Vincenzo De Luca sarebbe dovuto morire, politicamente sia chiaro. Con l’estinzione dell’emergenza Covid o con il terzo mandato, se non gli riuscisse il giochetto della legge ad personam. E invece, ancora una volta, l’Italia intera parla di De Luca. Com’era? Nel bene o nel male, purché se ne parli! Così da venerdì tutti gliene stanno dicendo di tutti i colori: che ha marciato su Roma; che è arrivato a scontrarsi con la Polizia; che ha riservato una parolaccia (perdindirindina) nientedimeno che alla Premier in carne ed ossa. Fatto sta che Vincenzo De Luca aveva preannunciato di andare a Roma e a Roma c’è andato davvero. Alla testa di oltre cento Sindaci (campani e qualcuno pure venuto dalla Puglia) e oltre dieci pullman a prendersi i soldi che gli spettano per poter fare l’autonomia che ha voluto fare il governo. Solo che a Palazzo Chigi ha trovato chiuso: il miracolo non si è compiuto. Giorgia Meloni era in Calabria, infatti, e De Luca ha unito la Calabria a Roma per mezzo di una malaparola. Al seguito della testuggine, questo ha visto (anti)Fa-npage, c’era finanche quel democristiano onorevole di Clemente Mastella che non condivide De Luca, ma la protesta. Un machiavellico principe che non rinuncia, se c’è la possibilità, di andare a Roma, affacciandosi da dietro le quinte, pur di non rinunciare al proscenio.
Al netto dell’accaduto, di quanto fatto accadere da De Luca regista e De Luca primo attore, con tempi scenici invidiabili, ieri, oggi e domani l’Italia intera ha De Luca in bocca. Nel bene e nel male. De Luca è quanto di più lontano ci sia dal mio pensiero, sia chiaro. De Luca è il folle dei più folli dell’era pandemica. È quello che ha partorito le stravaganze più assurde in tema di contenimento del contagio. È quello che con il Covid è resuscitato e ci ha campato mentre la gente moriva. È quello che che ha inaugurato più volte gli stessi reparti ospedalieri mai entrati in funzione. È quello che sotto la sua egida di commissario straordinario ha distrutto la sanità campana. È quello che ha fermato il mondo, ma non il “suo” concorsone sotto elezioni. È quello che ha inventato la piovra di “favori”, denominato dai giudici “Sistema Salerno”, ma non è imputato in alcun processo per la pandemia. È quello che ha la capacità di mettere davanti a sé dei parafulmine che gli consentono di uscire integro dalla tempesta. È quello della zona rossa quando la gente aveva paura e si tappava in casa. È quello che la gente aveva paura a togliere la mascherina e lui ne prorogava l’utilizzo. È quell’animale, anzi, la bestia, politica, estremizzazione della concezione demagogica di quest’arte, che, però, riesce a farsi interprete del comune sentire. È quello che voleva rendere “autonoma” la Campania dal governo centrale, prima ancora che questo governo sognasse le elezioni che ha vinto.
Lo so, un politico è colui che anticipa il pensiero e non segue quello dettato da altri, ma De Luca è un politico per la massa, della massa. E dalla massa è apprezzato. Ha la furbizia di farsi interprete del pensiero dei più e passare addirittura per capopopolo facendo il Masaniello a Roma. Orazione. Ovazione. Che non è il discorso dei gauche a caviar con la erre moscia.
Lui è il buzzurro campano, anzi, lucano che è diventato macchiettistico e persino imitazione di Crozza quando Crozza fa l’imitazione di De Luca. È il buffone di corte che non fa più ridere, se mai rodere, quando non c’era niente da ridere e c’è ancora molto da rodere. Con Berlusconi avrebbe potuto condividere le accuse per la legge ad personam – vedasi l’impossibilità per aprire al suo terzo mandato che porterebbe la sua candidatura ad aeternum – e invece con Berlusconi rischia di condividere solo la sua fine. Però, c’è un però: col suo modo di fare, De Luca fa. Oggi fa parlare di sé, ieri è diventato popolare per il suo (non) fare, domani sarà ancora il protagonista di qualche sua uscita per non uscire di scena. Il vero capolavoro di De Luca è essere De Luca. Non fare politica, ma fare il politico. Checché se ne dica e se ne pensi, lui fa il bello e il cattivo tempo. In Campania come nel partito, come nell’Italia tutta. È un pdino-non-pidino.n non pedina. È di sinistra? Ni. È “de destra”? Boh. De Luca è detestato a destra perché è di sinistra ed odiato a sinistra perché fa l’uomo di destra. Ma a destra, a sinistra o al centro c’è un altro De Luca? Un anti-De Luca? Un vice-De Luca? Purtroppo no. Nel bene e nel male. È questo il “capolavoro” compiuto dal politico De Luca. E se non lo si capisce, se non lo capiscono soprattutto i suoi avversari, di partito, dipartiti, e ideologici, di De Luca si continuerà a parlare ancora per tanto. Per troppo. Purtroppo.
