Quella che, in principio, si tentava di far passare per una iniziativa strumentale e tutta politica del Ministero degli interni contro il PD barese e il suo intoccabile Sindaco in odore di Santità Antonio De Caro, mano a mano che passavano le ore andava assumendo sempre più il profilo di una enorme e collaudata “macchina del consenso elettorale” sporca e criminale che investiva il Comune di Bari, alcune sue società partecipate e diversi rappresentanti politici e Sindaci di altri comuni vicini politicamente e territorialmente alla città Capoluogo.
La macchina del fango immediatamente attivata dal PD e da tutto lo schieramento sinistroide della Puglia che aveva repentinamente portato migliaia di persone in piazza a Bari per manifestare il sostegno e la solidarietà a De Caro, contro la iniziativa del Ministro degli Interni Piantadosi di inviare nella Sede del Comune degli Ispettori Ministeriali per l’accertamento di eventuale infiltrazione di criminalità mafiosa, si smontava come neve al sole con il trascorrere delle ore. E già nel corso di quella manifestazione di piazza, tra la folla inviperita contro il Governo e la sua azione “vendicatrice” e pretestuosa contro una amministrazione civica ritenuta efficiente e trasparente, arrivava il primo colpo a sorpresa con l’intervento del Presidente della Regione Puglia che, salito sul palco per sostenere il Sindaco in evidente difficoltà, raccontava impunemente della circostanza verificatasi anni prima, quando lui stesso (Emiliano), all’epoca Sindaco di Bari, accompagnò in casa della sorella del Boss di Bari Vecchia, Antonio Capriati, il suo giovane Assessore (De Caro) perché fosse conosciuto e riconosciuto come persona amica e da proteggere adeguatamente a “cura della famiglia” in odore di mafia.
Le ore e i giorni successivi venivano trascorsi a Bari e nel PD locale con una sorta di “sospensione” delle ostilità con il Ministro Piantedosi, perché era noto a tutti, a partire da De Caro, che la cosiddetta “Commissione di Accesso” costituiva il “minimo sindacale” da disporre dopo le indagini e gli arresti seguiti alle indagini della Procura e della Direzione Distrettuale Antimafia. Una sorta di “Atto dovuto” del Ministero in casi così eclatanti e gravi come quelli di Bari. E tutti si erano abbastanza tranquillizzati del fatto che, se non fosse emersa alcuna responsabilità del Sindaco o degli Assessori di quella Giunta Comunale, non si sarebbe proceduto ad eventuale scioglimento del Consiglio Comunale.
Ma la paura e l’angoscia era sempre molto forte nelle stanze di Palazzo di Città. Come se si temessero altri accadimenti ed ulteriori scoperchiamenti di pentole e pentoloni contenenti nuove e diverse malefatte della politica locale riconducibili alle amministrazioni a guida PD.
E così é stato! Sempre in provincia di Bari, pochi giorni dopo, un nuovo filone di indagine della Procura e della D.D.A pugliese portava all’arresto del marito dell’attuale Assessore ai Trasporti della Giunta Emiliano, Sig.ra Anita Maurodinoia. Quest’ultima, politica di spicco del PD e “donna record” per i voti raccolti alle ultime elezioni regionali, veniva indagata per la medesima ipotesi di reato del marito Alessandro Cataldo, autentica mente pensante del sistema corruttivo. L’ipotesi di reato contestato: corruzione elettorale. E mentre l’Assessore prontamente si dimetteva dall’incarico ricoperto nella Giunta Emiliano e da Dirigente del PD, altri personaggi a lei vicini trovavano posto nelle carceri pugliesi, o venivano posti agli arresti domiciliari, come il Sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, l’ex Assessore alla Sicurezza e Polizia Municipale, Nicola Lella del Comune di Grumo Appulla, anch’egli coinvolto nelle indagini. E poi Armando De Francesco, Consigliere di Municipalità a Bari, sempre del PD e, ancora, la moglie e un figlio del Sindaco di Triggiano, destinatari della misura cautelare del divieto di dimora. Non ultimi, Vito Perrelli, altro dirigente politico di spicco locale e due dei suoi figli accusati di aver predisposto un efficace data-base e strumenti informatici idonei a gestire gli elenchi dei cittadini inseriti nella “rete di collaboratori elettorali a pagamento”.
