel pomeriggio della sua visita in Irpina, terra di democristiani da sempre (e forse per sempre) ha tenuto a battesimo il progetto “Borgo 4.0 – dalla tecnologia sostenibile a un nuovo umanesimo – “e dove ha ricevuto il saluto (e la benedizione) dei padroni di casa (democristiani della prima ora) Ciriaco De Mita, Presidente del Consiglio per la Dc già Presidente della Bicamerale per le Riforme Costituzionali, oltre a quello di esponenti regionali della tradizione democratica-cristiana e popolare Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Giuseppe Gargani, Ortensio Zecchino, Enzo De Luca, Mario Sena.
Un altro passo verso quella Dc scomparsa e che starebbe tracciando nuovamente la via (già battuta dai veterani) – anche per Conte - da seguire qualora decidesse di intraprendere un “suo” percorso politico, che forse insiste sulla stessa via percorsa dallo scudo crociato per cui non è stato trovato un degno successore e rappresentante. O almeno non ancora.
Un vero banco di prova l’imminente corsa a Palazzo Santa Lucia inserita in un progetto di più ampio respiro che punti direttamente ai palazzi romani. Che potrebbero essere non troppo distanti, nemmeno in termini temporali (o almeno si spera): e se dovessero togliere il voto ai sessantenni?
Umbria | Una battaglia vinta per la guerra globale
Potrà sembrare una semplice coincidenza, un puro caso, ma accanto allo splendido risultato elettorale in Umbria, che cancella cinquant’anni di “socialismo reale” in una delle regioni del quadrilatero rosso che spaccava l’Italia a metà, sulle pagine di tutti i quotidiani si apprende dell’enorme successo di Alternativa per la Germania nelle elezioni regionali della Turingia, ben il 27% contro il 24% della Merkel.
Dall’altra parte del mondo, in Argentina, le politiche antipopolari dei governi liberali hanno distrutto il ceto medio e portato larghi strati della popolazione a vivere nella povertà.
Questa situazione ha indotto gli argentini a riportare i peronisti nella Casa Rosada, al governo sotto la guida di Fernandez.
Tre situazioni del tutto diverse, incomparabili per territori, per condizioni culturali, economiche e sociali, eppure legate ad un sommovimento profondo, dalle visceri stesse delle diverse Comunità nei modi più diversi si ribella al disegno egemone del liberal capitalismo ed al suo più odioso strumento, il capitalismo finanziario speculativo che impoverisce i popoli, ingrassa le sue società di offshore, i suoi colossi finanziari, i loro listini, delegittima la Politica, impone le sue leadership, sostituendo ai vertici delle Istituzioni i politici con loro funzionari e consulenti (oggi in Italia è in pieno spiegamento l’operazione Draghi).
Questo processo è accompagnato ed assistito da una vera e propria ideologia, quella globalista, che per realizzare i suoi obiettivi deve eliminare tutte le differenze, le culture, le identità, in definitiva i Popoli stessi in quanto tali e quindi favorirne la disgregazione attraverso l’immigrazione selvaggia ed incontrollata, le perverse teorie gender e così via, eliminando ogni feconda diversità, persino di genere, avendo nel mirino innanzitutto il nucleo fondamentale della società naturale: la famiglia!
Bisogna dare atto a Salvini di aver affrontato i nemici a trecentosessanta gradi, non solo e soltanto sul terreno delle politiche amministrative e del buongoverno, ma di aver affondato il bisturi nel corpo malato delle nostre Comunità avvelenato da teorie, pratiche, vizi e perversioni, per riportarlo alla salute.
Non si vince solo col “rendering” del progetto più bello, ma anche e soprattutto con la tutela e la difesa della Patria, terra dei padri, della sua antica civiltà e tutto ciò che ne scaturisce.
E’ in atto appunto una guerra di civiltà in tutto il mondo che si combatte senza esclusione di colpi fra due diverse ed inconciliabili visioni della vita e del mondo.
Una guerra che non fa prigionieri che va combattuta avendo bene in mente chi è il nemico, quali sono i suoi obiettivi e come va sconfitto.
Oggi è una bella giornata, lavoriamo per guadagnarcene altre.
Non prevalebunt!
Il re è nudo. Ultima mortificazione alla nostra città
Il re è nudo, completamente nudo. L’aitante sindaco che tanto piaceva alle signore del Vomero si scopre debole, debolissimo… ed ingenuo. Tanto ingenuo che in 8 anni di disastroso governo della città non si era accorto di quali politici facessero parte della sua squadra. Quella squadra di cui tanto si vantava… scelti uno per uno… i migliori della città. Quasi neanche la DC, il PSI, il PCI.
