Nel mondo calcistico italiano, le decisioni della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) hanno sempre fatto discutere e, stavolta, non fa eccezione. L’ultima mossa dell’organismo di governo sportivo nazionale ha gettato benzina sul fuoco delle controversie, sollevando dubbi sull’equità delle politiche adottate.
Luciano Spalletti, l’allenatore che ha riportato lo scudetto a Napoli dopo trentatré anni, è stato scelto dalla FIGC per prendere le redini della Nazionale, una scelta che ha generato sia entusiasmo che perplessità. Tuttavia, è proprio questa scelta che mette in luce un’inaspettata incoerenza tra l’atteggiamento adottato dalla FIGC nei confronti di Spalletti e la sua situazione legale con il Napoli.
Ciò che fa sollevare le sopracciglia è l’assoluta mancanza di volontà da parte della FIGC di mettere mano al portafoglio per coprire la penale che Spalletti deve al Napoli a seguito della rescissione del suo contratto. Sorprendentemente, questa riluttanza sembra essere evaporata in fretta quando è in gioco la poltrona di Commissario Tecnico, poiché la FIGC ha affrettato l’insediamento di Spalletti nonostante la clausola con il club partenopeo.
Ma le disuguaglianze non si fermano qui. Parliamo di Roberto Mancini, l’ex CT dell’Italia. Il fatto che Mancini abbia annunciato le dimissioni dal suo incarico sembra non essere sufficiente per mettere fine al suo legame con la FIGC. Non solo le dimissioni non sono ancora state ufficializzate, ma sembra che Mancini sia ora un prigioniero delle regole burocratiche della Federazione: senza il loro “benestare” è praticamente messo in ginocchio e impossibilitato a intraprendere qualsiasi nuovo incarico.
Ecco allora la domanda che sorge spontanea: “Due pesi e due misure?”. La sensazione di assistere a una sorta di politica selettiva nella gestione delle controversie legali legate agli allenatori, a seconda del loro status o della loro relazione con la FIGC, è quanto meno sorprendente. Mentre la FIGC sembra tenere Mancini in ostaggio delle sue regole, con Spalletti, non ha alcun interesse a percorrere la via della legalità strapazzando regole e contratti.
Ma ciò che aggiunge ulteriore sapore a questa controversia è la strana accettazione che emerge dalla voce dei giornalisti italiani. Mentre la maggior parte di loro suggerisce apertamente ad Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, di “regalare” Spalletti alla Nazionale per evitare inutili inimicizie, sembra quasi che si stia accettando, seppur riluttantemente, la prepotenza dei cosiddetti “poteri forti”. Questa dinamica solleva interrogativi non solo sulla coerenza della FIGC, ma anche sulla dinamica dei “soliti” rapporti di potere all’interno del calcio italiano.