Solo il mese scorso (27 Settembre con l’editoriale dal titolo “La giustizia in Italia, un sistema sgangherato….”) Campo Sud si era soffermato sulle forti contraddizioni e sull’eccesso di discrezionalità di taluni magistrati che, in presenza di analoghe ipotesi di reato per un medesimo soggetto inquisito, agivano in maniera assai diversa e contraria, arrivando a confezionare, in un caso, una richiesta di condanna a 6 anni di carcere, in luogo di un precedente proscioglimento disposto da altro Tribunale o addirittura dal voto del Senato della Repubblica che sanciva il non luogo a procedere per i medesimi presunti reati, per lo stesso soggetto inquisito. E’ il caso del Ministro Salvini accusato di sequestro di persona (i migranti in attesa di conoscere il luogo e il Paese di sbarco) dal Tribunale di Palermo e in attesa della definitiva sentenza prevista per il prossimo mese di Dicembre. Una decisione tutta “personale” di questi giudici palermitani e in controtendenza rispetto alle decisioni del Tribunale di Catania e alla valutazione del Senato della Repubblica che, come abbiamo detto, piuttosto che rinviare a giudizio per “sequestro di persona” come nel caso di Palermo, si soffermavano sulle scelte oltre modo positive e lodevoli dell’inquisito (Salvini) per aver difeso i confini dell’Italia dallo sbarco di clandestini sul territorio nazionale.
Posizioni diametralmente opposte e assolutamente schizofreniche di diverse Procure della medesima regione (oltre alle decisioni del Senato) che denotano quanto meno un inquietante scenario di confusione e contraddittorietà tra magistrati che regna nei tribunali della Repubblica. Facendo crescere in maniera esponenziale la sfiducia dei cittadini nei confronti della giustizia e dei suoi intraducibili e controversi percorsi.
E’ trascorso meno di un mese e questa presunta volontà di taluni magistrati di “far saltare il tavolo” del reciproco rispetto e della collaborazione istituzionale con il Governo é riemersa in tutta la sua drammatica realtà in occasione della bocciatura del Decreto di trasferimento dei clandestini nel nuovo centro di identificazione degli immigrati realizzato sul territorio della Repubblica d’Albania. Questa bocciatura veniva giustificata dalla mancata sicurezza dei Paesi di origine dei migranti. Paesi che non avrebbero garantito le indispensabili tutele e protezioni in caso di rimpatrio per espulsione, pur se i protocolli venivano assunti e condivisi con l’Italia attraverso procedure istituzionali concordate tra gli Stati. Il risultato di questa decisione dei Magistrati romani si é tradotto nel conseguente rimpatrio degli immigrati in Italia che, al momento, sono liberi di circolare indisturbati sul nostro territorio nazionale, con la speranza molto flebile che non si dileguino tra città e campagne pugliesi incrementando il numero già rilevante di clandestini senza documenti in giro per strade, piazze e stazioni ferroviarie di tutta Italia.
Ma mentre l’irritazione dell’Esecutivo per la decisione unilaterale e sconcertante dei magistrati romani cresceva; anche e soprattutto perché ampiamente anticipata nell’estate scorsa, addirittura nel corso di un convegno sui temi della Giustizia tenuto dalla Dott.sa Luciana Sangiovanni, Presidente della Sezione Immigrazione del Tribunale di Roma, oltre che Presidente nazionale della corrente di Magistratura Democratica; quest’ultima candidamente annunciava il proposito di contrapporre un percorso giudiziario in contrasto con l’iniziativa governativa, al fine di vanificare il progetto del centro di identificazione dei migranti (hotspot) in terra d’Albania e mettere in seria difficoltà l’intero governo. E proprio per supportare l’iniziativa della sua collega romana, ecco spuntare l’ennesimo magistrato, il dott. Marco Patarnello, Giudice di Cassazione, che faceva circolare contemporaneamente una mail scritta di suo pugno e indirizzata ai colleghi della corrente di Magistratura Democratica, con lo scopo di sostenere “l’azione temeraria” della Sangiovanni contro il Governo in tema di immigrazione.
A tal proposito il Magistrato scriveva: “Indubbiamente l’attacco alla Giurisdizione non é mai stato così forte. Forse neppure ai tempi di Berlusconi. In ogni caso oggi é un attacco molto più pericoloso e insidioso per molte ragioni. Innanzitutto perché Meloni non ha indagini giudiziarie a suo carico, quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte. E rende anche più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto”. E poi il Giudice Patarnello aggiungeva: “In secondo luogo perché la magistratura é molto più divisa e debole rispetto ad allora (al tempo di Berlusconi Premier) e isolata nella società civile. A questo punto dobbiamo assolutamente porre rimedio. Possiamo e dobbiamo farlo. Quanto meno dobbiamo provarci”.……..Il Giudice poi concludeva con altre amenità del genere e con un invito finale al Presidente del CSM e al Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati affinché predisponessero una reazione chiara e netta contro lo “strapotere” dell’Esecutivo.
Fin qui le riflessioni e l’invito completamente inusuale e fuor di luogo rivolto dal giudice Patarnello ai magistrati di ogni parte d’Italia, con lo scopo dichiarato di lanciare una sorta di “chiamata alle armi” della magistratura contro il Governo Meloni. Lo stesso stile e i toni autoritari del Giudice Palamara, (l’ex potente Presidente dell’ANM che sceglieva a tavolino i giudici da promuovere per esclusivi meriti correntizi!) allorquando, intercettate le sue chat dalla Procura di Perugia, indicava il percorso da seguire al Procuratore della Repubblica di Viterbo in merito all’atteggiamento dei magistrati nei confronti di Salvini. Ammonendolo sulla necessità di dover necessariamente attaccare Salvini, perché quello era e doveva essere “l’orientamento politico” dei magistrati sulle scelte adottate dall’allora Ministro degli Interni e Segretario Nazionale della Lega.
Come volevasi dimostrare. Tutto torna. Tutto ormai é alla luce del sole. Compreso la consapevolezza dei cittadini italiani che hanno ormai le prove tangibili che non si può parlare della Meloni come persona ossessionata da presunti complotti orditi ai suoi danni o a danno di esponenti politici della sua maggioranza. Ma, piuttosto, é lecito affermare che trappole e complotti, campagne di stampa aggressive e troppo spesso costruite a tavolino nelle redazioni dei soliti giornali o trasmissioni televisive, diffamazioni e stravolgimento sistematico della realtà, rappresentano il pane quotidiano della sinistra nostrana fin dall’insediamento del Governo Meloni. “Attività” fortemente incrementatasi negli ultimi mesi con il “robusto” contributo di parte dei sindacati, centri sociali, antagonisti e chi più ne ha, più ne metta. Attività di delegittimazione strisciante che taluni ambienti della magistratura italiana supportano e rendono viva ed attuale e che si traduce in meschina “demolizione” dell’avversario politico o di una compagine politica, fornendo sovente alla politica stessa, elementi di polemica strumentale e violenta.
Poi c’é qualcuno che si lamenta e che ci racconta, stupito, che la magistratura sia molto più divisa e debole dai tempi di Berlusconi e completamente isolata nella società civile!