Al netto dell’accaduto, di quanto fatto accadere da De Luca regista e De Luca primo attore, con tempi scenici invidiabili, ieri, oggi e domani l’Italia intera ha De Luca in bocca. Nel bene e nel male. De Luca è quanto di più lontano ci sia dal mio pensiero, sia chiaro. De Luca è il folle dei più folli dell’era pandemica. È quello che ha partorito le stravaganze più assurde in tema di contenimento del contagio. È quello che con il Covid è resuscitato e ci ha campato mentre la gente moriva. È quello che che ha inaugurato più volte gli stessi reparti ospedalieri mai entrati in funzione. È quello che sotto la sua egida di commissario straordinario ha distrutto la sanità campana. È quello che ha fermato il mondo, ma non il “suo” concorsone sotto elezioni. È quello che ha inventato la piovra di “favori”, denominato dai giudici “Sistema Salerno”, ma non è imputato in alcun processo per la pandemia. È quello che ha la capacità di mettere davanti a sé dei parafulmine che gli consentono di uscire integro dalla tempesta. È quello della zona rossa quando la gente aveva paura e si tappava in casa. È quello che la gente aveva paura a togliere la mascherina e lui ne prorogava l’utilizzo. È quell’animale, anzi, la bestia, politica, estremizzazione della concezione demagogica di quest’arte, che, però, riesce a farsi interprete del comune sentire. È quello che voleva rendere “autonoma” la Campania dal governo centrale, prima ancora che questo governo sognasse le elezioni che ha vinto.
Lo so, un politico è colui che anticipa il pensiero e non segue quello dettato da altri, ma De Luca è un politico per la massa, della massa. E dalla massa è apprezzato. Ha la furbizia di farsi interprete del pensiero dei più e passare addirittura per capopopolo facendo il Masaniello a Roma. Orazione. Ovazione. Che non è il discorso dei gauche a caviar con la erre moscia.
Lui è il buzzurro campano, anzi, lucano che è diventato macchiettistico e persino imitazione di Crozza quando Crozza fa l’imitazione di De Luca. È il buffone di corte che non fa più ridere, se mai rodere, quando non c’era niente da ridere e c’è ancora molto da rodere. Con Berlusconi avrebbe potuto condividere le accuse per la legge ad personam – vedasi l’impossibilità per aprire al suo terzo mandato che porterebbe la sua candidatura ad aeternum – e invece con Berlusconi rischia di condividere solo la sua fine. Però, c’è un però: col suo modo di fare, De Luca fa. Oggi fa parlare di sé, ieri è diventato popolare per il suo (non) fare, domani sarà ancora il protagonista di qualche sua uscita per non uscire di scena. Il vero capolavoro di De Luca è essere De Luca. Non fare politica, ma fare il politico. Checché se ne dica e se ne pensi, lui fa il bello e il cattivo tempo. In Campania come nel partito, come nell’Italia tutta. È un pdino-non-pidino.n non pedina. È di sinistra? Ni. È “de destra”? Boh. De Luca è detestato a destra perché è di sinistra ed odiato a sinistra perché fa l’uomo di destra. Ma a destra, a sinistra o al centro c’è un altro De Luca? Un anti-De Luca? Un vice-De Luca? Purtroppo no. Nel bene e nel male. È questo il “capolavoro” compiuto dal politico De Luca. E se non lo si capisce, se non lo capiscono soprattutto i suoi avversari, di partito, dipartiti, e ideologici, di De Luca si continuerà a parlare ancora per tanto. Per troppo. Purtroppo.