Riceviamo da Vincenzo Schiavo, Rappresentante Sindacale UGL Telecomunicazioni
In una “Grande Nazione” come l’Italia, culla del Diritto e Patria di grandi Giuristi, ove la Democrazia, ossia quel gioco che tanto piace ai ben pensanti, è stata sospesa; dove la Costituzione, “quella più bella della del mondo”, è stata maltrattata proprio da coloro che spesso la richiamano conto il “nemico” politico di turno, è urgente e necessario evidenziare l’ennesimo silente, lento e inesorabile depauperamento del Diritto del Lavoro e del Lavoratori.
La pandemia ha rappresentato l’ennesimo aiuto , voluto o fortuito, che ha supportato l’azione di coloro che in questi anni han lavorato per smantellare ciò che era divenuto un baluardo, uno degli ultimi lasciati alle nuove generazioni : il nostro Sistema Sociale, creato e sviluppato nel secolo scorso con grandi sacrifici e battaglie sacrosante dei lavoratori. In Italia e tutti i Paesi Occidentali.
In nome della sicurezza e della salute pubblica, “il nostro Welfare State” è stato di fatto messo in un cassetto e forse sarà sostituito dalle nuove regole imposte dal Covid.
Vero è che di fronte ai numeri spaventosi di vittime non si poteva fare altro che fermarsi per individuare e attuare nuove metodologie di lavoro e nuovi standard di sicurezza adeguati a fronteggiare l’epidemia o contenere i contagi tra lavoratori nei propri luoghi di lavoro. Ma è altrettanto vero che, se quei numeri agghiaccianti di vittime non davano scampo in quei giorni terribili di inizio anno, in queste ultime settimane di Maggio e i primi giorni di Giugno presentano una dimensione completamente diversa e infondono la consapevolezza che, probabilmente, stiamo uscendo definitivamente dal tunnel della pandemia.
E che, a questo punto, la necessità di rimettere in moto il Lavoro con le sue dinamiche non può più attendere oltre, evitando di passare da una Emergenza Sanitaria a Emergenza del Lavoro, ancora più perniciosa dell’altra.
Pertanto sottolineo la necessità di riprendere a discutere in tutte le sedi (Istituzionali; sindacali; datoriali) di lavoro e di dinamiche lavorative, in tutti i suoi aspetti, forme e specificità. E la mia richiesta, avanzata da Rappresentante Sindacale, nasce dalla preoccupazione sempre più forte e tangibile che qualche nostro imprenditore stia utilizzando le recenti vicissitudini di ordine sanitario per ridefinire, senza un confronto serio e costruttivo con le parti sociali, ciò che potrà determinare le nuove regole e l’organizzazione del lavoro. E con esse le nuove disposizioni in materia di dove e come lavorare e quanto pagare i lavoratori. Un esempio lampante è stato ed è tutt’ora, l’utilizzo, in molte parti senza accordi sindacali, dello SMART WARKING, così come indicato in uno dei famigerati DPCM governativi. Atto dovuto in una prima fase emergenziale. Ma in molte aziende, vedasi i call center, questi argomenti di lavoro a distanza, introdotti per motivi di sicurezza e di salute dei lavoratori, determinavano immediatamente, già prima dell’epidemia di coronavirus, l’irrigidimento dei manager. Oggi giorno, i medesimi manager, stanno intravedendo, proprio nel lavoro da remoto, nuovi orizzonti di risparmio economico per le proprie imprese, assolutamente necessario in questa fase di crisi per mantenere in vita l’azienda; ma divenuto strumento per accrescere i propri guadagni successivamente al periodo di crisi epidemica. Ed ancora più utile per far lavorare di più e pagare di meno i propri addetti. Molti esempi di “razionalizzazione” gestionale vanno di pari passo con esempi di risparmio in termini di riconoscimenti economici e, in alcuni settori come quelli delle “professioni intellettuali”, si è approfittato della Cassa Integrazione (questa sconosciuta!) per trasformare da tempo pieno a tempo parziale alcuni contratti di lavoro. Spesso senza neanche comunicarlo all’interessato. Ma, tuttavia, facendo lavorare le stesse ore se non addirittura di più. Aspetto ancora più grave è la confusione generata tra lo SMART WORKING e il LAVORO AGILE, che sembrerebbero la stessa cosa, ma normativamente sono due modalità di lavoro fuori sede assai diverse. Di fatto si è solo “REMOTIZZATO” il lavoro lasciando ai lavoratori l’onere di procurarsi il supporto tecnologico, la fornitura energetica, il supporto logistico. Per non parlare delle difficoltà organizzative di lavorare nelle proprie abitazioni, sovente non grandi, ove i componenti della famiglia condividono spazi e personal computer. Insomma un arrangiarsi necessario in tempi di emergenza sanitaria, ma che non può essere un qualcosa che prosegue ordinariamente. In tal modo lasciando intravedere o meglio ipotizzare un artificioso aggiramento della legislazione del lavoro. Morale? Occorre impedire che i soliti noti (un buon numero di imprenditori furbetti e senza scrupoli) si riempiano le tasche a spese di chi sta assistendo, giorno dopo giorno, ad una preoccupante precarizzazione del mondo del lavoro. Un fenomeno sempre più evidente e pericoloso, che sta pian piano e subdolamente trasformando la civiltà e il modello avanzato del lavoro italiano, con le sue tutele e garanzie, nel modello globalizzato, senza regole e senza diritti del “Lavoro Cinese”.
Vincenzo Schiavo
Rappresentante Sindacale UGL Telecomunicazioni