Oggi dice: “questo modo di far politica è quanto di più distante da me, dalla mia storia…”. Ma nei consigli comunali, nelle riunioni di giunta, di cosa parlavate? Al netto della rivoluzione d’ottobre, di Fidel e di Al Pacino vi capitava mai ad esempio di parlare di Asia? Ed eravate tutti d’accordo quando prendevate le decisioni “per il bene della città”? Niente, sembravano tutti bravi ragazzi, agli occhi di DeMa la marcia trionfale per liberare Napoli procedeva senza esitazione… con i migliori compagni che la Storia potesse regalargli.
Delle due l’una, scelga pure lei De Magistris quella che preferisce: o di politica e politici non capisce nulla (io penso sia così)… oppure sapeva bene con chi aveva a che fare e quindi è complice (io penso sia così).
Il re è nudo, dicevamo. Si rivesta per favore, che non è un bello spettacolo. L’ultima mortificazione a questa sanguinolenta città che… forse… dopotutto se lo merita.
E’ nata la coalizione degli Italiani
Il centrodestra è finito nasce la coalizione degli italiani che mutatis mutandis è il partito degli italiani che fu il punto di approdo, la stella popolare di Pinuccio Tatarella.
La presenza di Campo Sud, sottolineata da uno striscione di dieci metri per tre, sostenuto da dieci palloni aeronautici, al comizio di Salvini, ha voluto essere un’entusiastica risposta alla “chiamata alle armi” per cambiare davvero radicalmente l’Italia.
Una risposta di chi ha conservato i valori del proprio territorio e che vuole condividerli in un rinnovato progetto nazionale con tutti gli italiani. Una sottolineatura dunque ma in un quadro di unità nazionale nelle feconde diversità delle popolazioni, unite in un progetto valoriale uguale e contrario alle sinistre, le peggiori sinistre di tutti i tempi i cui leaders ideologici (dis)valoriali sono i vari Boldrini, Cirinná, Scalfarotto e compagnia orrenda.
Campo sud intende in definitiva sostenere le ragioni del sud, le sue istanze, le sue prospettive in un rinnovato quadro di coesione per ricostruire l’Italia, sconfiggendo una minoranza espressione di poteri finanziari che lavora per difendere e sostenere gli interessi delle élite contro gli interessi del popolo.
La ferma, gioiosa, appassionata e forte risposta di piazza San Giovanni lascia ben sperare.
Noi ci siamo, hic manebimus optime!
Addio al nostro Carlo, artista unico lontano dai luccichii del mondo dello spettacolo
Ad una settimana dalla scomparsa di Carlo Croccolo e spentosi ormai l’eco delle commemorazioni ufficiali, Campo Sud vuole ricordare l’illustre concittadino a coloro che lo hanno apprezzato e amato come uomo di spettacolo che tanto lustro ha regalato alla sua città con i suoi insuperabili e napoletanissimi compagni di scena, da Totò ai fratelli De Filippo, da Vittorio De Sica a Nino Taranto e tanti altri ancora.
Aveva esordito a soli 23 anni in RAI con la Commedia radiofonica “Don Ciccillo si gode il sole” che lo fece conoscere al grande pubblico ancor prima della diffusione in Italia dell’apparecchio televisivo. Erano gli anni del primo dopoguerra. Anni che segnarono la rinascita del cinema italiano grazie soprattutto al felice, inimitabile e originale filone del neo realismo cinematografico, che impegnò i migliori registi italiani di quel fortunato periodo e gli attori ancor oggi più amati del nostro mondo dello spettacolo. Ma accanto ai meravigliosi film neo realisti che mettevano a nudo le difficoltà di un Paese distrutto dalla guerra e le condizioni di una popolazione che aspirava solo a poter tornare a vivere una vita normale e accettabile, si andò affermando anche un genere più brillante e leggero, la cosiddetta Commedia comica, nata proprio per offrire occasioni di divertimento autentico e diversificare l’offerta cinematografica di quegli anni 50.
