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NAPOLI SOLDOUT: IN REALTÀ SONO AMARI CONTI
Finite le feste, per gli organizzatori è tempo di bilanci. Si tirano le somme, senza essere “ciucci da soma”, né grosse cime. A dire il vero, i giornali già in occasione del ponte dell’Immacolata celebravano e al Comune si beavano e si godevano i titoloni – buoni solo per la “Campania elettorale” – NAPOLI SOLDOUT. Tutto esaurito. Non di certo gli amministratori cittadini che non si scapicollano di certo per promuovere la città e incentivare il turismo.
A dire il vero, in questo scorcio di 2022, Napoli ha goduto del miracolo già realizzato del pienone di turisti. Per Napoli, per Partenope, dopo due anni di confinamenti domiciliari. Dal canto loro, gli asseggiolati – che non sono certo i più onorevoli Sedili – nella stanza dei bottoni si sono passivamente goduti lo spettacolo e anche il successo di Napoli che, come i napoletani, è caduta tra le loro mani.
Dai quartieri spagnoli alla Pignasecca, dalla Sanità alle vie dello shopping di Via Toledo, Napoli, nonostante tutto, continua ad incantare.
La sua particolare struttura urbana, rimasta immutata nel corso dei secoli, che conferisce peculiarità a piazzette, vicoli e vicariell’, salite e calate porta i turisti ad assieparsi per Spaccanapoli, resa unica dalla napoletanità di San Gregorio Armeno, la strada di botteghe-musei a cielo aperto dove è Natale 365 giorni l’anno – e non certo per la cinesizzazione dell’attività lavorativa! – dal genio del panaro, all’uopo divenuto solidale, dai cantanti “improvvisi” e non improvvisati dai balconi, dall’estro dell’arte urbana di edicole sacre e profane disseminate qua e là: dominano letteralmente i San Gennaro, le Sant’Anna e la Madonna dell’Arco, tante e tali da poter costituire due distinti percorsi tra i quartieri San Lorenzo e San Lorenzo e Pendino, fino a quelle “profane” del capello di Maradona incorniciato, appunto, come una reliquia. E se Napoli è una città di fede, religiosa e/o calcistica che sia, non potevano certo mancare numerosissime chiese dall’imparagonabile bellezza: Santa Chiara con il suo affascinante chiostro, immediatamente difronte la barocca chiesa del Gesù Nuovo che, oltre alla tomba del medico santo, compositore della celeberrima Quanno nascette Ninno, antenata della più(?) conosciuta “Tu scendi dalle stelle”, tanto che avrebbe dovuto annoverarlo anche tra i Padri della Patria, continua a far discutere della particolarità della facciata su cui qualcuno ci vede (ancora) un’antica partitura musicale. E poi ancora il Duomo gotico, la celeberrima Madonna del Carmine ed il suo famosissimo incendio del campanile, Sant’Antonio con le sue “patronimiche” tredici scese. E come non citare Sant’Anna dei Lombardi, San Lorenzo o San Giovanni a Carbonara. O altre che sono dei veri e propri musei come la cappella di San Severo che custodisce l’incanto del Cristo velato – da non vedere per nessuna ragione al mondo prima della laurea! Almeno così vuole l’imperante tradizione… profana – che non si può non godere separatamente dal Disinganno e dalla Pudicizia, terna d’eccellenza artistica. E a proposito di arte si può non menzionare la Galleria (Umberto è pleonastico) con i suoi segni zodiacali da calpestare o Palazzo Reale? Palazzo Mannajuolo o Palazzo donn’Anna? Le bellezze naturalistiche dell’isola della Gaiola o la veduta mozzafiato dell’intera città dalla Certosa di San Martino? Ma Napoli è contraddittoria al punto tale che dal cielo di porta in terra, anzi sottoterra con Napoli sotterranea e il caratteristico Cimitero delle Fontanelle, dove mito e leggenda si intrecciano.
