Vincenzo De Luca era morto prima del Covid e il Covid l’ha resuscitato. Morto e risorto politicamente, s’intende. Ma lui tutto può. È come un gatto che ha sette vite e quando cade, cade sempre in piedi.
L’ultimo episodio della serie del Governatore campano s’intitola: “Si scrive Meloni, si legge De Luca”.
Ebbene sì, lo stesso personaggio che non è medico né infermiere e nemmeno portantino, che critica la Nato per l’impegno in Ucraina e che, illo tempore, prorogò l’uso della mascherina quando tutta Italia l’aveva abolita, che inaugurò più volte gli stessi ospedali rimasti sempre chiusi, che riuscì nell’impossibile compito di delirare molto più dei deliri partoriti dal duo Conte-Draghi, dal CTS e dai Figliuoli vari può vantarsi, anzi intestarsi, un successo clamoroso ai danni di quella “rompico***ni della Meloni” (cit.). Il motivo è sempre quello: i soldi. Che in politica si chiamano “fondi” e che, invece, in politichese significano potere, comando, poltrona. Bis e pure ter. Sempiter. Per sé e per i suoi. In saecula saeculorum.
È ufficialmente partita la campagna elettorale del terzo mandato – che in deluchesko sta per “in eterno” (semicit.) – e lo Sceriffo lo ha fatto con una conferenza stampa (senza giornalisti) avente quale oggetto i fondi di Sviluppo e Coesione. Quelli che per ottenerli hanno portato De Luca persino a marciare su Roma alla testa di una folla di Sindaci.
Sette giorni dopo aver portato a casa (leggi a Palazzo Santa Lucia) la firma del Presidente Meloni, il presidentissimo De Luca, sempre da Palazzo Santa Lucia, annuncia l’istituzione di una task force – nel senso che i beneficiati li caccerà dalla propria tasca – con competenze esterne anche alla struttura regionale, per rivoluzionare la Campania. Per operare il miracolo vi saranno tripli turni di lavoro come accade a Berlino. Pertanto tutti, Regione (cioè lui), Province, Comuni, Area Metropolitana sono avvisati. Per adeguarsi. Chi comanda fa legge. E qua comanda Vicienzo. La Campania verrà così stravolta al punto che non si riconoscerà più: ospedali (per davvero?), impianti sportivi, opifici per la trasformazione completa dei rifiuti, non meglio precisate “opere strategiche fondamentali disseminate nelle cinque province” che De Luca sé medesimo controllerà con piglio tedesco affinché si concludano con puntualità svizzera. E non mancheranno – dice lui – opere della Regione – che è sempre lui – finanziate con risorse (si tratta sempre di soldi, non di migranti: De Luca è un pdino atipico) provenienti dalla Regione che un “governo nemico” aveva provveduto a congelare perché non spese le risorse entro i termini o peggio ancora mai iniziati. Governo che poi ha sbloccato queste risorse rimettendoli a disposizione di De Luca nel calderone dei Fondi di Coesione, perché fossero correttamente utilizzati.
È lapalissiano considerare che per pilotare questa pioggia di denaro, tanto invocata e che tanto farà ballare, saranno precettati tutti, ad ogni livello. Anzitutto occorrerà commissariare i territori che, tradotto, significa che verranno “assoldati” (eh già!) Sindaci e amministratori locali per gestire il lavoro che ci sarà per un considerevole numero di lavoratori campani. Non è forse la descrizione di quella furbata geni(t)ale che i giudici ebbero l’ardire di battezzare quale “Sistema De Luca”? A loro l’ardua sentenza.
Nel delirio di onnipotenza del Governatore con il lanciafiamme che ha salvato la “sua” regione dalla pandemia, il “semplice” Sindaco che ha saputo trasformare Salerno in una Napoli che ancora non ce l’ha fatta, ma resiste e ci riprova, ha saputo fare di necessità virtù anche stavolta: i fondi di Sviluppo e Coesione – che spettavano alla Campania e che la Campania aspettava, sono stati prima reclamati e poi riconquistati da De Luca stesso che, cacchio cacchio e tomo tomo, può rivendere la conquista di ciò che era suo addirittura come una “battaglia di popolo”. Collettiva, per non scontentare i compagni. In campagna elettorale…
Quale Presidente del Consiglio, quale Ministro, quale leader di partito (e pure dipartito, stando all’opposizione) potrà contrastare e candidarsi ad essere l’anti-Vicienzo? Il fratacchione si presenterà come il candidato naturale a completare l’operato in Campania. Tutti avranno dimenticato le mille opere già demagogicamente promesse e mai realizzate – dopo essersi reinventato come il più fiero e credibile oppositore del Governo di Roma. Vinto e sconfitto. Come quella parte dell’area di governo che, a meno di un anno dalla corsa in Regione assiste all’indecoroso spettacolo immobile e silente. Anonima e inesistente. Chi è causa del suo male….
