SOLO 48 ORE DOPO LA VISITA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E L’IMPEGNO ASSUNTO CON I RESIDENTI DEL PARCO VERDE PER IL RIPRISTINO DELLA LEGALITA’ NEL COMPRENSORIO DI CASE POPOLARI DI CAIVANO, LE FORZE SPECIALI DI POLIZIA, CARABINIERI E GUARDIA DI FINANZA(CIRCA 400 AGENTI) HANNO DATO VITA AD UNA MASSICCIA OPERAZIONE DI PREVENZIONE E REPRESSIONE DI REATI DI SPACCIO DI SOSTANZE STUPEFACENTI, INDIVIDUAZIONE E SGOMBERO DI NUCLEI FAMILIARI OCCUPANTI ABUSIVI DI ALLOGGI POPOLARI, SEQUESTRO DI ARMI E MUNIZIONI OCCULTATE. L’OPERAZIONE DI POLIZIA, INIZIATA ALL’ALBA DI QUESTA MATTINA, E’ TUTT’ORA IN CORSO ( alle ore 20 di martedi 5 Settembre).
La forza pubblica è arrivata all’alba e ha fatto immediatamente irruzione nell’anormale normalità del Parco Verde di Caivano, dove persino i blitz effettuati, come da copione, alle prime luci del giorno sono una normalità. Sequestri e arresti da una parte, la parte dello Stato che usa il pugno di ferro, dall’altra le proteste di chi difende il proprio, dell’antistato, le minacce di chi ha osato minacciare la loro sopravvivenza. Nulla di nuovo per Caivano e nulla di nuovo per lo Stato. Anzi. Il Parco Verde, così come ogni quartiere-ghetto dove relegare gli ultimi, i disagiati, gli invisibili a dinamiche proprie che difficilmente può capire chi vorrebbe livellare e risolvere tutto nella stessa maniera. Magari da “estraneo”. Gli stupri che si sono consumati a Caivano non sono uguali a quelli che si sono consumati a Palermo, quasi contemporaneamente, o a quelli occorsi in ben più alti onorevoli loft, fino a prova contraria. Probabilmente al Parco Verde ciò che è accaduto doveva pure accadere perché il business oggi può essere lo stupro, la violenza, forse anche la pedofilia e non solo – o non solo più – lo spaccio.
Le ruspe e i militari erano già arrivati a Scampia, dove non hanno fatto altro che accelerare un trasloco che dalle Vele è arrivato al Parco Verde; allo stesso modo di come lo stupro (e l’omicidio) era già stato subito dalla piccola Fortuna, la cui scarpa – prova regina per individuare più facilmente l’orco – fu gettata via “semplicemente” perché ciò avrebbe compromesso la fiorente attività di spaccio. Dunque, con quale faccia ci stupiamo di quest’altro ennesimo abuso? Si sono vergognosamente spenti i riflettori in questi palazzi dove Cristo non entra nemmeno negli androni.
La “bonifica, così come “cinguettato” dalla scrivania, magari dal proprio ghostwriter, la presenza dello Stato sono parole buone per i titoli dei giornali, per la propaganda politica la cui classe è la vera assente in questi sobborghi che non sono altro che zone di confine tra il Bene e il male e non i margini della città e rischiano pure di non rendere giustizia a chi, invece, senza proclami e senza riflettori, addirittura da solo, combatte la propria sfida ogni giorno. Penso a don Patriciello che si è abbracciato la sua croce e la onora in ogni momento e in ogni angolo sperduto di questa terra. Il Prelato è stato, un altro stato – purtroppo – ma c’è in nome della religione che etimologicamente sta proprio per “mettere insieme”. La speranza innanzitutto. C’è la scuola che lavora e funziona – dicono gli esperti – in un ambiente dove la dispersione è persino minore della derisione “scolastica”. E c’è la gioventù, ci sono le famiglie che funzionano: l’ennesimo caso di violenza è venuto alla luce grazie ad una denuncia. Il coraggio di denunciare. E il coraggio è stato premiato con il “trasferimento in un luogo protetto” da parte di chi ha avuto coraggio. Non sono stati portati via i delinquenti. I violenti, addirittura non perseguibili giuridicamente, non sono stati strappati via a quelle famiglie il cui consiglio può essere (verosimilmente) quello di cancellare il video dell’”atto eroico” dal proprio telefonino. E non sono stati portati via i fanciulli, vittime interessate – e interessanti – delle proprie famiglie che, inspiegabilmente, perdono di vista le proprie creature in ambienti così particolari. Dove la purezza vale quanto un giro sul terrazzo dove ad attenderli c’è una busta di patatine. Dove l’abiezione non è nemmeno nozionisticamente conosciuta.
L’attuale esecutivo non è il primo né l’ultimo che dovrà confrontarsi con simili scempi, ma se le azioni sono le ruspe o (anche) il manganello, le conseguenze non saranno che spostamenti in altri luoghi di malavita e malavitosi e il “libera tutti” magari grazie ad un semplice decreto firmato di sabato pomeriggio dall’operatore di turno che non sapeva.
Lo avevo capito già Matilde Serao che in una lettera spedita al ministro Depretis parlava di “rifondare”: «Per levare la corruzione materiale e quella morale, per rifare la salute e la coscienza a quella povera gente, per insegnar loro come si vive – essi sanno morire, come avete visto – per dir loro che essi sono fratelli nostri, che noi li amiamo efficacemente, che vogliamo salvarli, non basta sventrare Napoli: bisogna in gran parte rifarla». Prima di lei lo avevano capito i Borbone che crearono città operaie destinate a evitare le sacche di degrado e proprio la Campania in merito fu all’avanguardia, come ricorda Massimiliano Virgilio dalle colonne del Corsera, lui che al Parco Verde c’è stato tre volte per altrettanti validissimi lavori. Validissimo non solo per un fattore temporale.
Il delinquente di turno che stamattina è stato catturato per quanto tempo rimarrà in carcere? A fare cosa? Si può definire delinquente anche uno che stupra? E uno che stupra un minore? Potrà mai riabilitarsi? E quelli che restano, i restii, hanno una possibilità di impiego – non solo occupazionale, ma anche del tempo libero, adulti e bambini – alternativa a quella della mera sostituzione della manovalanza temporaneamente a disposizione della giustizia?
Per questo non basterà la bonifica o il perfezionamento: queste strutture vanno completamente create. Prima che su Caivano – ma anche su Palermo o su Roma – scenda di nuovo il buio e l’oblio. Come dopo la piccola Fortuna. Come dopo la Serao.