venerdì, Novembre 22, 2024
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CONFORTANTI I DATI ISTAT SULL’ECONOMIA: scende il tasso di disoccupazione, sale il numero degli occupati in Italia!

 

In queste ore sono stati diffusi i dati ISTAT aggiornati al primi 12 giorni di Settembre  relativi alla crescita su base annua del numero di occupati in Italia.

Tra la disperazione del gran numero di “menagrami in servizio permanente effettivo” e dei catastrofisti di professione che si erano immediatamente attivati per diffondere dati preoccupanti sulla possibile contrazione della crescita economica in Italia, sbandierando dati fasulli sui soliti giornali e trasmissioni televisive di approfondimento, l’Istituto di Statistica (ISTAT) ha confermato la crescita degli occupati nel nostro Paese, con 395 mila nuovi posti di lavoro nel secondo trimestre 2023, rispetto al trimestre precedente. Ma, soprattutto, sottolineando che nella sola prima decade di questo mese di Settembre, i nuovi posti di lavoro creati in Italia risultano essere oltre 46 mila (0, 4% di incremento rispetto ad Agosto 2023). In tal modo sconfessando questi illustri professionisti delle fake news di natura politica, artatamente “distribuite e divulgate” URBI ET ORBI,  per condizionare l’opinione pubblica in ordine ad un disagio e una prospettiva funesta per l’economia del nostro Paese. Prospettiva al color grigio scuro fortemente auspicata da questi opinionisti delle sciagure, ma letteralmente inventata che, per fortuna dell’Italia, non trova il benché  minimo riscontro nella realtà.

Ma l’ISTAT va ben oltre nella sua analisi, comunicando ufficialmente che il Tasso di disoccupazione scende al 7,6 % e che il numero di disoccupati negli ultimi tre mesi é diminuito di 64 mila unità. Cioè a dire che la percentuale dei senza lavoro é scesa al 3,2% nei soli ultimi tre mesi dell’anno in corso. Mentre sale anche significativamente l’occupazione femminile. Inoltre l’ISTAT si sofferma sulla valutazione incontrovertibile e palese dell’andamento della crescita in Italia, con indicatori in progressiva evoluzione anche del numero di occupati a tempo indeterminato che si attestano ad un + 130 mila unità e 23 mila nuove “partite IVA” che corrispondono ad altrettanti occupati autonomi negli ultimi mesi dell’anno 2023.  Questi i dati confortanti dello stato di salute della nostra economia che, a nostro avviso, sono determinati dalla stabilità e dall’azione combinata del Governo centrale sul fronte della riduzione del cuneo fiscale; l’approvazione della delega fiscale ormai in dirittura di arrivo; l’approvazione dell’estensione a tutte le Regioni del Mezzogiorno (isole comprese) dei benefici fiscali previsti dalle aree ZES, con benefit per la creazione di nuove attività imprenditoriali sul territorio del sud Italia, detassazioni e agevolazioni sulle nuove assunzioni e quant’altro previsto nelle Aree Economiche Speciali;  le politiche avviate per il contenimento dell’inflazione, in specie grazie all’azione caparbia e determinata del Ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha recentemente siglato accordi ministeriali con le categorie dei produttori e gli operatori della grande distribuzione per il contenimento dei prezzi dei prodotti di prima necessità (alimentari e non soltanto) almeno sino al superamento del periodo Natalizio. Tutti elementi che hanno già prodotto un rallentamento dell’inflazione e la stabilità intorno a valori del 5%. Dato assolutamente positivo e più basso tra tutti i Paesi dell’Area Euro, confermati ancora una volta dall’ISTAT nella sua recente valutazione complessiva sull’andamento dell’economia nazionale.

Un buon viatico, non c’é che dire. Nonostante le “Cassandra” di turno e le problematiche ancora irrisolte, sul cammino del Governo. Tra le emergenti, la questione della sicurezza e della legalità nei grandi centri urbani e nei comprensori ultra popolari infestati da spacciatori di droga e criminalità dilagante; la questione della immigrazione clandestina e degli sbarchi incontrollabili sulle coste italiane; il disinteresse dell’Europa su tematiche emergenziali che travalicano gli interessi nazionali e che non possono essere più elusi dalla Commissione Europea.

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