lunedì, Novembre 25, 2024
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CON L’ACQUA ALLA GOLA : Riflessioni su un disastro naturale annunciato!

“Non perché non accada più, ma per quando accadrà di nuovo. Perché accadrà. Dobbiamo imparare a conviverci”.
La sintesi dell’alluvione in Romagna è questa. Che poi è la stessa usata per il covid e che può tranquillamente andare bene anche per la crisi climatica. Energetica. Alimentare.
Perché non è che si deve capire, studiare, prevenire, no. Si deve accettare! E basta. Non ci si vede nemmeno interrogare, ma è così perché così dovrà continuare ad essere. È fatalismo, l’accettazione. Meno chi provoca. E pensare che Venner per invitarci a insorgere contro questo fatalismo si è sparato un colpo alla tempia a Notre Dame. Ma questo la tivvù non lo dirà. I giornalisti non diranno né scriveranno che la Romagna di oggi è (anche) il coronamento di un capolavoro di tal Matteo Renzi che ha cancellato la Guardia Forestale, oggi Carabinieri. Che tipo di correlazione c’è chi lo potrà capire mai. Lo stesso Renzi che potrà tranquillamente essere ricordato e invocato e spergiurato tra qualche settimana, con l’inizio degli incendi che manderanno in fumo le nostre aree verdi. Sempre quel Renzi che oggi, in ottemperanza al precariato (ma solo di facciata, voce del verbo “col culo degli altri”) dirige – sì, proprio così, dirige! – un giornale, ma senza mollare l’attività politica, ridotta ormai a mera demagogia: ricordate quando il bischero toscano proponeva di voler abolire il Senato e di lasciare la politica se avesse perso il referendum? Bene, a referendum perso continua a fare il bello e il cattivo tempo da Palazzo Madama. Viva l’Italia! Anzi no, Italia viva. Finché non muore. E poiché è uno abituato a tenere il piede in due scarpe, oggi fa parte di quella schiera prezzolata che può dirsi fatta solo di comunicat(t)ori che mandano in onda il dramma nel dramma. Per vendere qualche copia in più. Per lo share. Per l’audience. Nessuna riflessione, nessuna domanda scomoda, tipo quella a Bonaccini e Schlein, oggi divisi(vi), ma una volta a braccetto tra Emilia & Ro-magna e che hanno restituito (Dio voglia!) i fondi da utilizzare per le alluvioni e che non hanno saputo utilizzare. Nessuna arrembante prova del giornalismo d’inchiesta che si inerpechi su sentieri poco o per nulla battuti, tipo quelli che portano a Bonaccini e Schlein, oggi divisi(vi), ma una volta a braccetto tra Emilia & Ro-magna e che hanno restituito (Dio voglia!) i fondi da utilizzare per le alluvioni e che non hanno saputo utilizzare.
Nessuno che (si) chieda che fine abbiano fatto e perché i cantonieri, quegli ominidi – tali perché estinti – di cui ogni strada, via, regio tratturo e sentiero pullulava e, pensa un po’, avevano diritto anche ad una casa per tenere pulito costantemente il tratto di strade, cunette, argine dei fiumi e simili.
Nessuno, perché tutti debbono trasmettere l’immagine del pargolo a cavalcioni sull’eroe di turno che sarà da dimenticare presto, non appena il fango permetterà la stesa del tappeto rosso per la (pre)parata di onorevoli, ministri e sottosegretari. Tutti preferiscono immortalare il dramma di chi ormai è disperato, di chi ha perso tutto e che andrà ad ingolfare la fila dei nuovi poveri. Con (mal)celato intento propedeutico. D’altronde è questa la velina che è stata passata ed è questo il messaggio che bisogna passare. Pecunia non olet. Anzi… Da Casamicciola a Cesena. E se dovesse capitare di fare vedere un uomo scampato a morte certa per via dell’acqua che invade il sottoscala, meglio puntare sul terrore dipinto sul volto dell’uomo piuttosto che sulla solidarietà umana, di gente, di popolo che ha permesso con mezzi di fortuna di spaccare i vetri, tirar via la grata e tendere mani e braccia al malcapitato. Non parliamo di avambracci in questa terra, per carità! D’altronde non è questo il compito della c.d. controinformazione? Speculare, complementare, concomitante all’informazione ufficiale. Entrambe accessorie nel farsi dire le cose che si vogliono sentire: è l’emergenza siccità! Macché, è il cambiamento climatico! Cazzo dici, è un modo per farci fuori, visto che siamo in troppi; sono bombe, d’acqua, provocate dalla guerra alle nuvole. Qualsiasi sia la tesi, preferita o meno, valida o meno, irreale o fantascientifica, il fine unico, permesso e consentito, non è la ricerca della verità – che non sta nel mezzo, come la democrazia cristiana, ma alla quale ci si può arrivare tramite il confronto, che e arricchimento. Anche culturale – ma che non ci deve essere confronto che è il frutto della democrazia, così come non c’è democrazia. Che a dirla tutta è solo un frutto marcio. Ma ormai ci dobbiamo nutrire di vermi e muffa. Ci deve essere scontro, non incontro. Ci si deve ancora una volta dividere: sciatori chimici contro gretini, verità versus gomblotto. Per cui meglio inveire contro i boccaloni che credono al gretinismo, (consentire di) assiepare le fila delle generazioni FFF, fare passare per pazzoide chi crede ad un secondo fine dell’alluvione e che magari prima “negava” la siccità e il Po in secca. Meglio odiarsi che unirsi. Meglio litigare che fare fronte comune. Meglio accampare scuse, pure fantasiose, che inchiodare un compagno alle proprie responsabilità. Meglio blaterare che andare a spalare fango. E continuare ad assistere allo spettacolo propinatoci da giornali e tivvù. Ma anche con un semplice clic dal divano di casa perché tanto lorocielodiconopure!
The show must go on…

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