Grandi tensioni sui mercati continentali dopo l’annuncio della Banca Centrale Europea del rialzo dei tassi di interesse a partire dal prossimo primo Luglio.
Piazza Affari é risultata la peggiore Borsa Europea con l’indice MIB che ha chiuso con una perdita consistente del 5,1 %, corrispondente ad oltre 39 miliardi di Euro bruciati. La Borsa italiana ha subito il trascinamento negativo del crollo azionario delle banche italiane, in particolare BPER, UNICREDIT, BANCA POPOLARE di MILANO. Ma il vero dato negativo che si é riverberato sui mercati azionari europei é certamente quello dell’inflazione negli Stati Uniti giunta ai massimi storici, dopo oltre 40 anni, attestandosi in questo fine settimana a + 8,6%
Fenomeno questo che ha trascinato anche le altre Borse europee con Parigi, Londra e Francoforte che hanno perso oltre il 2% con una “polverizzazione” di 265 miliardi di Euro complessivi.
In Italia poi, abbiamo assistito anche al riaffacciarsi dello spettro dello SPREAD (differenziale di rendimento tra Bund tedeschi e il BPT italiano) che ha superato i 234 punti rispetto ai famigerati Bund della Germania. Insomma un venerdì davvero terrificante, nel quale registriamo anche un ulteriore e preoccupante aumento del costo della benzina, che si attesta ad Euro 2,02 al litro alla pompa.
Ma quello che preoccupa ancor più della decisione anticipata proprio ieri dalla BCE, é il riverbero negativo dell’innalzamento dei tassi di prestiti e mutui bancari che immancabilmente saranno disposti dal prossimo mese di Luglio. Se non addirittura prima. E immediatamente si é elevato il grido di dolore degli operatori del mercato immobiliare che già prevedono un raffreddamento dell’interesse verso gli acquisti di nuove abitazioni. Circostanza che, al contrario, aveva fatto registrare nell’ultimo anno, ma soprattutto in questi primi 6 mesi del 2022 (dopo la parentesi Covid) una interessante propensione agli investimenti.
Naturalmente il dramma macroscopico di questa decisione della BCE e che preoccupa fortemente, al di la di questi primi “sconvolgimenti” e il conseguente disappunto degli operatori dei singoli settori colpiti, é il contestuale blocco al cosiddetto “scudo per gli acquisti” dei titoli del debito pubblico dei Paesi della Zona Euro (il “quantitative easing”) che a partire dal primo Luglio prossimo, di fatto, impedirà alla BCE di acquistare Titoli di Stato dei Paesi dell’Unione Europea. Misura questa, sin ora indispensabile ed utile per coprire i debiti di bilancio dei singoli Paesi, ma anche per supportare gli investimenti degli Stati membri. Si pensi alle iniziative di finanziamento delle maggiori spese sostenute dai Paesi U.E. in campo sanitario per il contrasto della pandemia di Covid 19 o le contestuali iniziative di incoraggiamento della economia asfittica dell’Europa (Italia in primis) attraverso il sostegno economico per le famiglie in stato di disagio, o i ristori per gli operatori commerciali in difficoltà durante il periodo più acuto della pandemia. Tutte iniziative rese possibili dall’acquisto dei titoli del debito pubblico da parte della Banca Centrale Europea. Provvedimento che fu assunto, non senza difficoltà, da Mario Draghi quando guidava proprio la BCE, per dare ossigeno alla crisi economico- finanziaria che iniziava ad attanagliare gli Stati dell’Eurozona.
Questi gli intendimenti e le scelte tecniche assunte da Draghi alla guida della BCE che hanno consentito, sin ora e senza ombra di dubbio, un lungo periodo di stabilità e avviato la crescita economica nell’Eurozona. L’invasione dell’Ucraina e i segnali forti della speculazione sui prezzi del petrolio e del gas a livello internazionale han determinato l’aumento esponenziale dell’inflazione, anche fuori i confini europei, con l’obbiettivo immediato dei nuovi vertici della Banca Europea di contenere questo fenomeno pernicioso, facendo una repentina “conversione ad U” e abbandonando di fatto la politica economico-finanziaria della BCE inaugurata proprio da Draghi alla Banca Europea. A tal proposito, ed in attesa di conoscere le determinazioni dei Governi dei singoli Stati Europei in ordine ai correttivi e le azioni da sviluppare per limitare i danni della determinazione della BCE, ci corre l’obbligo di chiederci : Ma il nostro Presidente del Consiglio era informato di queste intenzioni della BCE? Si sapeva che qualcosa bolliva in pentola a Bruxelles nella Sede della Banca Europea, già in occasione dell’incontro istituzionale di Draghi con Macron a Parigi, solo la scorsa settimana? E cosa hanno detto, cosa avranno immaginato o predisposto i due Statisti europei per affrontare questa nuova tegola piombataci in testa in queste ore? Certamente stupisce questo eclatante ed improvviso “cambio di programma” della BCE. E stupisce ancor più il silenzio assordante di Draghi che é stato il promotore della politica di sostegno delle economie degli stati della zona Euro nel periodo della sua Presidenza.
Indice di sottovalutazione o di mancata condivisione delle scelte e del lavoro voluto da Draghi alla BCE o solo non curanza per il ruolo di Primo Ministro di un Paese membro come l’Italia?
Sono questi gli interrogativi inquietanti in una situazione del nostro Paese ancor più inquietante. Interrogativi che ci piacerebbe di poter “sciogliere” al più presto attraverso un dibattito parlamentare o anche solo con dichiarazioni precise ed esaustive del Presidente del nostro Esecutivo. Il quale ultimo non può tacere sui risvolti e le prevedibili implicazioni sulla nostra economia, prodotte da queste brusche e per molti versi inconcepibili variazioni di strategie economico-finanziarie della Banca Europea.