Quanto sei bello, Bonito, ameno paesino dall’aria salubre che, dall’alto della tua collina e con l’Ufita in sottofondo, sovrasti l’intera Baronia, la lontana Alta Irpinia e, fiero, offri le tue meraviglie sino alla Bella Dormiente nel Sannio.
Quanto sei bravo, Bonito a non farti dimenticare da chi ti ha appena conosciuto e a farti apprezzare anche da chi non ti ha ancora scoperto dal vivo, bravo ad abbigliarti di ogni genere di ornamento fino a diventare il detentore del terzo murales addirittura più bello del mondo.
Quanto sei ingrato, Bonito che tra mille orpelli murari sei incapace di affiggere una targa a perenne memoria dei tuoi compianti concittadini, di Bonitesi, parti, colonne di Bonito come l’on. prof. Alfredo Covelli.
Di un Bonitese, tuo figlio e concittadino approdato alla Camera dei Deputati per otto legislature consecutive, Padre Costituente, decorato di guerra, plurilaureato, professore, giornalista ed eurodeputato a Bruxelles, grande oratore e protagonista di innumerevoli appuntamenti di Tribuna Politica, capace di guadagnarsi il rispetto di personaggi come Pamiro Togliatti, antiteci avversari, ma mai nemici, fondatore del Partito “Stella e Corona” fino a farne la quarta forza politica nel 1953 esprimendo ben 40 deputati e 18 senatori monarchici in un parlamento repubblicano, saggio Patriota, fine oratore, grande comunicatore, riformatore e aguzzo politico ante litteram, capace di immaginare quel futuro “partito degl’Italiani, il partito della libertà” già in un discorso del 1948 a Firenze che lo portò ad entrare nel direttivo del Movimento Sociale Italiano di Almirante che divenne Msi-Dn, di cui fu anche presidente dal 1973 al 1977, anno in cui guidò la scissione di Democrazia Nazionale di cui fu ancora presidente e due anni dopo, con la scomparsa di “DN”, preferì ritirarsi dalla politica vivendo da spettatore gli anni di Tangentopoli.
Se questo è l’Alfredo Covelli “pubblico ed istituzionale”, per Bonito e i Bonitesi era semplicemente l’Onorevole, la porta di casa sempre aperta, il sostentamento di numerosissime famiglie – e non solo del paese natio – a prescindere dal colore politico, esponente di quella Politica lontana anni luce da quella clientelare e “di scambio” di oggi, di un disonorevole do ut des.
E proprio a Bonito, centro seppur sconosciuto, portato con fierezza in ogni livello di Istituzione senza mai glissare in un generico (quanto indegno) “sono di Napoli” come altri “(il)lustrissimi” concittadini, paese da cui è partito e dove egli è sempre ritornato, per l’ultima volta nel Natale un quarto di secolo fa, vive l’onta peggiore: quella dell’ingratitudine umana.
In ben più di 4 lustri, non si è riuscito a dedicargli una strada, il corso principale che passa davanti alla casa dove tanti concittadini, ancora viventi, si sono recati per chiedere pane e lavoro e, perché no, la piazza principale oggi dedicata a tale Mario Gemma, personaggio talmente importante per il paese di Bonito e per i Bonitesi da non farne menzione nemmeno sul sito istituzionale del Comune.
Poco lontano da Largo (così cita la toponomastica ufficiale) Mario Gemma, abbiamo la via intitolata ai fratelli Cairoli di Pavia, una dedicata a Giuseppe Mazzini di Genova, una strada in nome di Francesco Tedesco di Andretta (AV), una che ricorda Arnaldo da Brescia, un’altra a memoria di Amerigo Vespucci di Firenze, una che ci rammenta Giordano Bruno da Nola, un vico dedicato a Masaniello da Napoli, un altro per il veneziano Daniele Manin, un vico in onore dei Gracchi, romani ed un Vico Elena, forse di Troia!
Una strada all’onorevole Covelli, però, nel Paese natale, nel suo paese non si riesce proprio a dedicargliela!
Eppure molteplici sono state le richieste in questi (troppo) lunghi ventuno anni dalla data della sua morte: in primis dai concittadini che mai lo hanno dimenticato, anche grazie ai comizi dei tanti candidati locali che, benché lontani anni luce dal suo pensiero politico, non hanno mancato di riempirsi la bocca col suo nome per chiedere di “votare per il paesano”, dalle colonne del periodico “Terra Boneti”, dalle numerose associazioni sul territorio non ultima dall’Unione Monarchica Italiana al cui appello, in nome del suo vicesegretario avv. Augusto Genovese, il Sindaco pro tempore, avvocato anch’egli, non si degnò nemmeno di rispondere; alle numerose richieste portate in Consiglio Comunale, invece, fu detto che per l’intitolazione di una strada debbono necessariamente trascorrere 10 anni dalla morte. Quest’anno ne sono trascorsi più del doppio.
Malgrado ciò a Roma, l’allora Sindaco Veltroni, che non proviene certo dallo stesso percorso politico ed ideologico di Covelli, e su interessamento dell’on. Antonio Tajani, dedicò al nostro compianto compaesano una strada dalle parti del Gianicolo. Anche ad Avellino esiste una piazzetta in onore all’on. Alfredo Covelli, ma non a Bonito! Che, però, non manca di dedicare una strada delle botteghe (artigianali!) a dei generici artigiani, la maggior parte ancora vivente.
C’è da registrare, però, che negli anni una targa è stata apposta. Bianca su bianco, in un posto che con Covelli poco, se non nulla, ha a che fare e che niente significa, ma è stata messa. Alla memoria. E da lì bisogna partire, dalla volontà politica di fare, dalla maturità dei tempi e dall’imperdonabile ritardo. Cui, siamo certi, non ci si voglia ulteriormente inutilmente sottrarre e l’onestà intellettuale, prima che politica, l’orgogliosa, e riconosciuta gratitudine e anche del sano campanilismo propri dei bonitesi veraci faranno sì che questo Sindaco, non il prossimo, possa affacciarsi dal balcone del Municipio che dà (finalmente!) su Piazza Alfredo Covelli!