Aveva 72 anni, Stefano D’Orazio e certamente non li dimostrava. Look sempre giovanile, come si conviene ad un affermato musicista, autore e strumentista di razza, aveva fatto parte, sin dagli albori degli indimenticabili anni 60, del gruppo musicale più longevo e conosciuto della nostra musica leggera. Lui, apprezzatissimo e talentuoso batterista, aveva anche scritto i testi e cantato tra i più bei pezzi del repertorio dei Pooh: da “La mia donna” a “Tropico del Nord”. Da “Il giorno prima” a “Se c’é un posto nel mio cuore”. E ancora altri successi più recenti quali “Le cose che vorrei”; “Ancora una canzone”; “Tante storie fa”.
Poco più di una settimana fa era stato ricoverato per sintomi influenzali piuttosto fastidiosi. In così poco tempo il maledetto Covid ha portato via anche lui lasciando esterrefatti i suoi grandi amici e colleghi della “Band” e la sua compagna di sempre, Tiziana Giardoni, con la quale si era sposato molto recentemente, dopo lunghi anni di convivenza felice.
In pochi giorni, dunque, il mondo dello spettacolo perde un altro protagonista della storia artistica e musicale del nostro Paese. Una perdita davvero insopportabile se si pensa che, così come Gigi Proietti, anche Stefano D’Orazio era attivissimo nel suo lavoro artistico e regalava a tutti noi ancora tante emozioni attraverso le sua professione di musicista e compositore sempre in evoluzione e di indiscutibile valore.
La scomparsa di Stefano D’Orazio lascia smarriti, sospesi, senza fiato tanti di noi della sua generazione. Noi che eravamo poco più che adolescenti sul finire degli anni 60 e che siamo cresciuti e abbiamo vissuto momenti indimenticabili con le meravigliose e intramontabili melodie dei Pooh.
Noi che avevamo già “sofferto” abbastanza per l'”uscita di scena” prematura di Lucio Battisti, di Fabrizio De Andre’ e poi di Pino Daniele, oggi siamo costretti ad assistere all’ennesima scomparsa prematura. Questa volta la vittima é preda di una terribile pandemia che nessuno ha ancora sconfitto e che, peggio ancora, nessuno sa dove sia nata, come si sia sviluppata e diffusa così largamente e minacciosamente in ogni parte del globo. E questo elemento costituisce la beffa più insopportabile, più incomprensibile per tutti. Se solo si pensa agli enormi passi avanti della ricerca scientifica e della medicina che, a vent’anni quasi suonati dall’inizio del terzo millennio, segnano il passo di fronte ad una malattia che molti virologi, e non soltanto, si affannano a considerare poco più perniciosa di una banale influenza invernale.
Cosa aspettarci ancora? Quante sofferenze e quali difficoltà dovremo ancora sopportare prima di tornare a sorridere, a respirare, a discutere liberamente con gli altri? Quando potremo in sicurezza abbracciare i nostri figli o i nostri nipotini, gli amici o i parenti? Quando potremo avere la fortuna di non assistere a stupidaggini del tipo dei banchi anti contagio con rotelle………. e poi chiudiamo i portoni delle scuole in faccia agli studenti. Quando finiremo di sprecare tempo prezioso e cospicue risorse per i bonus monopattini invece di destinare ulteriori ed adeguati finanziamenti ad una ricerca scientifica che langue o annaspa paurosamente? Quando capiremo che occorre affrontare questa pandemia con una regia unica ed efficace su tutto il territorio nazionale ed evitare di avere troppi galli a cantare che spesso stonano o non cantano mai nello stesso momento. Quando capiremo che occorre utilizzare al meglio le nostre Forze Armate attraverso l’impiego di automezzi militari per sostenere e implementare i trasporti urbani ormai esangui delle nostre città e contribuire a ridurre le occasioni di contagio per il sovraffollamento incontrollato? Quando saranno dispiegate le nostre Forze Armate per il contenimento dell’immigrazione clandestina nelle città italiane. Fenomeno che vede sempre più clandestini liberi di vagare numerosi e incontrollati su tutto il territorio nazionale, mentre agli italiani vengono, in tal modo e inspiegabilmente, imposte inutili quarantene nelle proprie abitazioni, con la speranza di contenere il contagio da Covid 19.
Questo si domandano (senza ricevere alcuna risposta) quei cittadini italiani della mia generazione. (E non soltanto). Le stesse generazioni di Stefano D’Orazio, di Lucio Battisti, di Pino Daniele. Generazioni che hanno tanto offerto al proprio Paese. A partire dal servizio militare obbligatorio (12 mesi almeno, se non 24 per la leva di mare) appena compiute le 20 primavere. Passando per i capitomboli più dolorosi per trovare lavoro in quegli anni. E poi, almeno 42 anni di servizio e non incassare neanche la liquidazione, se non passano altri due anni o forse tre dalla data di pensionamento. Quella stessa generazione di Italiani che oggi, in presenza della pandemia di Coronavirus, tutti gli “scienziati” del Governo vorrebbe relegare non si sa bene dove. Tutti i soloni di Palazzo Chigi o dei Ministeri competenti vorrebbero rinchiudere nelle proprie abitazioni o in appositi” lager” perché considerati fragili o ammalati. O peggio ancora inutili………….!!
“Maledetto governo ladro!!” verrebbe da gridare, come in quei film del neorealismo italiano dei primi anni 60. Ma oggi, per rimanere all’attualità, occorrerebbe gridare “Maledetto governo di principianti. Idioti, inadeguati e irresponsabili” !!