E così si é conclusa l’ennesima “battaglia elettorale” tra centro destra e centro sinistra per eleggere il Presidente di una Regione. Questa volta non si trattava di un normale rinnovo del Consiglio Regionale dopo i 5 anni canonici di una legislatura regionale, ma elezioni anticipate in Regione Liguria per via del coinvolgimento di Giovanni Toti, il Presidente uscente, in una indagine della Magistratura durata ben 4 anni di fila e arrivata, guarda caso, a conclusione solo poche settimane prima del voto per le elezioni Europee di Giugno.
I maligni, ma non solo i maligni, sottolinearono immediatamente la stranissima e sospetta concomitanza delle elezioni europee con l’epilogo improvviso e non atteso di quell’indagine su Giovanni Toti. Una indagine lunga ed estenuante che dal primo momento non presentava aspetti di preoccupante reiterazione dei reati, ne fuga dei soggetti incriminati, ne pericolo di inquinamento delle prove. Niente! Neanche i soggetti coinvolti in quest’inchiesta (a partire da Toti, passando per l’imprenditore ed ex Presidente del Genoa Calcio, Aldo Spinelli) avevano il minimo sentore del ciclone giudiziario che stava per abbattersi su di loro, sulla città di Genova e le Istituzioni Liguri, malgrado 4 anni di pedinamenti, intercettazioni, foto degli indagati “rubate” dagli inquirenti in ogni luogo e quant’altro possibile in una indagine del genere.
Una sorta di giustizia ad orologeria, ben nota ed abusata nel nostro Paese almeno dai primi anni 90, era stata riesumata, rivitalizzata e riproposta nel momento giusto. Cioè ad un mese da importanti appuntamenti elettorali, con lo scopo tutt’altro che recondito di “impallinare” il Centro Destra attraverso l’arresto improvviso del rubicondo Presidente Toti e dei suoi “pericolosi” amici imprenditori.
Vi risparmiamo le polemiche delle forze politiche di Centro Destra che gridarono immediatamente al “colpo di stato” della magistratura (se non altro per il tempismo dei Giudici nelle modalità utilizzate nell’indagine) e le contrapposte invettive velenose delle sinistre che urlavano agli avversari di essere una banda di corrotti e malfattori. Accuse mai riposte neanche in campagna elettorale dove lo schieramento di Centro Destra presentava nel ruolo di candidato alla carica di Presidente della Regione Liguria, il Sindaco di Genova Marco Bucci, distintosi in Comune di Genova per il suo illuminato buon governo e per la felice conclusione delle complesse attività connesse alla ricostruzione del Ponte Morandi. Attività cui il Sindaco di aveva adempiuto, con zelo e competenza, nel ruolo conferitogli dal Governo, di “Commissario Straordinario per la ricostruzione del Ponte Morandi” che, ricorderete, si sbriciolò in pieno giorno portandosi dietro oltre 43 vittime innocenti.
Il Centro Sinistra, a sua volta, contrapponeva in questa competizione elettorale, l’ex Ministro del Lavoro Andrea Orlando, Nativo di La Spezia, con diverse esperienze nei governi di Centro Sinistra, da Letta (Ambiente) a Renzi e Gentiloni (Giustizia) per finire con Mario Draghi che gli affidava il Ministero del Lavoro. Un buon candidato, non c’é dubbio, che é stato a nostro avviso condizionato e penalizzato fortemente dalla violenza verbale e dai toni accesi utilizzati dai candidati della coalizione di Centro Sinistra, per tutta la durata della campagna elettorale e ancora prima, all’indomani dell’arresto di Toti. Una campagna elettorale aspra, quella condotta dai rappresentanti della sinistra, ove non si é avuto alcun interesse o sentita la necessità di discutere di programmi o progetti per la cittadinanza ligure. Puntando piuttosto la propria strategia di penetrazione dell’elettorato sulla grande opportunità concessa dalla magistratura ligure di demolire facilmente l’avversario, in ragione delle vicende giudiziarie dell’ex Presidente di Centro Destra.