Carlo Croccolo incarnò con maestria e grande umiltà, dapprima il ruolo di “spalla” di attori più affermati e noti al grande pubblico, proprio nell’ambito della Commedia brillante. Esordì infatti nel 1950 con il film “47 morto che parla” nel ruolo del cameriere di un nobile e benestante Totò, con il difetto dell’avarizia. Pellicola particolarmente comica e famosa, tratta da una commedia di Ettore Petrolini, per la regia di Carlo Bragaglia, film che sancisce il debutto di Croccolo sul grande schermo. Successivamente, va ricordata la sua magistrale interpretazione nel memorabile film “Miseria e nobiltà” tratto da un lavoro teatrale di Edoardo Scarpetta, per la regia di Mario Mattioli. Una pellicola del 1954 in cui Carlo Croccolo recita con attori del calibro di Totò, Sofia Loren, Valeria Moriconi, Dolores Palumbo, Franca Faldini, Enzo Turco. Più tardi, nel 1960, Croccolo sarà consacrato partner ufficiale di Totò con la interpretazione del maggiordomo fedele del Barone Ottone Spinelli degli Ulivi detto Zaza’, in una esilarante e intramontabile commedia comica, sceneggiata dai celebri Castellano e Pipolo, sempre con la regia di Mario Mattioli. Anche in questo film, Croccolo recita in maniera unica e impareggiabile, affiancato da un Totò insuperabile, da un brillantissimo Peppino De Filippo e dalla esordiente ma già promettente Delia Scala.
Anche con i celebri Edoardo e Peppino De Filippo Croccolo recitò in pellicole famose e impareggiabili, quali “Ragazze da marito” di Edoardo e “Non è vero ma ci credo” di Peppino De Filippo.
Altra importante occasione artistica fu rappresentata dalla recitazione nel film “Ieri, oggi e domani” per la regia di Vittorio De Sica. Una pellicola che rappresenta una pietra miliare nella storia del cinema italiano e che impegnò Croccolo in un ruolo particolarmente significativo.
Ma sono davvero tantissimi i registi cinematografici con i quali ha lavorato Carlo Croccolo nella sua lunga e brillante carriera sul grande schermo, con la partecipazione ad oltre un centinaio di film. Da Dino Risi (“Giovani e belli” e “Operazione San Gennaro”) a Pasquale Squitieri, da Nanni Loy (Mi manda Picone) a Giuseppe Tornatore (Il camorrista) . Da Luciano Salce a Blasetti, da Comencini a Salemme. Con Luigi Magni poi, Carlo Croccolo sarà anche premiato con il prestigioso David di Donatello quale miglior attore non protagonista nella edizione del 1989 per la pellicola “ O Re”. Per la medesima interpretazione Croccolo riceverà anche il premio Ciak d’Oro 1989. Sempre con il regista Luigi Magni, nel 1991 Carlo Croccolo girerà ancora un film molto interessante e particolarmente premiato, “In nome del popolo sovrano” con un cast che annoverava, tra gli altri, anche Alberto Sordi e Nino Manfredi. Croccolo fu anche diretto dal regista inglese Antony Asquith nel celebre film del 1964 “Una Rools Royce gialla”. Film molto noto che fece il giro del mondo tra le sale cinematografiche più prestigiose, grazie a un cast eccezionale e inimitabile tra cui spiccavano Ingrid Bergman, Alain Delon, Shirley Mac Laine, Omar Shariff, Jeanne Moreau.
Ma Carlo Croccolo fu attore poliedrico e multidisciplinare e passò sempre con disinvoltura dal cinema al teatro, dalla Commedia musicale al varietà. Recitò in teatro con Giorgio Streler nella commedia di Edoardo De Filippo “La grande Magia”. Molto prima recitò in commedie dirette da Mario Soldati.
Particolare successo Croccolo lo ottenne con la sua partecipazione ai “Musical” più famosi messi in scena negli anni 70 da Garinei e Giovannini : “Aggiungi un posto a tavola” e “Rinaldo in Campo” che detengono ancor oggi il primato degli spettacoli con il maggior numero di repliche in teatro. Commedie musicali che esaltarono la personalità , la genialità e la duttilità artistica dell’attore partenopeo.
Una carriera lunga e densa di soddisfazioni e di successi, quella del “nostro” Carlo Croccolo. Una carriera dipanata in tanti anni di vita artistica e, pur tuttavia, lontana dai clamori e dal luccichio del mondo dello spettacolo. Un uomo tranquillo, piuttosto riservato e dedito agli affetti familiari e alla sua forte passione per la professione di attore. Fino a fondare, recentemente, una scuola di recitazione per ragazzi nella sua cittadina di adozione. Quella Castel Volturno che seppe accoglierlo e apprezzarlo per la sua semplicità e bontà d’animo nascoste dai suoi occhi azzurri sempre sorridenti. Arrivederci Carlo, quelli della mia generazione ti ricorderanno sempre con grande affetto per averci accompagnati, agli inizi degli anni 60, nei pomeriggi della TV dei ragazzi, con i tuoi buffi e ridenti personaggi, rimasti ancor oggi indelebili nei cuori e nella memoria.