Non basterebbe certo uno sterile elenco per far conoscere le bellezze di Napoli che per secoli hanno farcito libri, tomi, fatto parlare scrittori – Saviano non rientra in tale categoria anche perché sparla e copia e incolla e pub(bl)ica- ma è l’ennesima conferma delle potenzialità inespresse, e se espresse, affogate e tacitate, dell’indiscusso fascino che questa straordinaria città continua ad esercitare sui tanti turisti di tutto il mondo. Conferma a costo zero per gli amministratori che, come d’uopo, non solo non fanno nulla per incentivare le attrazioni della città, ma spesso tentano proprio di distruggere quello che di buono c’è. Il caso più eclatante è quello del Presidente della Regione Vincenzo De Luca che tra accordi per far sbarcare le navi da crociera a Salerno e i tagli alla cultura, emblematico quello ai danni del primo teatro del mondo, il San Carlo di Napoli. Il sistema “salernocentrico”, volto a fare dell’intero globo terrestre un protettorato di Salerno capitale, d’altronde, è ben noto a tutti. Magistratura compresa. E se da Palazzo Santa Lucia andiamo a quello di San Giacomo, la musica non è certo differente: il “buon” Gaetano Manfredi dimostra a gran titolo di essere degno erede di don “rivoluzione arancione” Gigino de Magistris, della “morta vivente” ma con un po’ di mal di schiena – che fa tanto lettera di Tommasino nella napoletanissima Natale in Casa Cupiello – Rosa Russo Iervolino e addirittura del re che prospera sui suoi disastri, Antonio Bassolino.
Non manca la responsabilità del lato istituzionale, la cui mano alla città viene offerta da un sistema vergognosamente inefficiente dal servizio di trasporto pubblico fino ad offrire una città sporca, ridotta a latrina per i bisogni degli innumerevoli senza tetto, perlopiù immigrati, o meglio, clandestini, che bivaccano ad ogni ora del giorno e della notte rendendo zone e interi quartieri completamente off limits. A partire dagli stessi napoletani che si sentono in pericolo anche per andare a fare una semplice spesa.
Silenzio totale, o meglio, tombale sull’invidiato e incommensurabile patrimonio artistico-culturale steso – è proprio il caso di dirlo – all’ombra del Vesuvio: dalla scultura alla musica, dalla letteratura al teatro, dallo sport alla solidarietà.
Il mondo moderno, invece, quello dei social ci presenta una Napoli come un immenso ristorante, una cucina h24 a cielo aperto, dove si può mangiare la pizza più buona del mondo ad ogni ora piuttosto che pasta, provola e patate in strada, tra male parole e ammuina¸ degustare l’amletico dubbio della sfogliatella liscia o riccia e finire con la tipica e topica gassosa a cosc’ aperte. E se hai poco tempo – a dire il vero il napoletano per antonomasia non va mai ‘e pressa – quando il mondo intero scopriva lo street food a Napoli la pizza a portafoglio era già una “consumata” realtà, una variante per dirla con termini pandemici, che hanno fatto guadagnare a Napoli e al suo Ospedale Cotugno il riconosciuto primato di “ospedale a contagio zero”. Tanto da essere studiato in ogni parte del mondo. Quel mondo che ci invidia scienziati del calibro del prof. Giulio Tarro, napoletano per scelta. Quel mondo che finge di non conoscere – perché ha già dimenticato – la cosiddetta paranza dei bambini. Il pizzo, il racket che si nasconde dietro i ristoranti, le pizzerie, i baretti di cui Napoli pullula.
È davvero questa Napoli? Pizza… e niente più? Finanche contro i caratteristici panni stesi s’è scagliato il Primo Cittadino! È di nuovo (e ancora) la “Pulecenella ca faceva ridere e pazzia’, ca mo s’arraggia miezz’ a uerr’ e ce parl’ ‘e libbertà”, come già cantava il compianto Pino Daniele?
Fanno festa al Comune e hanno ragione a far festa: gli introiti per le feste si aggirano intorno ai 200 milioni di incasso, di cui 20 milioni potrebbero arrivare dalla sola tassa di soggiorno per il 2022.
I conti tornano, ma al netto delle azioni intraprese, delle cose fatte, dell’amministrazione comunale sempre in affanno, dei servizi essenziali completamente assenti o carenti offerti ai turisti, ma soprattutto ai suoi cittadini. Insomma, un vero disastro di metropoli che va avanti faticosamente e sopravvive grazie alla sua storia, alle sue bellezze, al suo patrimonio culturale senza eguali. E allora, rallegriamoci pure per la fortuna che abbiamo avuto di vivere in una città unica e generosa. Ma adoperiamoci da subito per svegliarci dal sonno o dal torpore del clima favorevole per creare i presupposti di una autentica rivoluzione copernicana in città. A partire dalla rimozione definitiva e completa di una classe politica autoreferenziale, incompetente e fannullona che ha condotto per mano Napoli sino al quart’ultimo posto nella classifica nazionale della vivibilità urbana tra i capoluoghi di provincia italiani. E scusate se é poco!