De Luca arriva al teatro. Non è l’ultimo show di Crozza o di qualche comico cui Vincenzo De Luca presta il volto, ma l’ultima tappa del tour del Presidente uscente della Regione Campania. Dopo la scuola, l’Università, i test di Medicina, la guerra russo-ucraina e ultima – speriamo non solo in ordine temporale – lo sterminio che si sta consumando nella Striscia di Gaza – a cui De Luca, come per tutto ha una soluzione, anche abbastanza elementare – questa volta l’invettiva del venerdì di De Luca tocca il Real Teatro San Carlo. Occasione ghiotta, come un piddino qualunque, anche per chiedere le dimissioni del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, già ribattezzato “Ministro delle cerimonie” da Vicienzo e ormai suo acerrimo avversario. Forse si potrebbe addirittura osare, considerandolo suo nemico, già dai tempi dell’inaugurazione della linea ferroviaria turistico-culturale Roma – Pompei.
Certo, a sentire De Luca si capisce pure perché i comici continuino a lavorare su di lui. Di materiale, effettivamente, ne fornisce. A iosa. “C’è da vergognarsi per quello che sta succedendo al Teatro San Carlo. In un Paese normale si sarebbe già dimesso il Ministro della Cultura, tra una cerimonia e l’altra. È una vergogna!” Il riferimento, in realtà, è alla decisione del Tribunale di Napoli che ha respinto il ricorso della Fondazione San Carlo avverso la decisione del giudice del lavoro che aveva reinsediato il soprintendente Lissner, ‘mandato in pensione’ a seguito del decreto varato dal Governo. E rincara: “Stiamo distruggendo l’immagine del Teatro. Non si può continuare a gestire il San Carlo come una bottega di famiglia. Che peccato. Vedremo di seguire nei prossimi mesi e anni con l’attenzione necessaria sperando che si convincano tutti a fare le persone serie e ad avere una gestione dei bilanci rigorosa e non di famiglia”.
Ora saranno anche parole giuste e necessarie, ma non se pronunciate da De Luca il moralizzatore e per una serie di motivi. Come già ricordato precedentemente sulle colonne di questo stesso giornale, non vorremmo fosse un principio di demenza senile, ma il “Governatore” tende spesse volte a contraddirsi ultimamente. Forse dimentica quando i fondi destinati al Teatro San Carlo, il maggiore della Campania, il più antico d’Europa, li spostò sul teatro ben più piccolo e “anonimo” di Salerno? Con questi “magheggi” di Palazzo, simili o addirittura identici a quelli messi in campo per la sottrazione di fondi al teatro di Napoli ha inaugurato una gestione denominata appunto “salernocentrica”. Salerno-centrismo che ben si sposa con altre pratiche come quella denominata dai giudici inquirenti come “Sistema Salerno”, ovvero una gestione che prevedeva appalti pubblici, posti di lavoro, “favori” vari in cambio di consenso. Consenso, anche elettorale, che ha portato il figlio di papà Pierino nell’onorevole alveo di Montecitorio. Alla faccia della gestione rigorosa dei bilanci gestita come una bottega di famiglia! E come un buon padre di famiglia, egli poi rassicura e assicura che supervisionerà per i mesi e per gli anni a seguire. Forse, gli sfugge che la legge “ad De Lucam” che gli spiani la corsa verso il terzo mandato di fila non è ancora stata approvata. Ma lui è un temerario, uno che gestisce da despota il suo regno, potrà mai preoccuparsi della Legge? Quella Legge che dopo lo scempio perpetrato alla Sanità – riguardo cui chiede serietà! Troppo pure per il moralismo d’accatto, interessato e demagogico – non lo vede minimamente indagato nella folle “digestione” del Covid. Digestione perché in tanti col Covid ci hanno letteralmente mangiato. Il “Guappo” in primis, prolungando l’agonia dei campani di un altro quinquennio di “governo”.
Questa, è risaputo, non sarà nemmeno l’ultima uscita dell’uscente Presidente: i cinque anni sono terminati – e pure terminali – la campagna elettorale non è ancora entrata nel vivo, ma lui tra macchiette, ospitate, comparse e pubblicazioni pare già sia catapultato nella nuova stagione politica. Un’altra.
Il vero problema è che De Luca, visto il deserto politico che gli sta intorno, se anche non fosse un gigione, ma piuttosto una anonima comparsa, sarebbe comunque destinato ad indossare la maschera da protagonista. Ed è inaccettabile che, dopo tutti gli scempi attuati, dopo i numerosi abusi commessi, dopo che ha fatto passare anche il non fare come fare, non si intraveda all’orizzonte un oppositore, uno sfidante, un insediante, qualcuno che sia in grado di non farlo più parlare. Che non è tacere. Uno che sia protagonista della rinascita della Campania e della politica. Con o senza De Luca. Nonostante De Luca, parafrasando lui.
“Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli” scriveva Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Grey. De Luca l’ha capito.