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Che Vincenzo De Luca sia ormai un fenomeno da baraccone alla Vannacci è cosa nota, ma che anche Giorgia Meloni inizi a gigionare è sinceramente molto preoccupante. Potrebbe essere delirio di onnipotenza, crisi di potere, il potere che logora chi rischia di non averlo più, quasi una demenza senile per lo sceriffo. La st**”za (cit. di quell’insultocratico di Vicienzo) che risponde per le rime fa ridere, rodere e godere, ma se da qua si parte per ingaggiare una battaglia ad personam la cosa inizia seriamente a preoccupare. Per fatti e personaggi.
È notizia fresca che da Palazzo Chigi sia partita una informativa destinata all’Antimafia volta a fare chiarezza su presunte irregolarità di alcune – a leggere, la maggior parte – domande (e relative assunzioni) da parte di immigrati per motivi lavorativi – la locuzione fa ridere in un Paese che ha scambiato il reddito di cittadinanza per occupazione- e in una zona specifica dello Stivale – la Campania – dove l’atavica mancanza di lavoro va a braccetto col Vesuvio, la pizza e il mandolino a comporre una “interessata” cartolina. Nel linguaggio perennemente elettorale, che ha tristemente sostituito quello politico, significa Meloni contro De Luca. Atto terzo, ma non ultimo. “Significa che i flussi regolari di immigrati per ragioni di lavoro vengono utilizzati come canale ulteriore di immigrazione irregolare. Significa che, ragionevolmente, la criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle domande e i “decreti flussi” sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale e priva di rischi, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro (secondo alcune fonti, fino a 15.000 euro per “pratica”).
L’ipotesi di infiltrazioni criminali sembra avvalorata dal fatto che la stragrande maggioranza degli stranieri entrati in Italia negli ultimi anni avvalendosi del “Decreto Flussi” proviene da un unico Stato, il Bangladesh, dove le autorità diplomatiche parlano di fenomeni di compravendita dei visti per motivi di lavoro. I bengalesi, ricordo, sono anche la prima nazionalità di immigrazione illegale nei primi cinque mesi di quest’anno, e questo presuppone un collegamento forte tra organizzazioni criminali che operano nel paese di partenza e organizzazioni criminali che operano nel paese di arrivo” si legge sul sito istituzionale del Governo.
Al netto dei dati snocciolati a proprio uso e consumo, quanto appare è proprio la “guerra dei fessi” con conseguenziale vittoria di Pirro, per l’uno e per l’altra: l’una non vede l’ora di mettere in relazione De Luca che fa la “pastetta” con clandestini e persino con la malavita che fa affari d’oro, mentre l’altro gongola perché se subiamo l’immigrazione, aggiungiamo pure clandestina, incontrollata e incontrastata è colpa (degli amici) del governo, visto che la responsabilità è di Ministro dell’Interno, Prefetto e Questore. Insomma, il classico ping-pong di responsabilità istituzionali all’Italiana. Solo che tra (poca) diplomazia, risposte al vetriolo, rilanci in politichese e arzigogoli vari, buoni solo se fossimo stati in un teatrino di basso rango e per la prima e l’ultima volta, le città e le province ormai sono invase da falangi di giovani, perlopiù di sesso maschile, in età militare che bivaccano ovunque, annoiati, nullafacenti, dimenticati e che devono pur mangiare, oltre che sollazzarsi. Sintetizzando, delinquono per mangiare, per svago, per necessità, per spasso. Parliamo di facile manovalanza per la malavita in quanto a spaccio – quindi, vendita di morte – o di delinquenza quali furti, rapina, omicidi. Parliamo dello strapotere che la Camorra riesce ad incamerare. Parliamo di un antistato che riesce a crescere e a impossessarsi di intere in zone di territorio grazie all’assenza dello Stato e delle istituzioni. Cioè degli stessi Meloni e De Luca. Parliamo delle periferie da San Giovanni, Barra, Ponticelli a Scampia e Secondigliano. Parliamo del centro storico come dei quartieri “alti”, quelli tutti Rolex e Ztl. Parliamo di Caivano, dove addirittura c’è un altro stato. Un terzo. Per conto terzi: la Chiesa. Che dà fastidio a De Luca che ha abbandonato quel territorio, dove Meloni cerca consensi. Con senso.
In mezzo a tutta questa commedia, nel senso napoletano di “litigio”, a subire tutte queste tarantelle c’è il popolo, ci sono i contribuenti ridotti a tristi spettatori del più pessimo spettacolo, ci sono gli elettori che dovrebbero sentirsi rappresentati da costoro e che, se va bene – per loro – si trasformano in acefali tifosi. Se dovesse andar male… saranno in netta minoranza e, quindi, non contano. Proprio come quelli che alle elezioni sono i primi a smettere di contare i consensi.
