venerdì, Novembre 22, 2024
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PARABOLA DELLA FINE DEL MONDO (DEL CALCIO)!

Sbagliare è umano, ma se uno persevera sta a significare che non solo non ha capito di aver sbagliato, ma anche di essere convinto di aver operato bene. Dunque, la devastazione messa a segno dai tifosi tedeschi nell’ultimo incontro di Champions a Napoli e subìta da commercianti già in ginocchio per le chiusure pandemiche, da turisti che avevano scelto Napoli per una loro vacanza e chissà se la sceglieranno ancora per le loro future mete, da utenti e cittadini prigionieri in casa e ostaggi in strada non ha minimamente fatto interrogare i tutori dell’ordine pubblico. I quali anzi, continuano con gli esperimenti, visto che da nessuna parte si vede qualcosa di minimamente simile al loro operare – per la loro “dritta via”, fatta di divieti, confinamenti – traslitterazione perfetta di lockdown – e accessi “elitari”.
Da una e trina idea del Prefetto di Napoli Claudio Palomba, del questore Alessandro Giuliano e del sindaco Gaetano Manfredi, per la regia dell’attendente aggiunto alla pubblica sicurezza patron Aurelio De Laurentiis, il piano sicurezza per i festeggiamenti per la vittoria (tiè!) del campionato di calcio pare prevedere ingressi a numero chiuso in piazza, festeggiamenti in differita, inviti e scremature a vantaggio di soli pochi eletti. Una gestione “ZTL” che ottimamente rispecchia l’attuale classe amministrativa inetta e autoreferenziale. Se questa è la gestione sinistra che dovrebbe essere messa a punto, il centrodestra d’opposizione langue. E come potrebbe essere diversamente, visto che, già con Conte premier, il partito oggi maggioritario e al governo si rese protagonista di una singolare – che più che un complimento è una speranza affinché possa essere l’unico caso al mondo – protesta in una romana Piazza del Popolo aperta solo per 4280 fortunati, seduti e opportunamente mascherinati?
Il piano, così come immaginato, pare non prevedere alcun criterio di assegnazione dello spazio – o meglio, del recinto – in cui è con-cesso festeggiare, quindi, nessun modo come (e perché?) poter fronteggiare eventuali rifiuti (sic!). Che, magari, degenereranno in protesta, in lite, più che giusta. Giusta (e forse atta) a rovinare i festeggiamenti. Perché, poi?
In base a chissà quale astratto assioma, forti della smentita ante litteram, smentita anzi doppia, se volessimo pensare al solo presente, come la vittoria della Coppa Italia in piena emergenza Covid e, poi, l’occasione della morte di Maradona che rovesciò ogni previsione degli esperti più “studiati”, è risaputo – dice stavolta la quaterna in questione – con piglio da periti consumati e consunti – che in detti momenti di generale ilarità, si moltiplicano eventi criminosi quali scippi, furti, rapine; la criminalità organizzata va a nozze con questi eventi per poter mettere a segno omicidi illustri e chissà quali loschi affari (non calcistici?); la gente avrà bisogno di ambulanze per malori (già prevedibili?), delle 17 ambulanze di cui 4 medicalizzate – De Luca ancora non si è erto a Deus ex machina? – insomma non una festa che manca da 30 anni, ma una guerra. L’apocalisse. La fine del mondo (calcistico, grazie a loro). Napoli si distruggerà, il Vesuvio esploderà, lo stadio Maradona, per arrabbiatura di San Paolo, si farà in mille pezzi. E la qua(quaraquà)terna giudicatrice da Castel Sant’Elmo dividerà in due i tifosi, quelli in possesso della tessera a sinistra, i renitenti a destra. Qualcuno farà il furbo e vorrà camuffare sotto suddetta tessera anche striscioni, tamburi e bandiere, ma ADL lo vedrà e invocherà il daspo. “Nemmeno la bandiera al balcone deve poter mettere. Via il Napoli da lui!”. E questi saranno tantissimi, più di mille miliardi, più dei cinesi! E ci saranno tre porte: una strettissima per Piazza Plebiscito, una media per le piazze di periferia e un’altra grandissima, quella di casa propria. Quelli del Plebiscito rideranno, quelli della periferia un po’ ridono e un po’ piangono e quelli a casa loro, primo cittadino in testa, piangeranno. Soprattutto se la festa scud*** dovesse iniziare da Torino. E io… Io speriamo che me la cavo!
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