Una campagna elettorale monocorde condotta dalla sinistra esclusivamente in questi termini e con questo unico tema di forte contrapposizione con l’avversario, anche per motivi interni alla coalizione capeggiata dalla Schlein. Come sappiamo, per il veto dei 5 Stelle, veniva tenuta fuori dalla coalizione la compagine politica di Matteo Renzi, giudicata incompatibile con le politiche del partito di Conte e con la stessa maggioranza all’interno del PD, largamente orientata verso una sinistra fortemente radicale. Maggioranza interna al PD che non ha mai fatto mistero della necessità di una sempre maggiore collaborazione politica con i 5 Stelle, in contrasto con le dichiarazioni continue ed ossessive della Schlein di perseguire fortemente l’abusato e inclusivo progetto del “Campo Largo”.
Una contraddizione molto forte e sin troppo “Visibile” agli occhi degli elettori liguri che hanno interpretato il messaggio della sinistra come esclusivo intendimento di battere l’avversario politico. Senza uno straccio di progetto politico dichiarato che non fosse quello della “pulizia etnica” della classe dirigente dei partiti della coalizione di Centro Destra in Liguria.
Una classe Dirigente, quest’ultima, che al contrario aveva un suo progetto politico forte e riconoscibile che stava già realizzando concretamente con la giunta regionale di Toti e i cui risultati positivi si vedevano rappresentati efficacemente in termini di nuova occupazione; rilancio delle attività portuali del capoluogo e della portualità ligure; attivazione degli interventi di ingegneria naturalistica per il contenimento dei ripetuti fenomeni franosi del fragile territorio ligure e quant’altro di urgente in tema di risanamento ambientale; efficientamento del sistema sanitario pubblico ligure e nuove assunzioni di personale medico e infermieristico negli ospedali della regione. Programma politico-amministrativo bloccato dalle indagini giudiziarie, ma riproposto con maggior vigore ed efficacia nella tornata elettorale appena conclusa dalle forze politiche di centro destra che sostenevano il nuovo candidato alla Presidenza della Regione Liguria.
Un programma politico collaudato che veniva messo nelle mani e nella caparbia volontà di un capace amministratore pubblico, quel Marco Bucci che aveva dato innumerevoli prove della sua efficienza amministrativa, politica e gestionale. Questi elementi, a nostro avviso, han prodotto il risultato tutt’altro che scontato della elezione dell’ex Sindaco di Genova. Un risultato insperato raggiunto in un clima fortemente condizionato da fattori ed “elementi” esterni, ove é stato oltremodo duro chiamare al voto i cittadini liguri anche per le avverse condizioni metereologiche.
Un risultato che si é provato a condizionare sino alle ultime ore di campagna elettorale attraverso un programma televisivo della RAI che, in pieno “silenzio elettorale”, nella serata di domenica scorsa ha distribuito al pubblico televisivo ore di autentico veleno “sfuso e a pacchetti” contro Bucci e la sua coalizione politica. Partendo proprio da Toti e rammentando le disavventure giudiziarie di quest’ultimo, lanciando poi un monito o, se volete, un avvertimento in “stile mafioso” rivolto agli elettori liguri in procinto di esprimere liberamente il proprio voto per le elezioni regionali. Come altro si potrebbe interpretare l’uso politico di una trasmissione televisiva di una rete pubblica andata in onda tra il primo e il secondo giorno previsti per il voto, cioè a dire in pieno svolgimento della competizione elettorale? Questa é la domanda che ci piacerebbe rivolgere ai magistrati di Genova per sapere da loro se questi accadimenti palesino eventuali reati penali a carico di chi ha deciso di mettere in onda quei servizi televisivi in quel giorno preciso di apertura dei seggi elettorali. Tanto in contrasto con le più elementari e conosciute norme di legge in materia. Domanda che ci piacerebbe rivolgere anche al Signor Ministro degli Interni per i possibili adempimenti di Sua specifica competenza.
Nel frattempo andiamo avanti così, sperando che la politica sappia e voglia esprimere contenuti autentici, dibattiti e confronto aperti e leali, rispetto reciproco tra i leader dei partiti e non soltanto, qualità della proposta politica e della classe dirigente dei singoli partiti.