Insomma: una retata in piena regola che ha decapitato buona parte della dirigenza del PD della città di Bari e della sua provincia. Quella stessa dirigenza che la Schlain ha sempre portato a vanto dell’efficienza e della trasparenza nell’azione politico-amministrativa del PD pugliese. Ed é poi accaduto che, mentre la Segretaria del PD si affannava a ribadire che il suo partito avrebbe allontanato i dirigenti “infedeli” e corrotti, il Segretario del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte annullava repentinamente le primarie per la scelta comune del nuovo candidato a Sindaco di Bari e prendeva le distanze da questa alleanza elettorale, così detta del Campo Largo, annunciando che il Movimento avrebbe candidato un proprio uomo (LA FORGIA) per il ruolo di Sindaco del Comune di Bari, per le elezioni amministrative in programma nel mese di Giugno prossimo.
Dal Campo largo al Campo minato, é lecito affermare che si sia tramutata l’alleanza elettorale tra PD e 5 Stelle. Ove ognuno attacca il presunto avversario o mancato alleato, in in un turbinìo di dichiarazioni al vetriolo degli uni contro gli altri, sinceramente vergognoso e poco edificante per la politica.
Ma questo scenario deprimente che sembrava avvolgere e coinvolgere esclusivamente la regione puglia e i suoi personaggi politici più noti della politica nel Mezzogiorno d’Italia, grazie al PD e ai suoi metodi di “gestione sempre uguali e collaudati” in ogni angolo dìItalia esplodeva, quasi contemporaneamente, in un nuovo e ancor più vergognoso e preoccupante terremoto giudiziario nella città di Torino e parte del Piemonte.
Una inchiesta ancor più delicata e intricata, portata avanti dalla Direzione Investigativa Antimafia e dalla Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, é giunta ad ipotizzare il reato di peculato, estorsione e corruzione elettorale per l’ex Presidente della Società SITAF che gestisce l’autostrada Torino -Bardonecchia. Si tratta di Salvatore Gallo, ex craxiano e boss indiscusso (o cacicchio) del PD piemontese, padre, tra l’altro, dell’attuale Capo Gruppo del PD in Regione Piemonte, Raffaele. Quest’ultimo, pronto a ricandidarsi alle prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale del Piemonte, ha inteso fare un passo indietro, rinunciando alla candidatura per l’indagine che ha coinvolto il padre 83 enne. Ma dietro questa apparente vicenda di voto di scambio e corruzione elettorale molto simile alla “disavventura” pugliese, si cela una più preoccupante vicenda di probabile infiltrazione mafiosa delle “Ndrine” calabresi negli appalti per la manutenzione e per il raddoppio dell’autostrada Torino-Bardonecchia affidata, secondo gli inquirenti, a ditte di comodo e in odore di mafia. Imprese favorite da un altro uomo del PD molto vicino a Salvatore Gallo. Si tratta di Roberto Fantini, ex Amministratore delegato della Sitalfa, concessionaria della Sitaf, che gestisce attualmente la manutenzione e nuove gare d’appalto per quel tratto di autostrada piemontese. Per questo manager, messo ai domiciliari, é stato ipotizzato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il Fantini era anche (udite, udite) il rappresentante in quota PD nella Commissione legalità della Regione Piemonte. Anzi, per l’esattezza, era stato individuato nel ruolo di Garante della Legalità negli appalti pubblici in Piemonte.
Una storia davvero poco edificante, quella torinese, ancora tanto in fase di evoluzione come, del resto, la vicenda pugliese. Una scivolata vergognosa che dimostra, ove ce ne fosse ancora bisogno, che la vantata (e solo vantata) supremazia di legalità e trasparenza del partito della Schlein non é altro che propaganda spicciola, completamente inventata e raccontata ai pochi sprovveduti che dicono di crederci. Ma il vero problema per la politica italiana (tutta e con nessuna esclusione) é la credibilità complessiva del nostro Paese a livello internazionale. Una credibilità fortemente azzoppata da un sistema di corruzione elettorale che ha radici antiche e che solo la politica può e deve estirpare completamente e definitivamente, nell’interesse esclusivo della credibilità della Nazione. E tutti i partiti, se lo ritengono utile e prioritario, sanno come agire.