Intanto, non c’è una scuola politica che formi i nuovi De Luca. Non c’è un partito, ancor più grave se di governo, che riesca a contrapporre qualcuno a De Luca. O almeno creare un anti-De Luca. Presto, ovvero subito dopo le elezioni, il sipario calerà, i toni si smorzeranno, la guerra conoscerà una tregua, mentre abitanti e territori continueranno a subire. Persino il loro silenzio. Complice. Complici.
È notizia fresca che da Palazzo Chigi sia partita una informativa destinata all’Antimafia volta a fare chiarezza su presunte irregolarità di alcune – a leggere, la maggior parte – domande (e relative assunzioni) da parte di immigrati per motivi lavorativi – la locuzione fa ridere in un Paese che ha scambiato il reddito di cittadinanza per occupazione- e in una zona specifica dello Stivale – la Campania – dove l’atavica mancanza di lavoro va a braccetto col Vesuvio, la pizza e il mandolino a comporre una “interessata” cartolina. Nel linguaggio perennemente elettorale, che ha tristemente sostituito quello politico, significa Meloni contro De Luca. Atto terzo, ma non ultimo. “Significa che i flussi regolari di immigrati per ragioni di lavoro vengono utilizzati come canale ulteriore di immigrazione irregolare. Significa che, ragionevolmente, la criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle domande e i “decreti flussi” sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale e priva di rischi, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro (secondo alcune fonti, fino a 15.000 euro per “pratica”).
L’ipotesi di infiltrazioni criminali sembra avvalorata dal fatto che la stragrande maggioranza degli stranieri entrati in Italia negli ultimi anni avvalendosi del “Decreto Flussi” proviene da un unico Stato, il Bangladesh, dove le autorità diplomatiche parlano di fenomeni di compravendita dei visti per motivi di lavoro. I bengalesi, ricordo, sono anche la prima nazionalità di immigrazione illegale nei primi cinque mesi di quest’anno, e questo presuppone un collegamento forte tra organizzazioni criminali che operano nel paese di partenza e organizzazioni criminali che operano nel paese di arrivo” si legge sul sito istituzionale del Governo.
Al netto dei dati snocciolati a proprio uso e consumo, quanto appare è proprio la “guerra dei fessi” con conseguenziale vittoria di Pirro, per l’uno e per l’altra: l’una non vede l’ora di mettere in relazione De Luca che fa la “pastetta” con clandestini e persino con la malavita che fa affari d’oro, mentre l’altro gongola perché se subiamo l’immigrazione, aggiungiamo pure clandestina, incontrollata e incontrastata è colpa (degli amici) del governo, visto che la responsabilità è di Ministro dell’Interno, Prefetto e Questore. Insomma, il classico ping-pong di responsabilità istituzionali all’Italiana. Solo che tra (poca) diplomazia, risposte al vetriolo, rilanci in politichese e arzigogoli vari, buoni solo se fossimo stati in un teatrino di basso rango e per la prima e l’ultima volta, le città e le province ormai sono invase da falangi di giovani, perlopiù di sesso maschile, in età militare che bivaccano ovunque, annoiati, nullafacenti, dimenticati e che devono pur mangiare, oltre che sollazzarsi. Sintetizzando, delinquono per mangiare, per svago, per necessità, per spasso. Parliamo di facile manovalanza per la malavita in quanto a spaccio – quindi, vendita di morte – o di delinquenza quali furti, rapina, omicidi. Parliamo dello strapotere che la Camorra riesce ad incamerare. Parliamo di un antistato che riesce a crescere e a impossessarsi di intere in zone di territorio grazie all’assenza dello Stato e delle istituzioni. Cioè degli stessi Meloni e De Luca. Parliamo delle periferie da San Giovanni, Barra, Ponticelli a Scampia e Secondigliano. Parliamo del centro storico come dei quartieri “alti”, quelli tutti Rolex e Ztl. Parliamo di Caivano, dove addirittura c’è un altro stato. Un terzo. Per conto terzi: la Chiesa. Che dà fastidio a De Luca che ha abbandonato quel territorio, dove Meloni cerca consensi. Con senso.
In mezzo a tutta questa commedia, nel senso napoletano di “litigio”, a subire tutte queste tarantelle c’è il popolo, ci sono i contribuenti ridotti a tristi spettatori del più pessimo spettacolo, ci sono gli elettori che dovrebbero sentirsi rappresentati da costoro e che, se va bene – per loro – si trasformano in acefali tifosi. Se dovesse andar male… saranno in netta minoranza e, quindi, non contano. Proprio come quelli che alle elezioni sono i primi a smettere di contare i consensi.
Intanto, non c’è una scuola politica che formi i nuovi De Luca. Non c’è un partito, ancor più grave se di governo, che riesca a contrapporre qualcuno a De Luca. O almeno creare un anti-De Luca. Presto, ovvero subito dopo le elezioni, il sipario calerà, i toni si smorzeranno, la guerra conoscerà una tregua, mentre abitanti e territori continueranno a subire. Persino il loro silenzio. Complice. Complici.