La seconda fase della fase due che è stata tale per l’Italia tutta eccetto per la Campania, quella che avrebbe restituito alle persone una sorta di normalità, almeno apparente, dovrebbe sancire anche il tempo del ritorno a poter fare confronti, incontri e dibattiti. Dovrebbe essere quindi il tempo del tramonto dei soliloqui, dei comizi senza contraddittorio cui ultimamente sono avvezzi governanti illuminati e mancati statisti improvvisatisi.
Di contro nelle piazze e fra la gente si potrà finalmente iniziare a far circolare le idee, ci si potrà incontrare e scontrare sul piano dialettico, si potrà ritornare finalmente a far politica sul territorio che non è quella di proclami live, delle dirette Facebook e degli annunci dalle tivvù private e logo istituzionale.. Dovrebbe tramontare, quindi, anche il De Luca reinventato, quello emerso dall’emergenza che adesso si avvia a finire e che dovrà restituirci il De Luca vero, quello che il suo stesso partito di appartenenza, solo qualche mese fa, prima dell’epidemia, non pensava minimamente di ricandidare per la corsa a palazzo Santa Lucia. Quel De Luca uscito vittorioso cinque anni fa solo grazie al tristemente noto “patto di Marano”, oggi impudentemente in gran rispolvero, con cui i demitiani convogliarono le loro preferenze verso l’attuale Governatore, dando vita all’iniquo, se non scellerato, accordo che di fatto sanciva la morte delle aree interne, non solo del singolo centro, ma addirittura intere province come Avellino e Benevento, anteponendo, chissà perché, Salerno a Caserta e addirittura a Napoli capoluogo.
Adesso “Vicienzo”, chissà perché, riparte proprio da un piccolo centro di un’area interna di una provincia dell’entroterra dimenticata: Ariano Irpino, piccolo centro della verde Irpinia, distante meno di un’ora di macchina dalla Nusco baluardo demitiano, eletta addirittura area pilota per lo screening di massa.
Nella città del Tricolle ha sede l’unico ospedale che ha resistito ai famigerati tagli alla sanità dello “sceriffo”, accentrando in sé tutti i comuni del circondario, tuttavia non immune da decurtazioni e privazioni di risorse, uomini e mezzi.
La direttiva deluchiana farcita – come è risaputo – di riduzione del personale, tanto che medici ed infermieri sono stati spostati da altri reparti per consentire la riapertura dell’unità di pronto soccorso, male equipaggiati al punto che, come si è appreso dalle interviste circolate nei giorni di punta del contagio, i Direttori Sanitari invitavano il personale in prima linea ad indossare una doppia mascherina, qualora ne possedessero, ha fatto sì che il nosocomio ufitano si piegasse contagiando gran parte del personale sanitario fino a dover chiudere l’intera struttura ospedaliera per un’opera di sanificazione completa.
Una bomba sanitaria che non ha risparmiato nemmeno le RSA ubicate ai piedi dello stesso comune irpino e l’intera cittadina, compreso il personale civile. Una situazione ingovernabile che nello stesso giorno ha visto sia le dimissioni del direttore generale dr. Gennaro Bellizzi, sia l’emanazione dell’ordinanza regionale per mezzo della quale De Luca ha blindato Ariano Irpino rendendola zona rossa, seguita da altri sette comuni, uno nella Valle caudina, uno del beneventano e ben cinque del Vallo di Diano.
Lucchetti ai comuni, blocco della circolazione, confini invalicabili, divieti su divieti per i cittadini, chiusure di tutto, sospensione di ogni funzione vitale orgogliosamente sciorinati urbi et orbi, pubblicizzati su ogni piattaforma pubblica e privata, investimenti a destra e a manca per dire che intendeva fare ciò che si sarebbe dovuto vedere nell’evidenza dei fatti.
Una prima ordinanza cui è seguita una proroga per un totale di cinquantasette giorni cui segue un minuzioso centellinare degno del miglior stato di polizia in cui nulla è stato fatto per capire qualcosa sull’origine del contagio, sulla sua diffusione, sul modo per combatterlo e soprattutto per evitarlo. Due mascherine a famiglia indipendentemente dalla composizione del nucleo familiare, come per gli altri comuni, uno qualsiasi, monouso, ma per l’intera quarantena, non a norma e di un materiale non meglio identificato. Che se vendute da qualsiasi esercizio commerciale lo si sarebbe potuto denunciare per truffa. Ma De Luca parla il politichese che fa esultare le anime semplici dalla bandiera facile e dalla difesa a priori che è tifo, assurgendo a statista di quella popolazione copiosa che è la Campania troppo copiosa da essere rinchiusa in casa. Ignorando un problema che, non dicendoci se ancora esiste, se è risolto e se persiste, si è preferito nasconderlo sotto al tappeto.
Misure che hanno certificato l’inefficienza dei provvedimenti adottati visti i nuovi contagi registrati nel territorio arianese, diretti figli del lockdown da parte dal governatore vocato al lanciafiamme tra gag, macchiette e gigionerie mediatiche che hanno creato un personaggio per compensare – leggasi divertire pur di distrarre – alle mancanze di amministratore.
Chissà se la stessa fermezza, gli stessi modi risoluti e qualche comica minaccia in stile sceriffo di cui ormai è pieno l’etere avrebbero fatto sì che la domanda, presentata nei tempi e nei modi giusti dal commissario prefettizio Silvana D’Agostino, includesse nella lista dei comuni ex zona rossa per l’istituzione di 200 milioni di euro a sostegno dell’economia ormai in ginocchio anche Ariano Irpino, sempre più dimenticata da tutti e ad ogni livello.
Tony Fabrizio