Una delle più diffuse caratteristiche dei partiti politici italiani consiste nell’avere la
soluzione di tutti i problemi quando si trovano all’opposizione.
Il campione tra tutti è il PD che insieme con il suo sindacato di riferimento possiede la
panacea di tutti i mali, in ciò supportato dalla grande stampa.
Lo seguono a ruota i Cinquestelle.
Eppure il PD è stato ininterrottamente al governo per oltre dieci anni senza aver
mai vinto una elezione, ma, soprattutto, senza mai aver risolto un solo problema che affligge il mondo del lavoro.
I Cinquestelle poi, hanno avuto il loro leader, quel Conte uscito dal cappello a cilindro
di Beppe Grillo, al capo di ben due governi del nostro Paese.
Ora PD e Grillini chiedono a gran voce il salario minimo, ossia quella misura che
prima, evidentemente, non ritenevano importante. Tant’é che non l’hanno mai approvato quando potevano, essendo maggioranza in Parlamento!
E’ indubbio che in questi anni oltre un quarto della forza lavoro occupata ha
retribuzioni insufficienti, in condizioni al limite della sopravvivenza. Rese ancora più
difficili dalla crescente inflazione che sta colpendo l’intera Europa. E poi ancora gli effetti sconvolgenti della guerra in Ucraina, tanto per non farci mancare nulla.
Ma hanno proprio PD e soci il diritto di protestare?
Sono state proprio le sinistre quelle forze politiche che hanno smantellato lo Statuto dei Lavoratori con il continuo inserimento di elementi di flessibilità contrattuale, con i voucher, il lavoro interinale, il Job Act e l’abolizione dell’articolo 18.
Or sembra che solo il salario minimo possa risolvere tutti i problemi dei lavoratori!
Dimenticano, o fingono di dimenticare, con la loro ipocrisia innata e pervasiva, che alla base del sistema del lavoro in Italia c’é il principio della contrattazione collettiva.
E’ con questo principio che si possono, anzi, si debbono stabilire trattamenti minimi
e condizioni dignitose di lavoro.
Evidentemente, e qui siamo in perfetta sintonia con l’analisi lucida di Luigi Rispoli, i sindacati e la CGIL soprattutto, non sono in grado di svolgere il loro lavoro di difesa degli
interessi di chi vive del proprio lavoro. Ne lo sono mai stati negli ultimi trent’anni.
Occorre che chi governa segua un criterio diverso, quel criterio che è nei programmi
della coalizione di centrodestra, con la diminuzione del carico fiscale e con il
contrasto a quei contratti pirata che hanno solo la capacità di diminuire il potere di
acquisto dei prestatori d’opera.
Sono i contratti collettivi di lavoro quelli che garantiscono una retribuzione
dignitosa, non fumose indicazioni di un salario minimo.
Come si potrebbe “spaventare” un imprenditore o un datore di lavoro truffaldino o in mala fede, con l’introduzione del salario minimo a 9 euro l’ora, quando si sa che si fanno firmare contratti di lavoro tart time (lavoro a tempo parziale) e poi si impongono al lavoratore giornate lavorative di 12 ore continuative e anche più? Tutto ciò facendo leva sulla carenza di posti di lavoro in ogni comparto lavorativo? E allora cosa si risolve con l’ipocrita proposta di introduzione del salario minimo? Non sarebbe più giusto ed efficace rivolgere l’attenzione alla moltiplicazione degli Ispettori del Lavoro (attualmente fortemente carenti) da sguinzagliare sul territorio per la individuazione e repressione del fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori? E la Guardia di Finanza? Non potrebbe supportare questa attività di controllo e dissuasione dei comportamenti illeciti di quei datori di lavoro con il “vizietto” dello sfruttamento dei propri dipendenti? E allora siamo seri: dimentichiamo la facile demagogia e la proverbiale ipocrisia della sinistra italiana. E si rimbocchino le maniche, maggioranza e opposizione, per individuare misure efficaci e condivise per restituire ai lavoratori dignità e certezze lavorative proprie di un Paese civile.