Ebbene sì, lo stesso personaggio che non è medico né infermiere e nemmeno portantino, che critica la Nato per l’impegno in Ucraina e che, illo tempore, prorogò l’uso della mascherina quando tutta Italia l’aveva abolita, che inaugurò più volte gli stessi ospedali rimasti sempre chiusi, che riuscì nell’impossibile compito di delirare molto più dei deliri partoriti dal duo Conte-Draghi, dal CTS e dai Figliuoli vari può vantarsi, anzi intestarsi, un successo clamoroso ai danni di quella “rompico***ni della Meloni” (cit.). Il motivo è sempre quello: i soldi. Che in politica si chiamano “fondi” e che, invece, in politichese significano potere, comando, poltrona. Bis e pure ter. Sempiter. Per sé e per i suoi. In saecula saeculorum.
È ufficialmente partita la campagna elettorale del terzo mandato – che in deluchesko sta per “in eterno” (semicit.) – e lo Sceriffo lo ha fatto con una conferenza stampa (senza giornalisti) avente quale oggetto i fondi di Sviluppo e Coesione. Quelli che per ottenerli hanno portato De Luca persino a marciare su Roma alla testa di una folla di Sindaci.
Sette giorni dopo aver portato a casa (leggi a Palazzo Santa Lucia) la firma del Presidente Meloni, il presidentissimo De Luca, sempre da Palazzo Santa Lucia, annuncia l’istituzione di una task force – nel senso che i beneficiati li caccerà dalla propria tasca – con competenze esterne anche alla struttura regionale, per rivoluzionare la Campania. Per operare il miracolo vi saranno tripli turni di lavoro come accade a Berlino. Pertanto tutti, Regione (cioè lui), Province, Comuni, Area Metropolitana sono avvisati. Per adeguarsi. Chi comanda fa legge. E qua comanda Vicienzo. La Campania verrà così stravolta al punto che non si riconoscerà più: ospedali (per davvero?), impianti sportivi, opifici per la trasformazione completa dei rifiuti, non meglio precisate “opere strategiche fondamentali disseminate nelle cinque province” che De Luca sé medesimo controllerà con piglio tedesco affinché si concludano con puntualità svizzera. E non mancheranno – dice lui – opere della Regione – che è sempre lui – finanziate con risorse (si tratta sempre di soldi, non di migranti: De Luca è un pdino atipico) provenienti dalla Regione che un “governo nemico” aveva provveduto a congelare perché non spese le risorse entro i termini o peggio ancora mai iniziati. Governo che poi ha sbloccato queste risorse rimettendoli a disposizione di De Luca nel calderone dei Fondi di Coesione, perché fossero correttamente utilizzati.
È lapalissiano considerare che per pilotare questa pioggia di denaro, tanto invocata e che tanto farà ballare, saranno precettati tutti, ad ogni livello. Anzitutto occorrerà commissariare i territori che, tradotto, significa che verranno “assoldati” (eh già!) Sindaci e amministratori locali per gestire il lavoro che ci sarà per un considerevole numero di lavoratori campani. Non è forse la descrizione di quella furbata geni(t)ale che i giudici ebbero l’ardire di battezzare quale “Sistema De Luca”? A loro l’ardua sentenza.
Nel delirio di onnipotenza del Governatore con il lanciafiamme che ha salvato la “sua” regione dalla pandemia, il “semplice” Sindaco che ha saputo trasformare Salerno in una Napoli che ancora non ce l’ha fatta, ma resiste e ci riprova, ha saputo fare di necessità virtù anche stavolta: i fondi di Sviluppo e Coesione – che spettavano alla Campania e che la Campania aspettava, sono stati prima reclamati e poi riconquistati da De Luca stesso che, cacchio cacchio e tomo tomo, può rivendere la conquista di ciò che era suo addirittura come una “battaglia di popolo”. Collettiva, per non scontentare i compagni. In campagna elettorale…
Quale Presidente del Consiglio, quale Ministro, quale leader di partito (e pure dipartito, stando all’opposizione) potrà contrastare e candidarsi ad essere l’anti-Vicienzo? Il fratacchione si presenterà come il candidato naturale a completare l’operato in Campania. Tutti avranno dimenticato le mille opere già demagogicamente promesse e mai realizzate – dopo essersi reinventato come il più fiero e credibile oppositore del Governo di Roma. Vinto e sconfitto. Come quella parte dell’area di governo che, a meno di un anno dalla corsa in Regione assiste all’indecoroso spettacolo immobile e silente. Anonima e inesistente. Chi è causa del suo male….