D10S è sceso in terra per riprendersi la sua mano.
Un freddo pomeriggio di novembre ci riporta alla memoria l’assolato 5 luglio 1984, quando Diego Armando Maradona, davanti a sessantamila persone, venne presentato allo stadio San Paolo. E luglio e novembre è stato Maradona. Nuvole e sole, luce e ombra, gigante e bambino, imperituro genio ed eterno discolo.
Napoli è stata unita e una,come non mai, solo intorno a “Dieghito”, il Pibe de oro, il ricciolone nero arrivato dai sobborghi di Buenos Aires sino a “prendersi” il trono della città. Ma il suo vero trono era la strada, quella da cui proveniva e quello a cui tendeva per diventare il Re dei poveri, perché nei quartieri umili e modesti di Napoli rivedeva la sua Buenos Aires, il suo passato, le sue radici e, nonostante tutto, il suo presente.
Un uomo generoso, estremamente generoso e prima vittima della sua stessa magnanimità, umano troppo umano fino a farsi succhiare il sangue da chi, troppo vicino, lo ha usato e sfruttato, da chi ha finito per distruggerlo. Maradona poteva essere Maradona solo a Napoli e dire Maradona a Napoli è dire perfezione, è il calcio per antomasia ed è inutile e banale voler descrivere a parole cosa sia stato per il pallone, cosa rappresenta per Napoli. Quella Napoli devota a lui come a un Dio, tanto da “adorare” un suo capello a Spaccanapoli o da adornare i palazzi con la sua immagine, dai Quartieri Spagnoli a San Giovanni.
Quella Napoli in cui è giunto dopo una lite in difesa di un suo compagno di squadra e che oggi è ancora una volta capofila del dolore per una perdita globale, che ancora una volta raccoglie tutti sotto il proprio cielo azzurro nella speranza di assistere all’ennesima magia, eterna dell’Aquilone Cosmico.
Una vita fatta di ostacoli dribblati e superati per una gloriosa cavalcata, come quella della partita contro l’Inghilterra al Mondiale del 1986 a cui tutto appicicarono l’etichetta di “gol del secolo”: 60 metri in 10 secondi e 6 avversari messi a sedere.
6 volte 10 quando ha deciso di andarsene per sempre, 6 volte 10 che nella Smorfia napoletana rappresenta ‘o lamiento, il dolore, proprio per una perdita.
Perciò in piedi, signori, Diego smette di essere genio e diviene leggenda. Per sempre. Proprio come un Dio.
D10S é sceso in terra per riprendersi la sua mano: muore il campione più grande, nasce un mito eterno!
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